Taranto e Terra dei Fuochi. Alcuni bambini saranno bambini per sempre.
«Per me il tempo si è fermato quando è morto mio figlio. Vincenzino. 13 anni. Vincenzino avrà 13 anni per sempre. Questa è la strage degli innocenti. E chi ha fatto questo deve pagare». Sono queste le struggenti parole di una mamma della Terra dei Fuochi, pronunciate nel film “Io non mi arrendo”, ispirato alla storia del poliziotto Roberto Mancini e andato in onda su Rai Uno.
Un impeccabile Beppe Fiorello, nei panni dell’Ispettore Marco Giordano (Roberto Mancini), lo stesso Beppe Fiorello che qualche sera fa, sul palco dell’Ariston, sulle note di “Amara terra mia”, ha parlato della nostra Taranto e del suo dramma. Un dramma di morte e malattie, proprio come nella terra dei fuochi. La Terra dei fuochi, in cui come a Taranto, il cancro non conosce età. E non è la scena di un film. Lo hanno detto qui le mamme della Terra dei Fuochi, a Taranto, sul palco del Primo Maggio.
E lo dicono qui, ancora, anzi, lo urlano, le mamme di Taranto. Come a Napoli, anche a Taranto ci sono bambini che resteranno per sempre bambini. Che avranno per sempre 3, 4, 6, 11 e 16 anni. Bambini per i cui genitori il tempo si è fermato quando i loro figli sono scomparsi a causa del cancro. Genitori per i quali il tempo scorre crudele e veloce dinanzi alla mattia del proprio figlio.
“I bambini di Taranto vogliono vivere”, è quanto è impresso su un enorme cartellone affisso nelle vie della città. E’ l’urlo innocente di genitori e figli che non hanno scelto di ammalarsi e respirare veleni, a causa di quella fabbrica che – come raccontava Beppe Fiorello sul palco del Teatro Ariston – 50 anni fa si è deciso di costruire a Taranto. Che la mortalità infantile a Taranto sia elevata è un dato di fatto. Lo dimostra lo Studio Sentieri per il sito di interesse nazionale di Taranto, i cui dati sono stati inviati dal comitato “Genitori tarantini” ai parlamentari. Lo Studio Sentieri, pubblicato il 4 luglio del 2014, dice che i bambini di Taranto si ammalano di cancro il 54% in più rispetto agli altri bambini pugliesi, con il 21% in più di mortalità nella fascia d’età 0-14 anni. E nonostante l’esistenza di questi dati, la politica nazionale continua a legiferare in difesa del siderurgico, ai danni di tutte quelle famiglie che piangono in casa un ammalato di cancro.
E non è questa una realtà che può essere nascosta. E’ evidente, va urlata. E qualcuno, con grande sorpresa, durante il festival di Sanremo, lo ha fatto per noi. Lo ha fatto appunto Beppe Fiorello, che ha interpretato il ruolo di una vittima della Terra dei Fuochi, e che proviene da una città, Augusta, vessata anch’essa dalla presenza del petrolchimico. Eppure, la cosa ha suscitato polemiche. Si è parlato di “cattiva pubblicità” per la città, come se i fumi e le morti si potessero nascondere. Come se la scusa, e lo scudo che molti usano “delle bellezze della città” possa salvare la faccia in eterno. Forse è vergognoso, umiliante, forse ferisce qualcuno moralmente; ma non si può negare, che quella sera, Beppe Fiorello, è stato forse molto più tarantino, molto più pugliese, di tanti nostri politici. Perché forse è più facile trincerarsi dietro un muro di gomma – giusto per restare in tema di cinema – come il famoso film di Risi ispirato alla strage di Ustica, dove tutti sanno, ma continuano a fare finta di niente.