Finché Dio mi darà vita
Continuerò a dire che siamo delle merde, stiamo lasciando un ambiente degradato alle future generazioni. Stiamo crescendo i bambini con pane ed il veleno prodotto dall’industria, dalle raffinerie di idrocarburi, dalle fabbriche di cemento. Siamo delle merde perché continuiamo a gettare plastica nel mare, rifiuti nei boschi e sulle strade. Ma voglio dire ancora qualcosa in più, sono delle merde coloro che speculano sulla pelle degli altri, piuttosto che sulla propria. Coloro che continuano a dire: Meglio un tumore che rimanere senza lavoro. Merde, merde, merde, come una donna, con la quale mi attaccai un giorno sul social e che fa la moralista su un gruppo, ricordando i tempi antichi, mi assalì, dicendomi che anche lei aveva avuto un parente affetto da tumore in famiglia, anche se non aveva lavorato all’Ilva. Cosa rispondere ad una che probabilmente è anche mamma e nonna, inconsapevole che solo a Taranto c’è +21% di mortalità infantile rispetto alla media regionale e +54% di tumori in bambini da 0 a 14 anni, +20% di eccesso di mortalità nel primo anno di vita e +45% di malattie iniziate già durante la gestazione? Sono i numeri dello Studio Sentieri del Ministero della salute sull’inquinamento a Taranto. Per non parlare degli adulti. A Taranto muoiono 1500 persone all’anno di tumori e quando parlo di Taranto, non mi riferisco solo alla città ionica, perché qualcuno, tipo la signora in questione, potrebbe dire: sono cazzi loro. Nell’intervista al dott. Colucci che ho deciso di pubblicare c’è un altro dato allarmante: la provincia ionica è al primo posto in Puglia per malati da diabete, dovuto all’obesità, alla contaminazione dei cibi, allo stile di vita, ma soprattutto all’ambiente. Il diabete è una delle malattie più insidiose e, mentre in passato si pensava fosse un fatto genetico e familiare, quello di tipo 2 prende indiscriminatamente tutti, soprattutto bambini e ragazzi. Il diabete porta a diverse problematiche e, oltre ai problemi cardiovascolari, con grossa probabilità al tumore. Parlavamo di stile di vita. In passato le nostre mamme e le nostre nonne preparavano per i figli piatti la cui cottura era lenta, come i legumi ad esempio o le verdure. Oggi, invece, come si fa a perdere tempo in cucina, rubandolo a facebook? Ai ragazzi magari si danno dei soldi per comprarsi un panino con cibo spazzatura o un presunto hamburger di carne di cui si ignora la provenienza (sempre che di carne si tratti). Bisogna fare presto, altrimenti la signora ‘sa tutto’ non può scrivere le sue cazzate quotidiane. Bisognerebbe cancellare questa società e scriverne un’altra. Correggerla è impossibile. Ma se comprendiamo di aver toccato veramente il fondo, forse in quel preciso momento può iniziare la risalita. Quanti di noi non avrebbero voluto vivere in un’altra epoca? Quando la vera vitamina era l’inalazione dell’aria salubre che si respirava. Quando l’unico odore puzzolente era lo sterco degli animali allevati. Quando il cibo si riconosceva daiprofumi. Quando il miglior aperitivo era il profumo delle polpette fritte del vicino di casa o della vecchietta del centro storico che magari usciva con un piatto nel quale ne metteva qualcuna, invitando il passante ad assaggiarle. Quando le fave e cicorie del venerdì facevano storcere il naso ai bambini d’allora, così come la pasta con i ceci o i legumi vari, oppure il sabato, due uova girate con pane e formaggio nel brodo. Insomma, una cucina proteica anche se priva di carne, quest’ ultima considerata dai più un lusso riservato solo nelle occasioni rare.
Certo, la vita era più breve, ma erano minori anche sofferenze che devono oggi sopportare glimalati e i loro familiarisopravvissuti