LA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI
Il 20 e 21 settembre 2020 sono dietro l’ angolo, ci siamo quasi, in questo caldo agostano molti “ gestanti politici “ stanno lavorando incessantemente.
Insieme a loro è pronto anche un bellissimo brodo caldo di “ zinzuli “ con infusi di crisantemi.
E’ stato proprio il Consiglio dei Ministri nella seduta del 14 luglio 2020, su proposta del Presidente Giuseppe Conte a convenire sulle date del 20 e 21 settembre per l’ indizione del referendum popolare confermativo relativo all’ approvazione del testo della Legge costituzionale recante “ Modifiche agli artt. 56, 57 e 59 della Cost. in materia di riduzione del numero dei parlamentari “.
La riforma costituzionale era stata approvata all’ inizio di ottobre 2019 con il voto favorevole apparentemente di tutti i partiti. La legge sarebbe dovuta entrare in vigore a gennaio, ma una richiesta dei senatori, l’ aveva sospesa rendendo necessario il referendum.
L’ obiettivo della riforma è duplice: da un lato favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e dall’ altro ridurre il costo della politica ( con un risparmio stimato di circa 500 milioni di euro in una legislatura ).
La riforma consentirà all’ Italia di allinearsi al resto d’ Europa: l’ Italia, infatti , è il paese con il numero più alto di parlamentari direttamente eletti dal popolo ( 945 ), seguono Germania ( circa 700 ), la Gran Bretagna ( 650 ) e la Francia ( poco meno di 600 ).
Entrando nel merito della legge costituzionale C 1585 in caso di vittoria referendaria si assisterebbe ad una riduzione del 36,5% degli attuali componenti elettivi: il numero dei deputati passerebbe da 630 a 400, con un deputato eletto ogni 151.210 abitanti mentre con la revisione dell’ art. 57 Cost, il numero dei senatori verrebbe abbassato da 315 a 200, con un senatore eletto ogni 302.420 abitanti.
La riforma taglia ovviamente di 1/3 il numero complessivo dei parlamentari della circoscrizione estero che passano da 12 a 18 per la Camera e da 6 a 14 per il Senato, sulla cui esistenza il confronto non si è mai sopito: soprattutto a seguito dell’ approvazione della riforma risulta evidente che la riduzione di numero aumenti ulteriormente la scarsa rappresentatività.
Se dovesse vincere il SI l’ Italia, escludendo il Regno Unito uscito dall’ Unione Europea, passerebbe dall’ essere il Paese per numero di parlamentari all’ ultimo di questa classifica.
Attualmente la nostra Camera dei Deputati costa per ogni giorno di seduta, sia dell’ Aula sia delle Commissioni, 4.763.429,96 di euro, preceduta solo dal Bundestag tedesco ( 8.350.420,29 di euro ).
C’è una grande enfasi sulla riduzione dei costi della politica sia in termini di indennità, diaria e vitalizi, sia in termini di riduzioni dei costi del processo decisionale in sé considerato.
Con la riduzione dei parlamentari si dovrà procedere necessariamente, ad un intervento sui regolamenti parlamentari. Intervento che riguarderebbe la ridefinizione di tutti i Quorum previsti dai regolamenti per ciascuna votazione e la formazione e strutturazione delle Commissioni permanenti e dei gruppi parlamentari.
Riducendo i seggi di entrambe le assemblee parlamentari, bisognerà riscrivere anche la composizione del collegio dei “ Grandi elettori “ per l’ elezione del Pres. Della Repubblica.
L’ Italia ha un numero di parlamentari per numero di abitanti simile a quello dei grandi paesi europei, dopo la riforma diventerebbe invece uno dei paesi con il più basso livello di rappresentanza politica in rapporto alla popolazione dell’ intera Unione Europea. Il referendum sarà confermativo, servirà cioè a confermare l’ approvazione di una riforma costituzionale che non ha ottenuto almeno 2/3 dei voti in ciascuna Camera.
Chi VOTA SI sostiene il TAGLIO, chiede che la riforma sia confermata e che entri in vigore.
Chi VOTA NO ne chiede invece l’ abrogazione.
Il Movimento 5 stelle è il partito che ha portato avanti e sostenuto la riforma come parte della sua campagna “ Anti – casta “ , ma in realtà quasi tutti i grandi partiti hanno mostrato interesse o simpatia per gli stessi temi.
Sono contrari alla riforma alcuni piccoli partiti , come , Radicali e Sinistra italiana, e numerosi singoli parlamentari sparsi tra vari gruppi.
Sono favorevoli , oltra al Movimento 5 stelle, anche la Lega, Forza Italia e Fratelli d’ Italia. Nessun grande partito si è schierato apertamente per il NO.
Solo il PD considera sbagliata la modifica costituzionale sul numero dei parlamentari, a meno che non si approvi una nuova legge elettorale. Il rischio è che la rappresentanza venga soppiantata dalla rappresentazione.
Con il SI invece oltre ad un risparmio economico per il bilancio dello Stato pari a 100 milioni di euro all’ anno, si favorirebbe un miglioramento decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini, rendendo il parlamento più efficiente, migliore il rapporto tra cittadini ed istituzioni ed eliminerebbe la frammentazione tra vari gruppi parlamentari che a volte non rappresentano le principali forze politiche presenti nel paese ma gruppetti che servono d organizzare la sopravvivenza sulla poltrona.
Il voto costituisce un presidio di democrazia e non una dittatoriale imposizione di funzioni partoriti da una pantagruelica macchina Kafkiana.
L’ elemento per valutare l’ impatto del taglio, sarà la nuova legge elettorale, che dovrà eliminare e suddividere il territorio nazionale in collegi plurinominali, di dimensioni maggiori rispetto a quelli previsti ora.
Beh tra un tuffo nell’ azzurro mare cristallino dove un cocomero a mollo ci attende, godiamoci questi ultimi scampoli estivi in attesa delle urne in fase Covid ( permettendo ).
“ La Rivoluzione si fa nelle piazze con il popolo, ma il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano.
Quella matita, più forte di qualsiasi arma, più pericolosa di una lupara e più affilata di un coltello “
GianGiacomo Farina docet
Francesca Branà