Taranto – Paziente muore dopo caduta dal letto. Omicidio colposo: il P.M. aprirà fascicolo su infermiera
Riportiamo integralmente il comunicato stampa dello studio legale 3A in merito alla vicenda del 64enne Antonio Pesce, ricoverato all’Ospedale di Castellaneta per problemi cardiaci e morto il 17 dicembre nella struttura sanitaria.
“Medici “prosciolti”, ma il personale infermieristico in servizio no, in particolare un’infermiera. La Procura di Taranto ha “focalizzato” le evidenti responsabilità sull’assurda morte del sessantaquattrenne Antonio Pesce, di Palagianello, entrato all’ospedale per problemi al cuore emorto per una banale ed evitabile caduta dal letto: una vicenda che ha destato profondo sconcerto.
Pesce, già affetto da cardiopatia dilatativa, il 15 dicembre 2016 si era presentato al Pronto Soccorso di Castellaneta per “dispnea ingravescente”. Dopo una consulenza cardiologica con diagnosi di scompenso cardiaco congestizio, è stato ricoverato in Cardiologia e sottoposto a una terapia che ha migliorato le sue condizioni. Alle 9 del mattino del 17 dicembre, però, il paziente è stato trovato nella sua stanza “a tratti disorientato”, e poi, alle 10.15, ha accusato un’improvvisa perdita di coscienza rovinando per terra dal letto dov’era seduto. L’impatto con il capo contro il pavimento è stato tremendo: il 64enne ha riportato un violento trauma cranico e facciale e dopo tre ore è spirato, nonostante i tentativi di salvarlo.
La tragedia ha scosso i familiari: Pesce ha lasciato la moglie e cinque figli. I quali, peraltro, non hanno ottenuto informazioni chiare sull’accaduto, anzi, si sono scontrati con la Direzione Sanitaria che intendeva procedere con il riscontro diagnostico (l’autopsia interna) negando loro la possibilità di nominare un proprio medico legale di fiducia e dicendosi certa che il decesso fosse dovuto a un semplice infarto, come se la caduta non fosse mai successa. Di qui la decisione da parte della famiglia della vittima di presentare un esposto ai carabinieri di Castellaneta e di affidarsi,attraverso il consulente personale Luigi Cisonna, a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro a tutela dei diritti dei cittadini che, per ottenere giustizia per i propri assistiti, oltre che sul fronte penale, si è subito attivato anche sul piano civile con l’Azienda Sanitaria per ottenere un congruo risarcimento.
Il Pubblico Ministero della Procura tarantina, dott. Mariano Buccoliero, ha dunque aperto un fascicolo per omicidio colposo e, in attesa di chiarire meglio i fatti, e per dare loro modo di nominare eventuali consulenti tecnici, ha iscritto nel registro degli indagati tutti i sanitari che hanno avuto in cura la vittima: dieci tra medici e infermieri dei reparti di Cardiologia, Anestesia Rianimazione e Radiologia. Inoltre, il Sostituto Procuratore, come invocato dai familiari della vittima, ha disposto il sequestro di tutta la documentazione medica e l’esame autoptico, incaricando la dott.ssa Stefania Concetta Bello, specialista in medicina legale e dottore di ricerca all’Università di Foggia che il 16 ottobre 2017 da depositato la sua perizia.
La CTU ha dissipato ogni dubbio sulla causa della morte, individuata nella “insufficienza respiratoria acuta in lesioni cervico-midollari (frattura del soma di C5 con contusione midollare) e trauma cranico, riportati a seguito di caduta”: Pesce è deceduto per i postumi di quel tonfo dal letto. Il medico legale si è poi soffermata sugli accorgimenti da adottare per ridurre il pericolo di cadute accidentali all’ospedale: “controllare e valutare i pazienti a rischio, accompagnarli al bagno a intervalli regolari, verificare il livello di autonomia nei trasferimenti e la stabilità durante la deambulazione, fornire il sistema di chiamata e utilizzare le spondine nel letto”. Ed è qui che individua le responsabilità dei sanitari nella gestione del paziente, conparticolare riferimento per quella infermieristica. La dott.ssa Bello sottolinea come una delle infermiere avesse riportato nel suo diario allegato alla cartella clinica: “ore 9.00: paziente vigile a tratti disorientato”. “Questo segno clinico avrebbe dovuto costituire di per sé un elemento sufficiente atto a intensificare considerevolmente la sorveglianza clinica attiva e continua del paziente da parte del personale infermieristico – spiega – E ancor più avrebbe dovuto imporre l’allerta del medico di reparto e la messa in atto di provvedimenti anche pratici finalizzati a prevenire l’evento caduta”. E invece, conclude la perizia, “non vi è stato un attento monitoraggio clinico del paziente, se non per il solo rilievo dei parametri vitali, ed ancor più non vi è stato un attento esame neurologico, che anche il personale infermieristico è chiamato a effettuare compiutamente ancor prima del personale medico, non vi è stata tanto meno alcuna richiesta di visita medica né sono stati presi provvedimenti pratici in capo al personale infermieristico, nello specifico l’impiego di spondine al letto”.
Esaminata la perizia e preso atto che la morte è stata causata dalla rovinosa caduta dal letto e che, come recita il provvedimento, essa è “da attribuire al personale infermieristico in servizio in qual momento, per il quale si procede separatamente”, il Pm ha dunque chiesto l’archiviazione per nove dei dieci indagati, stralciandone la posizione, ma ha confermato la continuazione del procedimento per A. D. L., 41 anni, di Palagianello, l’infermiera in turno di servizio quel mattino in Cardiologia che aveva annotato nel diario infermieristico “paziente vigile a tratti disorientato”: a suo carico sarà aperto un autonomo fascicolo.
Una “scrematura” accolta con favore anche da Studio 3A e dai suoi assistiti, nella certezza che l’aver individuato con maggior precisione le responsabilità non possa che giovare alla celerità del procedimento. E che di fronte alla conferma di queste fatali omissioni, la struttura e l’Azienda sanitaria non possano sottrarsi al dovere di risponderne anche civilmente.”
Studio 3A