Leverano: dai domiciliari al carcere per spaccio
Spaccio dai domiciliari: questa la frase chiave che descrive la sorprendente vicenda di un 33enne di Leverano, che è riuscito a trasformare i suoi arresti domiciliari in una base operativa per continuare le sue attività illecite. La storia ha raggiunto il suo apice con l’inasprimento della misura cautelare, deciso dal giudice per le indagini preliminari Angelo Zizzari.
Il 33enne era stato arrestato alla fine di marzo, trovato in possesso di una variegata selezione di droghe – cocaina, eroina, hashish e marijuana – e armi, inclusa una pistola con matricola abrasa e una scacciacani modificata. Era stato immediatamente posto agli arresti domiciliari, con il divieto assoluto di utilizzare qualsiasi dispositivo di comunicazione.
Le violazioni dei domiciliari da parte del 33enne non si sono fatte attendere. I carabinieri della stazione di Leverano lo hanno ripetutamente trovato fuori dalla sua abitazione. Una volta, è stato scoperto mentre trafficava attorno a una BMW parcheggiata in strada. Un’altra volta, è stato sorpreso a sorseggiare tranquillamente una bevanda in un bar, con la scusa di aver perso il pullman per il Sert di Copertino.
La vera sorpresa è arrivata quando i carabinieri hanno scoperto che il 33enne possedeva un telefono cellulare, intestato alla sua compagna. Le indagini hanno rivelato conversazioni via Whatsapp con soggetti noti alle forze dell’ordine. Il sospetto di spaccio dai domiciliari è diventato sempre più concreto, con la scoperta di messaggi effimeri, impostati per cancellarsi automaticamente dopo 24 ore.
Le attività di osservazione notturne organizzate dai carabinieri hanno confermato i sospetti. Un giovane, fermato in possesso di droga, ha dichiarato di essersi rifornito proprio dal 33enne. Tutti questi elementi hanno portato il giudice Zizzari a decidere per la custodia cautelare in carcere. Ora, il 33enne si trova dietro le sbarre, difeso dagli avvocati.
La storia di spaccio dai domiciliari del 33enne di Leverano si conclude con un ritorno in carcere, dimostrando che le misure cautelari non sono un semplice consiglio, ma un obbligo da rispettare.