Taranto – Testimone di Geova morì dopo incidente, il pm vuole archiviare il caso ma i familiari si oppongono
Venne coinvolta in un incidente stradale 8 settembre del 2013 a Massafra e fu condotta all’ospedale Santissima Annunziata e, dopo aver ricevuto le cure del caso, ricoverata nel reparto di ortopedia.
Ai familiari, i medici dissero subito di essere impossibilitati a intervenire in quanto Maria Collocola rifiutava le trasfusioni di sangue per via del suo credo religioso, era Testimone di Geova. La donna venne portata in chirurgia ed i medici informarono i familiari del quadro clinico e delle eventuali complicazioni che sarebbero potute nascere.
A quel punto, però, il marito e il fratello della paziente, informarono il medico legale dell’ospedale che il comitato dei Testimoni di Geova (sempre presenti in ospedale) li avevano assicurato che c’era un farmaco che potesse sostituire la trasfusione. Il medico legale rispose che non c’era nulla che potesse sostituire la trasfusione. Anche tutti i medici nei vari turni furono informati di quel farmaco che i Testimoni di Geova consigliavano dietro indicazione di un medico che collaborava con loro ed era operativo nel reparto ortopedia. Quel farmaco, in effetti, fu somministrato alla signora il 9 settembre.
Nelle notti successive, invece, alla signora Collocola furono fatte firmare delle carte nelle quali si assumeva la responsabilità della rinuncia alle trasfusioni. Fu nominato, in quei giorni complicati, anche un ematologo, designato dal giudice come tutore legale. La situazione precipitò con la morte della donna il 14 settembre.
Sono questi i momenti salienti di una vicenda giudiziaria che la Procura della Repubblica punta ad archiviare, con opposizione dei familiari della donna deceduta, rappresentati dall’avvocato Diego Maggi.
In sostanza, la magistratura inquirente non ha intravisto alcuna responsabilità di terzi nella morte della donna, avendo ravvisato una condotta corretta nelle procedure che avevano portato al mancato intervento trasfusionale, stante la indisponibilità della degente ad essere sottoposta alla trasfusione. E ciò per motivi religiosi.
Di diverso avviso è il legale che rappresenta la famiglia della vittima, sulla base della lettura del ricco carteggio che ha accompagnato l’iter procedurale.
Secondo la difesa, infatti, quanto avvenuto nel settembre del 2013 avrebbe configurato responsabilità nella condotta dell’amministratore di sostegno.
Secondo l’avvocato Maggi, questa ricostruzione dei fatti non sarebbe affatto compatibile con la conclusione della procura secondo cui l’iter procedurale legato «all’autorizzazione alla trasfusione» sarebbe stato corretto. Di qui l’opposizione alla richiesta di archiviazione su cui dovrà decidere il gip di Taranto.