Brindisi- In bicicletta da Mesagne a Roma per l’inizio dell’Anno Santo. L’intervista ad Antonio Maggiore.
Per la serie non chiamateli eroi.
Antonio Maggiore, mesagnese classe 1970, insieme alla sua collega Anna Rita Giustizieri, entrambi membri del gruppo Friends Bike di Brindisi, hanno percorso più di 600km in bicicletta per raggiungere Roma e presenziare all’apertura della Porta Santa in occasione del Giubileo Straordinario indetto da Papa Francesco.
“Esperienza edificante e positiva- ci spiega Antonio al telefono- siamo partiti il 1 dicembre davanti alla chiesa del Carmine di Mesagne con la benedizione del priore e abbiamo terminato il nostro percorso davanti la chiesa del Carmine in via della Conciliazione a Roma. Un fatto significativo, bello, un vero pellegrinaggio.”
In tutto sei tappe; Matera, Candela, Benevento, Cassino, nel quale i due ciclisti si sono trattenuti un giorno in più per visitare l’abazia di monte Cassino, poi Fiuggi e finalmente Roma in vista del Giubileo. Un pellegrinaggio lungo sette giorni a bordo di due ruote, per non inquinare e per tenersi in buona salute, e che diventa, in questi mesi scanditi da proclami di guerra, testimonianza di pace, fede cristiana e solidarietà. Non sono stati pochi, infatti, gli aiuti giunti ai due ciclisti da parte della gente incontrata durante il viaggio; dal semplice incoraggiamento ai consigli per praticare la strada migliore.
“Il bello è che si percorre l’Italia nei paesi più nascosti, sperduti, il cuore provinciale di un territorio che è meraviglioso, pieno di tanta brava gente. E’ un modo per conoscere il nostro paese nascosto e profondo. Se non tocchi per mano o non passi in questi paesi, dove l’inverno allontana i visitatori, non lo puoi capire. E’ un rapporto quasi intimistico con il territorio. Si è parte di una comunità- spiega il ciclista- ed è un fatto da coltivare ogni giorno, un allenamento.”
“A volte noi abbiamo blocchi mentali ma in realtà è tutto molto facile e fattibile. Noi avevamo uno zaino di meno di 3 chili in cui c’era tutto, io avevo anche un paio di scarpe. Noi non siamo atleti, noi siamo gente assolutamente normale. Il senso del pellegrinaggio è dare un valore alla vita quotidiana, alla normalità, al prossimo.”
E quando gli chiediamo quale parte del viaggio è stata la più difficile lui ci risponde così: “La parte più difficile sono stati gli Appennini, ma la difficoltà non è stata eccessiva. E’ quello il bello. Sono cose umane, alla portata di gente normale. Uno si sente libero. Dopo questa esperienza so che posso contare su forze non straordinarie ma ordinarie. Io l’ho fatto con lo spirito del pellegrinaggio, ovvero andare in contro al prossimo, avere un’esperienza che esuli dalla quotidianità in modo da avere una conoscenza interiore che non sia la vita di routine che diventa superficiale.”
Insomma, non chiamateli eroi perché la loro impresa sta a significare tutt’altro. Le grandi opere nascono proprio dalla forza propulsiva che custodiamo dentro di noi e che, se espressa, diventa mitico evento e di esempio per gli altri.