Una ricerca scientifica apre ulteriori dubbi sulla gestione della Xylella Fastidiosa
In un articolo pubblicato sul Giornale di fitopatologia dello scorso 31 gennaio, firmato dai ricercatori Margherita Ciervo e Marco Scortichini, e ripreso poi dal quotidiano “La Verità”, si sostiene la sostanziale inutilità dell’abbattimento degli ulivi che non presentino sintomi evidenti di contagio dal tristemente famoso batterio della Xylella Fastidiosa.
Come è noto, il piano di contenimento per la diffusione della Xylella ha previsto l’abbattimento di moltissime piante poste nelle vicinanze di alberi che presentavano sintomi evidenti di essiccamento e quindi colpite da Xylella come misura di “contenimento” rispetto al diffondersi della malattia. A giudicare però dai dati delle ultime tre campagne di abbattimento, effettuate fra il 2020 ed il 2023, le piante risultate effettivamente positive alla prova “tampone” erano comprese in intervalli da prefisso telefonico, più precisamente fra lo 0,06 e lo 0,7 del totale delle piante abbattute. Senonché, gli alberi di ulivo abbattuti in Puglia assommano alla sbalorditiva cifra di 21 milioni, con un danno alla produzione regionale del 50%, che fa il 30% parametrato su scala nazionale.
Scrivono i due ricercatori: “Nella maggior parte degli alberi campionati che mostrano sintomi, il batterio non è stato rilevato. Sulla base di questi dati e secondo modelli epidemiologici che hanno verificato il ruolo trascurabile degli ulivi asintomatici nella diffusione della Xylella, Proponiamo di eliminare la norma che impone lo sradicamento di tutte le piante ospiti che che circondano un albero positivo al batterio in un raggio di 50 metri. Una tale implementazione potrebbe salvare molti ulivi secolari e monumentali sani e lo straordinario paesaggio a cui contribuiscono”-
In questi ultimi due anni abbiamo osservato come l’abbattimento di uliveti di grandi dimensioni sia diventano un fenomeno sempre più diffuso, tale da rendere davvero irriconoscibili certi scorci di campagna da cui siamo passati per tanti anni. Fra l’altro è stata approvata dal Consiglio regionale una normativa che, giustamente, cerca di trovare un riutilizzo artistico a parte dell’enorme quantità di tronchi secolari, dal legno pregiato, che diversamente finirebbero tutti in centrali di biomasse.
Difficile stabilire quale percentuale delle piante abbattute potevano essere salvate, e con quale aspettativa produttiva. Certamente, con una buona pulizia dei campi, invece abbandonati spesso a se stessi per lunghissimi periodi, e l’abbattimento selettivo delle sole piante estremamente danneggiate, l’impressione è che si sarebbe potuto convivere con la presenza della Xylella, investendo nel frattempo in piani di rigenerazione e piantumazione di quelle varietà resistenti alla stessa. L’impressione è che ora si stia frettolosamente nascondendo la polvere sotto il tappeto, con abbattimenti indiscriminati, quando interventi più selettivi, uniti ad un impegno più attivo, specialmente nei primi tre o quattro anni dall’insorgere della batteriosi, diciamo fra il 2013 ed il 2016, epoca del piano “Siletti”, avrebbero potuto evitare di assistere a questa tremenda desertificazione delle campagna salentine.