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Tricase, studio sulla demenza frontotemporale pubblicato su JAMA Neurology

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È stato pubblicato su JAMA Neurology uno studio internazionale coordinato dal Centro per le Malattie Neurodegenerative e per l’Invecchiamento Cerebrale dell’Università di Bari “Aldo Moro” e dalla Pia Fondazione Cardinale Panico di Tricase. La ricerca aggiorna le stime sulla diffusione della demenza frontotemporale, una delle principali forme di demenza a esordio precoce.

I risultati dello studio sulla demenza frontotemporale

Lo studio, una review sistematica e meta-analisi che ha riunito i dati di 32 ricerche internazionali, ha evidenziato un’incidenza di 2,3 casi ogni 100.000 persone-anno e una prevalenza di 9,2 casi ogni 100.000 abitanti.

La demenza frontotemporale è meno diffusa rispetto all’Alzheimer e al Parkinson. Tuttavia, i dati mostrano frequenze simili a quelle della demenza a corpi di Lewy e superiori a patologie neurodegenerative più rare, come la paralisi sopranucleare progressiva, la sindrome corticobasale e la sclerosi laterale amiotrofica.

In particolare, circa due casi su cinque si manifestano prima dei 65 anni. Per questo motivo la patologia è una delle principali cause di demenza giovanile, con conseguenze importanti per famiglie e sistemi sanitari.

La ricerca guidata da Tricase

La pubblicazione porta la firma dei dott. Daniele Urso e Stefano Giannoni-Luza, della prof.ssa Carol Brayne (Università di Cambridge), del prof. Nicolas Ray (Università di Ginevra) e del prof. Giancarlo Logroscino, direttore del Centro per le Malattie Neurodegenerative e l’Invecchiamento Cerebrale di Tricase-UniBa, coordinatore del lavoro.

«Queste nuove stime – ha sottolineato il prof. Logroscino – rappresentano un punto di riferimento per la pianificazione sanitaria e la ricerca clinica. La demenza frontotemporale, pur essendo rara, ha un impatto rilevante sulle famiglie e necessita di percorsi diagnostici e assistenziali dedicati».

Lo studio mette in evidenza anche le difficoltà diagnostiche, soprattutto nella variante comportamentale, che spesso viene confusa con disturbi psichiatrici. Ciò comporta ritardi medi di 5–6 anni nella diagnosi corretta.

Prospettive future

I risultati costituiscono un riferimento essenziale per futuri studi dedicati alla prevenzione, alla diagnosi precoce e alle terapie innovative. Inoltre, offrono indicazioni concrete per sviluppare modelli di assistenza più efficaci, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei pazienti e sostenere le famiglie.

Redazione Pugliapress

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