Terzo mandato sì o no?
MENTRE EMILIANO APPOGGIA LE RIVENDICAZIONI DI ZAIA E FEDRIGA SULL’ILLEGITTIMItà DEL LIMITE AI MANDATI, MONTA LA PROTESTA CONTRO IL DDL “CALDEROLI”
La politica nazionale continua a dividersi sull’opportunità di consentire ai sindaci dei comuni con più di 15 mila abitanti o ai governatori di regione la possibilità di candidarsi per un terzo mandato dopo che, nelle scorse settimane, è stato abbattuto il limite dei mandati per i primi cittadini dei comuni sotto i 5 mila abitanti e consentita la possibilità di correre per un terzo mandato per quelli che guidano un comune la cui popolazione è compresa fra i 5 ed i 15 mila abitanti.
La questione divide anche il governo avendo la Lega, fra i suoi governatori, quelli del Friuli V.G. e del Veneto, Massimiliano Fedriga e Luca Zaia, accesissimi sostenitori del venir meno del limite dei due mandati. Non sono queste regioni nelle quali si andrà a votare nel 2024 e non lo è neppure la Puglia, dove però, la questione del limite dei mandati, blocca al momento anche il governatore Michele Emiliano ed ha già bloccato la possibile ricandidatura di Antonio Decaro a sindaco di Bari per le elezioni del prossimo giugno. Nel risiko immaginato dai commentatori politici, allora, Decaro diverrebbe in automatico il candidato in pectore per la coalizione del centro-sinistra alle regionali pugliesi del 2025.
Sulla vicenda si è espresso direttamente Emiliano, intervenuto ieri alla trasmissione radiofonica di Radio1 “Un giorno da pecora”. Lo ha fatto in assoluta continuità di pensiero con i suoi colleghi leghisti alla guida delle regioni del nord: “Continuare ad amministrare all’infinito è faticoso, ma noi veniamo eletti: io ho preso 110 mila voti in più della mia coalizione nel 2020. La Costituzione non prevede limiti al mandato, secondo me mettere limiti ai mandati democratici è incostituzionale”.
Posto che eliminare il tetto dei mandati anche per i comuni più piccoli non è una prospettiva esaltante, facciamo veramente a capire come alla guida dei centri più popolosi, per non parlare delle città vere e proprie e delle regioni, si possa assistere ad una carica di fatto vitalizia. E’ vero che in un Paese che ha visto e vede tanti uomini politici rivestire per svariati decenni il ruolo di parlamentare, la questione è in un certo senso stata abbondantemente sdoganata, tuttavia nelle parole di Emiliano affiora un’idea plebiscitaria e personalistica della politica, e che è portata a rafforzare un rapporto di tipo paternalistico con i votanti. Pur considerando la crisi irreversibile dei partiti, che hanno voluto essi stessi candidarsi all’estinzione, riducendosi a comitati elettorali, Emiliano fa finta di non sapere che il partito più suffragato sia ormai quello del non voto o dell’astensione, che di per sé è una posizione politica che non ci piace e che vorremmo sempre escludere, ma che è il frutto pure del fatto che la carriera politica è considerata ormai, dai cittadini, come una carica autolegittimante e autoreferenziale. Da qui nasce la sfiducia verso la politica. Il dissenso, tuttavia, dopo l’esperienza piuttosto fallimentare del Movimento 5 Stelle, autonormalizzatosi dopo le esperienze di governo, non riesce ancora a trovare forme di canalizzazione e di organizzazione, che lo sottraggano al ruolo di pura testimonianza, per quanto sempre più numerosa.
Nel frattempo, restando nell’ambito del centro-sinistra, una delegazione pugliese, guidata dal sindaco di Andria Giovanna Brunoe dal vice sindaco di Bari Eugenio Di Sciascio, ha preso parte alla manifestazione di protesta sul ddl Calderoli sull’Autonomia, che ha visto nel governatore campano De Luca il più furente animatore e che attende di essere approvato definitivamente al Senato. Così si espressa Fiorenza Pascazio, sindaco di Bitetto e presidente dell’Anci Puglia: Le occasioni di protesta si moltiplicheranno. E’ importante continuare a parlarne nei Comuni e nelle piazze per rendere i cittadini consapevoli del rischio di una secessione, con tanti piccoli staterelli. Salute, ambiente, ed istruzione sono settori strategici nella vita delle persone e se alcune regioni potranno legiferare in maniera autonoma, ci saranno sperequazioni inimmaginabili”.
Oltre alla definizione dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, pur promessi dall’ideatore della Legge, essa non prevede il fondo di perequazione previsto attualmente al fine di equilibrare le differenze derivanti dal gettito fiscale regionale.