Per la strage di mafia di San Marco in Lamis ha pagato il solo basista.
Molti lettori ricorderanno la terribile strage avvenuta ad opera della criminalità foggiana nel territorio di San Marco in Lamis il 9 agosto 2017 quando, in un regolamento di conti, furono uccisi il boss Mario Luciano Romito ma anche il cognato Matteo de Palma e due incolpevoli testimoni dell’assassinio, i fratelli Luigi ed Aurelio Luciani, raggiunti dagli assassini pochi minuti dopo i primi due delitti presso la vecchia stazione del paese, dove ora sorge una stele a commemorare una barbarie di cui si fa fatica a ricordare eguali. Ebbene, è diventata esecutiva la condanna all’ergastolo, con isolamento di 18 mesi, per quello che tre gradi di giudizio hanno ritenuto essere il basista della strage, il 43enne Giovanni Caterino.
Questi pedinò Romito nei giorni precedenti la strage, per studiarne orari e abitudini, ma anche il 9 agosto, comunicandone istantaneamente ai killer gli spostamenti. Caterino, secondo quanto dichiarato dal pentito Andrea Quitadamo nel processo d’appello, avrebbe anche procurato ai killer, dei quali tuttora è ignota l’identità assieme ai mandanti, l’automobile con la quale essi hanno raggiunto la vittima designata. Nonostante Caterino si sia dichiarato sempre innocente, a suo carico anche un’intercettazione compiuta da sulla sua stessa auto, nella quale, passando nei pressi della telecamera che ha tracciato il passaggio della sua Fiat Grande Punto nei giorni fatidici della strage, rivolto ad un amico che lo accompagnava l’appellò con l’espressione, poco amichevole, di: “quella bastarda! La vedi dove sta?”
L’associazione contro le mafie Libera rievoca annualmente le povere e incolpevoli vittime di questa strage, i fratelli agricoltori Luigi ed Aurelio Luciani, che hanno lasciato due mogli e dei figli in tenerissima età.