Ciao Paolo, duro testone
Paolo Aquaro è morto! Non mi appare ancora vero. L’ho conosciuto più di quaranta anni fa. Ero un giovane sindacalista metalmeccanico, segretario della FIM-Cisl, Lui responsabile della cronaca sindacale del Corriere del Giorno. Seguiva le lotte sindacali di quegli anni con una passione curiosa e creativa, assai insolita nel giornalismo di quel tempo. Era un giornalista schierato, ma mai accondiscendente o pronto a rinunciare alla critica, sempre attenta ed ironica. Ci vedevamo spesso. Fra una intervista e l’analisi degli accadimenti c’era sempre spazio ad un forte rapporto di amicizia e di reciproca stima. Gli articoli di Paolo erano un capolavoro di umana narrazione: andava sempre a fondo, approfondiva i fatti che per lui erano sempre da leggere nella loro complessità e sempre con in prima linea la vicenda umana, le sofferenze e il portato umano, economico e sociale, di lotte sindacali imponenti e partecipate in quella che fu una straordinaria stagione per l’acquisizione di diritti fondamentali: diritto allo sciopero, alla rappresentanza e ad una giusta retribuzione. Lo Statuto dei Lavoratori andava affermato in spazi di agibilità mai scontata e sempre incerta. Paolo era al nostro fianco, senza se e senza ma. Scriveva da Dio, raccontava la cronaca sindacale con una profondità capace di farsi leggere anche da chi di quelle lotte era avversario o semplice osservatore. Lui ha inventato uno stile di scrivere la cronaca sindacale: umana e passionale ma mai subalterna. Dopo tanti anni, nella mia esperienza sindacale di livello nazionale, ritrovai quello stile fra i più quotati giornalisti di Repubblica, la Stampa, l’Unità e il Sole 24 ore. Ma Paolo, con la sua colta e consapevole umanità, era stato il primo e per me sempre tale resterà. Aveva un carattere difficile. Duro nelle sue convinzioni. Fargli cambiare idea era azione improba, almeno così appariva nell’immediato. Ma dopo un po’ ricevevi una riconciliante telefonata o leggevi nei suoi articoli quello che aveva fortemente osteggiato. Paolo era fatto così! Era così come sanno esserlo solo uomini forti e colti, con una coscienza critica di ferro. La vita gli aveva riservato il dolore più duro per un genitore, la perdita di un figlio. Anche questo dolore, sono sicuro, gli avrà lesionato il cuore. Quando ci parlavamo lo gestiva con una profonda dolcezza e sobrietà. Ciao Paolo, sei andato via lasciandomi un rimpianto: non essere riuscito, come tu facevi con inaspettata puntualità ogni 24 di Giugno, a farti gli auguri il giorno dei Santi Pietro e Paolo. Ti porto nel mio cuore come quegli amici lontani ma prossimi, quelli che basta sentire la voce e subito ti raccontarsi come se la vicinanza fosse usuale e continua. Ciao Paolo, duro testone. Duro come la pietra della tua amata Martina che come tanti e fra tanti non ti ha corrisposto adeguata riconoscenza. Ma alla fine, di questa irriconoscenza non ne hai mai fatto un dramma. Eri un profondo conoscitore della enorme grandezza e miseria dell’uomo, così come le tue sterminate letture ti avevano sempre confermato e il tuo mestiere ti aveva insegnato. Buon viaggio vecchio amico mio. Ti giunga forte il mio abbraccio e un mio forte bacio.
Gianni Florido