Sisma al Centro Italia: Caravaggio, il terremoto e l’opportunismo solidale.
Vestire gli ignudi, dar da bere agli assetati, ospitare i pellegrini, dar da mangiare agli affamati, curare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti. Quelle che vi sono state elencate sono le sette opere di Misericordia corporale. Quando le parole perdute in fondo al cuore non hanno più una efficacia contingente solo le immagini e la storia dell’Arte possono aiutare. Fra le più celebri rappresentazioni dedicate all’argomento è Caravaggio ad averne dato l’interpretazione a tratti più sconvolgente e ciò per diverse ragioni. Tutto in un unico dipinto affogato nel nero di un fondo che avvolge, ingloba le singole scene. La contemporaneità dell’azione diventa anche contemporaneità rispetto al tempo dell’osservatore e di qui la sua attualità. Altro aspetto travolgente è quella netta separazione fra la parte inferiore con i personaggi che mettono in scena anzi in pratica i dettami delle sette opere e la parte superiore con una Madonna con Bambino frale ali di due angeli. Questa separazione spinge fino ai confini della laicità un’opera nata con una ben precisa connotazione religiosa e cristiana. In questo passo è forse l’universalità di quest’opera e per certi versi l’essere inviso di Caravaggio ad alcuni ambienti religiosi. Il dipinto che in modo essenziale si è descritto così come il messaggio che contiene sono diventati di drammatica attualità in questi ultimi giorni e non perché nel 2016 si celebra il Giubileo della Misericordia ma perché la tragedia del terremoto obbliga ognuno di noi ad una risposta di umanità. A ben vedere “vestire gli ignudi”, “seppellire i morti” e le altre voci misericordiose sono esattamente le risposte da dare a chi del terremoto è stato vittima. Ciò in effetti sta accadendo senza distinzioni di razza o religione tanto è vero che molti profughi, quelli giunti sulle coste italiane e che qualcuno vorrebbe cacciare, proprio costoro, si sono prodigati facendo diventare scene reali alcune delle opere misericordiose rappresentate da Caravaggio. A queste scene di Misericordia dove protagoniste sono state Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, militari, volontari si è aggiunta la voce di un certo tipo di solidarietà o almeno così ci vorrebbero far credere. La questione è estremamente semplice ed è nella definizione di Misericordia che bisognerebbe scavare. Un’opera è di Misericordia perché essa si risolve in se stessa pensando ed agendo nell’altro, per l’altro e nell’anonimato. Nessuno ne ha un tornaconto diretto, indiretto, immediato e a posteriori. Colpisce quindi il fatto che i musei nazionali (si sono accodati poi molti di quelli privati) abbiano deciso di devolvere il ricavato della giornata di domenica 28 Agosto ai territori terremotati. Una nota del Mibact (http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_728504237.html) precisa che il ministero” destinerà gli incassi dei musei e delle aree archeologiche statali di domenica 28 agosto a interventi sul patrimonio culturale danneggiato dal sisma”. Davvero curiosa questa forma di solidarietà che da una parte tende una mano a chi ha bisogno e dall’altra spinge per far aumentare il numero dei visitatori a cominciare da quello nei grandi musei; un dato statistico questo delle presenze ampiamente usato fino ad oggi in termini politici per dimostrare la validità di una riforma ministeriale in particolare. Se un aiuto si voleva dare e subito sarebbe stato sufficiente che il MIBACT avesse destinato una percentuale dei proventi museali maturati da Gennaio ad Agosto 2016. A ben vedere però tale “opportunismo tragico” ha contaminato anche un cantante come Fedez che ha deciso di devolvere alla stessa causa i proventi derivanti nei prossimi tre mesi dai diritti di una sua canzone. Altro caso che si muove nella stessa direzione è quello del cosiddetto concerto della Notte della Taranta tenutosi a Melpignano (Lecce) proprio la sera dei funerali di una parte delle vittime del terremoto (altri ancora infatti se ne celebreranno purtroppo), giorno di “lutto nazionale”. Qui di questo concerto se ne parla per la valenza e visibilità che l’evento ha avuto su tutti i mezzi di informazione italiani. Un mestissimo fiocco nero era presente intanto su tutte le emittenti pubbliche e private a ricordarci come con quell’aggettivo “nazionale” il lutto dei pochi era e diventava il lutto di tanti, di tutti. Per alcuni “nazionale” evidentemente non significa neanche “condivisione del dolore” e nell’anno della Misericordia abbiamo assistito anche ad un concerto, quello a Melpignano, che si è svolto regolarmente relegando tutto il dolore di una Nazione a quel siparietto tragicomico di artisti e organizzatori che con animo contrito hanno per pochi minuti rivolto il loro pensiero alle vittime del terremoto prima dell’inizio dello spettacolo. Senza lanciarsi in speculazioni stratosferiche ci chiediamo: chi avesse avuto un lutto in casa propria sarebbe andato ad un concerto a ballare e cantare la sera stessa del funerale? Nel corso della serata si è avviata inoltre una raccolta di fondi e gli artisti pare abbiano donato i denari loro assegnati per la loro partecipazione al concerto. Tutto questo ha però lo stesso sapore altrettanto mesto dei tempi in cui bastava pagare le indulgenze per redimersi da i propri peccati. Parafrasando le parole di una nota canzone di Fiorella Mannoia (fra le partecipanti all’evento di Melpignano) verrebbe da pensare all’uomo “reso libero ma schiavo del profitto”.
Non deve sorprendere però tutto questo in un Paese che ha perso la capacità di comprendere la differenza esistente fra sponsorizzazione e mecenatismo, fra pubblicità personale e Misericordia. Tutto ciò accade evidentemente perché alcuni sono convinti che sia sufficiente dire ai cittadini che per dissetarsi si debba bere la sabbia del deserto, il problema è che quei cittadini conoscono la differenza fra la sabbia e l’acqua. Non ci rimane che poggiare gli occhi sull’opera di Caravaggio sia in termini consolatori rispetto ad una realtà mediocre e vorace sia nei termini di una prospettiva del cambiamento. L’umanità sempre e prima di tutto.
Fabio A. Grasso