Taranto e gli ospedali. La città della (prima) pietra
Iniziamo questa riflessione chiedendoci dove, e in che modo, i politici locali e nazionali, trovino l’ottimismo per parlare di Taranto dal punto di vista ambientale e sanitario. Ce lo chiediamo perché vorremmo anche noi corazzarci di tanta fiducia e tanto ottimismo al solo ingresso negli ospedali. Vorremmo utilizzarlo e trasmetterlo ai pazienti, quelli oncologici ad esempio, e alle loro famiglie. Per dire loro che va tutto bene, che è tutto sotto controllo. Ma non solo alle famiglie. Non trascuriamo le colonne portanti di un presidio sanitario: medici e infermieri, sui quali ripetutamente, ricadono le colpe di un sistema che non funziona come dovrebbe. Anzi, che non funziona affatto.
Quanto ottimismo, e quanta gioia per la nascita sul territorio del più grande ospedale. Il “San Cataldo” si intende, il quale si spera, abbia sorte migliore del predecessore “San Raffaele”, “il mai nato”.
E’ risaputo, quasi ogni famiglia del tarantino (ci estendiamo anche alla provincia), ha o ha avuto a che fare con la parola “oncologia”. Una promessa per un malato oncologico e per la sua famiglia, ha un valore inestimabile. La promessa di un polo oncologico all’avanguardia, in una città come Taranto, una città ammalata del più grande cancro politico e industriale di tutti i tempi, non è come promettere un dono ad un bambino capriccioso per farlo stare buono. Stiamo parlando di esseri umani, di gente che non ha chiesto di avere di quello che purtroppo ha. Di persone, che seppur colpite da malattia, restano persone e conservano una dignità. Forse è questo che non è chiaro. Il concetto di dignità e la superficialità con la quale viene considerata, spesso attribuita a personale medico ed infermieristico. Ma così non è. Chi è superficiale è chi permette che i pazienti siano abbandonati al loro destino, rendendo impotenti le strutture e di conseguenza chi vi lavora. Prendiamo come primo esempio il reparto di oncologia dell’ospedale “Moscati” di Taranto, oggetto, questa mattina, di una conferenza stampa indetta dal comitato “Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti”. Il reparto di oncologia a Taranto, ha bisogno di essere potenziato. E’ l’urlo di Rita, una giovane donna, paziente oncologica, che urla e pretende rispetto per se stessa e per tutti i pazienti oncologici. Nel suo caso, un problema ginecologico, l’ha vista “spezzettare” la propria visita tra l’ospedale “Moscati” e l’ospedale “SS. Annunziata”, in cui è stata valutata da ginecologi e non oncologi, come la sua patologia richiederebbe. La richiesta di Rita è quella di rinforzare il “Moscati”. «Un malato non può attendere 10 anni per l’istituzione di un polo oncologico – dice – potenziamo quello che abbiamo. Io dovrò continuare il mio percorso, ma non so dove. Mi toccherà andare fuori e questo non è più possibile. Chiedo dignità per me e per gli altri pazienti oncologici».
I Liberi e Pensanti questa mattina, alla presenza di Michele Riondino e Valentina Petrini, hanno precisato di non essere contrari all’apertura del nuovo ospedale. «Ben venga l’ospedale nuovo. Ben vengano più ospedali» ha detto Riondino. Le perplessità però ci sono, e le nutrono in tanti. Perché si torna a parlare di nuovo ospedale alle porte della nuova tornata elettorale? Come si fa a piazzare “la prima pietra” per il nuovo ospedale senza la Valutazione di Impatto Ambientale? Cosa fondamentale per ogni presidio sanitario nascente, a maggior ragione se parliamo di Taranto. Taranto, una città ammalata, come precisa la Petrini, la quale racconta il dialogo intercorso tra lei e il dottor Mazza, primario del reparto di ematalogia. Il dottor Mazza, nel 2007 disse che a Taranto era in corso una mutazione genetica a causa dell’esposizione ad alcuni inquinanti. Oggi, a distanza di 9 anni, nonostante il cielo di Taranto sembri più limpido, e l’impressione sia quella di una città meno inquinata, dal punto di vista del dottor Mazza, c’è una nuova emergenza. Questa emergenza si chiama mieloma. Il mieloma è una malattia neoplastica che solitamente appare in età avanzata, ma a che a Taranto sta vedendo arrivare in reparto giovani dai 30 ai 35 anni. La comparsa di questa malattia è strettamente legata all’inquinamento. Allora di cosa si sta parlando? Con un’emergenza del genere, con il reparto stracolmo e con le esigenze di questi pazienti, perché non potenziare quello che già esiste, anziché pensare a mire espansionistiche già rivelatesi fallimentari in passato?
La realtà di Taranto è questa. Le strutture non sono potenziate e il personale è poco. Purtroppo, come ha spiegato Riondino, si ragiona nell’ottica “di quale paziente è possibile dimettere l’indomani”. Non ci sono posti, le emergenze sono tante. E la questione non riguarda solo il reparto di oncologia. Se consideriamo il reparto di geriatria, la situazione è di emergenza allo stesso modo. Oltre venti pazienti e pochissimo personale. Un medico e due infermieri. E si parla di pazienti molto spesso affetti da patologie come morbo di Alzheimer o demenza senile in stadi avanzati. Persone che a causa della malattia non hanno più cognizione di quello che erano e di quello che sono. Persone che si scoprono restando mezze nude, che urlano, che tentano di saltare giù dal letto, che si staccano le flebo. E non si tratta di un solo caso su 20 pazienti. Il reparto di geriatria, come quello di oncologia è in serie difficoltà, nonostante lo sforzo immane di personale medico e infermieri sui quali molto spesso ricadono anche responsabilità penali. Come si fa, a gestire molti casi del genere solo in due, tre al massimo?
Dunque, a cosa serve annunciare la nascita di un ospedale con 700 posti letto se non si è capaci di far fronte alle realtà già esistenti? Non è la politica a fare l’ospedale, ma il personale che vi lavora, e se non si dà modo a questo di lavorare in un ambiente che lo permetta, a cosa serve fare annunci?
Taranto è la città degli annunci, e delle prime pietre, come diceva questa mattina un membro del comitato “Cittadini e Lavoratori Liberi e pensanti”. Taranto è la città dei mega ospedali a cui si dà il via, oltrepassando la V.I.A. (Valutazione d’Impatto Ambientale). Cosa dovrebbero pensare i cittadini? Forse che la campagna elettorale è ufficialmente iniziata. O forse, che la storia si ripete. Se ben ricordiamo, anche il “San Raffaele” suscitò lo stesso entusiasmo. Ma se ricordiamo anche, che tra gli entusiasti vi era chi diceva che ciò che usciva dai camini dell’Ilva era vapore acqueo, o peggio, chi diceva che una diagnosi di tumore è meglio di un avviso di garanzia, bè… forse abbiamo detto tutto.
Elena Ricci