Foggia – il ricordo di Nicola Lovecchio, l’operaio dell’Enichem scomparso venti anni fà
Vent’anni ieri: è questo il periodo di tempo trascorso dalla scomparsa di Nicola Lovecchio, capoturno del
reparto insacco dell’Anic di Manfredonia che, nel 1995, avviò un’indagine epidemiologica tra i suoi
colleghi di lavoro. Vent’anni caratterizzati dalla ‘cacciata’ dell’insediamento industriale alle porte di
Manfredonia, ma nel territorio di Monte Sant’Angelo; da un processo conclusosi in Cassazione senza nessun
colpevole e con risarcimenti effimeri, per chi scelse di accettarli; e poi, finalmente, da una accresciuta
consapevolezza collettiva di ciò che ha prodotto quella fabbrica sulla salute della popolazione sipontina.
Nicola Lovecchio morì il 9 aprile 1997 per un tumore al polmone, riconosciuto di natura professionale.
“Senza il suo impegno, sarebbe ancora più difficile fare luce sugli effetti sanitari di quella produzione
industriale”, commenta il sindaco di Manfredonia, Angelo Riccardi.
Era stato proprio il primo cittadino di Manfredonia, nel 2011, a raccogliere la denuncia dell’ex dipendente
Anic, Giuseppe Carbonara, sull’esistenza, poi confermata, di una discarica di rifiuti speciali tossici e nocivi
(cosiddetta ‘Marchesi’ dal nome del dirigente che curò la sua progettazione) sepolta nell’Isola 16 dello
stabilimento, sotto una piattaforma di cemento che doveva fungere da pista per i vigili del fuoco. E’ stato
sempre Riccardi, su indicazione del dottor Maurizio Portaluri (oncologo che fu al fianco di Lovecchio, nella
medicina e nella ricerca della verità), a contattare l’equipe dell’Istituto di Fisiologia clinica del Consiglio
Nazionale delle Ricerche ed a far avviare, nel 2015, il primo, vero, studio epidemiologico partecipato sullo
stato di salute della popolazione e dell’ambiente. I primi risultati, resi noti nel maggio 2016, hanno
mostrato che è aumentata, dal 1970, la mortalità della popolazione manfredoniana, soprattutto a causa di
malattie cardiovascolari e, dagli anni duemila, la mortalità per infarto del miocardio è in eccesso sulla media
regionale e provinciale, sia per gli uomini e sia per le donne, nelle età più giovani.
La Città di Manfredonia, dal settembre scorso, ha ulteriore memoria tangibile di quanto avvenne nello
stabilimento Enichem perché, tra le numerose iniziative realizzate per ricordare il quarantennale della
scoppio della colonna d’arsenico Anic, è stata inaugurato ‘Piazzale 26 settembre 1976’: lo slargo che si trova
nelle immediate vicinanze della Nega Navale, su viale Miramare. Non c’è ‘solo’ il nome di Lovecchio, ma ci
sono i suoi alberi, visto che “La semina realizzata da Nicola Lovecchio sta producendo i suoi frutti”, come ha
sottolineato il professor Portaluri. L’intitolazione di quel piazzale è un invito, neanche troppo indiretto, a
scoprire cosa è successo a Manfredonia, in quel giorno di quarant’anni fa, da giustificarne il ricordo.
“L’esempio di Nicola Lovecchio – aggiunge Angelo Riccardi – è quello di un uomo che non si è arreso. Non
si è arreso al tremendo male che lo ha consumato, così come non si è arreso dinanzi al colosso Enichem che
ha affrontato e citato in giudizio, ricostruendo le vicende che hanno riguardato 26 suoi colleghi morti per
tumore”. Tumori causati da uno sproporzionato consumo di gamberi, scampi e aragoste, secondo la tesi che
fu accolta dai giudici. Tumori che, invece, oggi, sappiamo essere dovuti a ben altro, stante le risultanze dello
studio epidemiologico. “E’ con la consapevolezza che si matura e si concorre alla vita democratica”,
conclude il sindaco.