Desertificazione industriale a Taranto: ma è giusto dire “NO” ad ogni proposta?
Anche l’Ugl (Unione Generale del Lavoro) ha partecipato alla manifestazione di Confindustria Taranto, manifestando la propria preoccupazione per la “desertificazione industriale” effettivamente in atto.
Il dato di fatto è che l’Eni è a rischio di chiusura. Il progetto Tempa Rossa probabilmente non vedrà mai realizzazione e c’è il rischio concreto che l’Eni si trasformi in un semplice deposito mandando a casa oltre 400 dipendenti.
L’Ilva ha dei problemi seri. Il processo comincia il 16 settembre. Persino Monsignor Santoro ha paventato rischi seri sull’industria dell’acciaio (e per i circa 20 mila dipendenti compresi quelli dell’indotto). Potenziali compratori esteri sono impauriti dai problemi processuali, oltre che quelli politici e tutto ciò che ne consegue. Insomma lo scenario industriale tarantino (che si riflette in maniera non irrilevante su tutto lo scenario industriale italiano) comincia ad assumere tinte fosche.
E’ chiaro che un paese, senza l’industria, non vale niente sul versante economico e non garantisce livelli occupazionali come quelli del passato. Tant’è che l’Istat qualche giorno fa ha riportato dati preoccupanti sul dato occupazionale: un tasso del 42 % di disoccupazione.
Occorre però coniugare le possibilità di una re-industrializzazione convivente col diritto alla salute dei cittadini, e su questo l’ Ugl Taranto ribadisce ancora una volta che il “lavoro” e la “salute” sono due diritti che non si possono contrapporre e devono essere obbligatoriamente tutelati entrambi alla stessa maniera, per cui vale la pena discuterne.
Dire NO e fare ostruzionismo a ogni progetto industriale che porterebbe lavoro e guadagno per la città di Taranto, creando una situazione di “muro contro muro” non porta da nessuna parte. E’ bene che ci si segga a tavolino, che l’azienda renda dei documenti tecnico scientifici che illustrino l’intero processo delle attività, al fine di garantire lavoro tutelando la salute a 360 gradi.
E’ giusto che il Governo intervenga con delle decisioni concrete, che facciano riaffiorare la situazione occupazionale a Taranto, oramai allo sfacelo; pensare di sanare gli stipendi dei dipendenti Ilva, non vuol dire compensare di conseguenza anche quelli dell’indotto, i corrispettivi alle aziende, i cosiddetti “prestiti ponte” devono essere resi, bisogna prendere provvedimenti seri e risolutivi.
Per quanto riguarda poi il decommissioning delle navi, Ugl Taranto chiede che Taranto venga riscattata: assumere la decisione di portare le navi da smantellare, smaltire o riparare a Piombino, favorendo la Lucchini è arduo è un po’ avventato, in quanto Taranto non solo ha tutte le capacità e competenze a livello professionale, ma dispone degli ex cantieri navali, i cantieri Tosi con un cantiere operativo attrezzato e preparato, come ad esempio i bacini a secco in cui la nave sosta durante i lavori, per non dimenticare la strumentazione per lo smantellamento e smaltimento.
Il Governo deve intervenire, attraverso azioni determinate e decisive, perché il Comune oramai non agisce non potendosi permettere più di sbagliare, i sindacati chiedono ma non ottengono, la Regione latita e le associazioni di categoria pensano a tutelare i loro interessi e diritti. Oramai viviamo in guerra tra poveri e la manifestazione di Confindustria ne è stato l’ennesimo esempio lampante; Taranto rischia un’implosione, ragion per cui necessitano azioni dall’alto e il Governo non può più permettersi di restare indifferente.
(Fasano Giuseppe)