Rincari: a rischio quattrocentoquaranta mila nuclei familiari
Sale il conto della spesa a tavola ad 1 miliardo di euro in più a carico delle famiglie pugliesi durante l’anno a causa dell’esplosivo aumento dei costi energetici, trainato dalle bollette del gas, con i rincari della spesa alimentare che costeranno alle famiglie 650 euro in più per imbandire la tavola. E’ quanto stima la Coldiretti sulla base dei dati Istat sull’inflazione a settembre, che evidenziano un aumento dell’11,4% per i beni alimentari. Secondo l’analisi Coldiretti in cima alla classifica dei rincari con un +60,5% ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole, che risente della guerra in Ucraina che è uno dei principali produttori, mentre al secondo posto c’è il burro in crescita del 38,1% e al terzo la margarina (+26,5%). Seguono il riso con un +26,4%, spinto anche dal crollo della produzione nazionale a causa della siccità, e il latte uht (+24,5%), davanti a farina (+24,2%) e pasta (+21,6%) mentre nelle campagne il prezzo del grano non copre i costi di produzione degli agricoltori. I vegetali freschi aumentano del 16,7% e la frutta del 7,9% con effetti negativi sui consumi A causa dei rincari più di un consumatore su due (51%) taglia la spesa nel carrello secondo i risultati dell’indagine condotta sul sito www.coldiretti.it dalla quale si evidenzia che un altro 18% di cittadini dichiara di aver ridotto la qualità degli acquisti, costretto ad orientarsi verso prodotti low cost per arrivare a fine mese, mentre un 31% di cittadini non ha modificato le abitudini di spesa. I pugliesi vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti. Accanto alla formula tradizionale del 3×2 ed ai punti a premio si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per renderle meno confrontabili tra loro e più appetibili ai clienti: dalle vendite sottocosto che devono seguire regole precise ai buoni spesa. Ma a rischio alimentare ci sono oltre 440mila famiglie che in Puglia costrette a chiedere aiuto per mangiare e rappresentano la punta dell’iceberg delle difficoltà in cui rischia di trovarsi un numero crescente di famiglie a causa dell’inflazione spinta dal carrello della spesa per i costi energetici e alimentari. Con la crisi un numero crescente di persone è stato costretto a far ricorso alle mense dei poveri e molto più frequentemente ai pacchi alimentari che hanno aiutato tra gli altri bambini (di età uguale o inferiore ai 15 anni), anziani, senza fissa dimora (di età uguale o superiore ai 65 anni) e disabili. Fra i nuovi poveri ci sono coloro che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività colpite dalle misure contro la pandemia. Persone e famiglie che mai prima d’ora avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche. Se i prezzi per le famiglie corrono l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dove più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, secondo il Crea. In agricoltura si registrano infatti aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio. A spingere i rincari è anche l’aumento della dipendenza alimentare dall’estero è il fatto che nel 2022 le importazioni di prodotti agroalimentari dell’estero, dal grano per il pane al mais per l’alimentazione degli animali, sono cresciute in valore di quasi un terzo (+29), aprendo la strada anche al rischio di un pericoloso abbassamento degli standard di qualità e di sicurezza alimentare, secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi ai primi cinque mesi dell’anno. L’Italia negli ultimi 25 anni ha perso ¼ della propria superficie coltivabile per colpa dell’insufficiente riconoscimento economico del lavoro in agricoltura. Il risultato è che l’Italia è obbligata ad importare il 62% del grano per il pane, il 35% di quello necessario per la pasta, ma anche il 46% del mais e il 73% della soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.
L’approvvigionamento alimentare è assicurato in Puglia grazie al lavoro di oltre 100mila aziende agricole e stalle, più di 5mila imprese di lavorazione alimentare e una capillare rete di distribuzione tra negozi, supermercati, discount e mercati contadini di Campagna Amica, nonostante le preoccupazioni per la sicurezza, i vincoli, le difficoltà economiche, la ridotta disponibilità di manodopera ai blocchi alle frontiere per i trasporti, un impegno quotidiano senza sosta che è stato sostenuto anche dalle consegne a domicilio, dall’asporto e da importanti momenti di solidarietà verso gli oltre 210mila indigenti. Nell’immediato bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro, conclude Coldiretti nel sottolineare che occorre anche lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni.
c. s. Federazione Regionale Coldiretti Puglia