Primitivo di Manduria a rischio: tanti parchi fotovoltaici al posto dei vigneti

Un allarme che è frutto dell’amore per la terra, per uno dei simboli più rappresentativi del territorio in questione, il versante jonico dell’alto Salento, con i suoi vitigni pregiati che producono la famosa varietà del Primitivo DOC e DOCG.
Un patrimonio che rischia di essere gravemente danneggiato nelle sue fattezze e nelle sue potenzialità produttive, amputato di chissà quante centinaia di ettari, a causa di uno scellerato progetto che la neolingua dal sapore edulcorante fa rientrare nella dicitura “transizione energetica”, e che invece a noi sa tanto di beffa, perché intende realizzarla a discapito della preservazione dell’ambiente naturale.
L’ennesimo progetto in programma è proposto dalla società Yellow Society Srl, e prevede l’installazione di impianti fotovoltaici nei territori di Erchie, Avetrana, Torre Santa Susanna, Manduria e San Pancrazio Salentino.
La Regione Puglia, attraverso la Sezione Transizione Energetica, ha infatti ufficialmente avviato il procedimento per l’approvazione dell’intervento, una decisione che il Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria considera profondamente errata, poiché potrebbe compromettere in modo grave e duraturo uno dei più importanti distretti vitivinicoli italiani.
Pur non dicendosi aprioristicamente contrario all’utilizzo delle energie rinnovabili, certamente, il Consiglio di Amministrazione del Consorzio – si legge in una nota diramata dal suo ufficio stampa – esprime grande preoccupazione per le conseguenze che questa iniziativa potrebbe causare. Il Primitivo di Manduria rappresenta infatti non solo un vino, ma un patrimonio culturale, identitario ed economico costruito con impegno, passione e rispetto ambientale. Un progetto simile mette in discussione tutto questo, sottovalutando il valore e la delicatezza del territorio.
“Le motivazioni dell’opposizione – sostiene il Consorzio – sono evidenti: le zone interessate rientrano nell’area di produzione del Primitivo di Manduria DOC e DOCG, riconosciuta a livello nazionale e internazionale per il suo valore agricolo, paesaggistico e storico. L’installazione di impianti industriali rischierebbe di destabilizzare l’equilibrio economico di molte aziende agricole, con ripercussioni sulla produzione, sull’occupazione e sulla coesione sociale locale. Inoltre, numerosi proprietari terrieri non sono stati informati dell’avvio del procedimento, impedendo così un confronto trasparente e partecipato”.
Quest’ultimo aspetto ci pare di una violenza inaudita: non si capisce davvero perché mai un ente governativo, per quanto titolato come la Regione, possa scegliere, con un atto d’imperio, la destinazione d’uso di terreni privati da sacrificarsi in nome di un progetto che non è minimamente necessario per il sostentamento energetico, sostituendosi alla libera autodeterminazione dei proprietari dei terreni agricoli.
E non ci si venga a dire che questo mega parco fotovoltaico che dovrebbe sorgere al posto dei vitigni del Primitivo è considerato “strategico” per la realizzazione di una transizione energetica che tanti cittadini contestano nei suoi presupposti primari: innanzitutto, a livello quantitativo, nel sacrificare un’intera Regione, dal Gargano al Salento, riempiendo le sue terre e le sue coste di parchi eolici o fotovoltaici, a beneficio non si sa bene di chi, con una sovrapproduzione di energia che in Spagna ha recentemente prodotto, con lo stesso meccanismo, il famoso black out di un mese fa.
Inoltre, non ci stancheremo mia di ribadire come i pannelli fotovoltaici dovrebbero solo e soltanto sorgere sugli edifici, civili e industriali, nelle zone industriali o comunque in aree di scarso pregio paesaggistico, non certo nelle nostre campagne, come invece si è fatto in questo territorio, violentandolo orribilmente sfruttando anni fa la disperazione di proprietari che non considerano più la produzione remunerativa a causa dell’invasione di prodotti agricoli stranieri, poi il disseccamento degli ulivi, ora la transizione energetica, che si vorrebbe realizzare consumando ulteriormente il suolo, distruggendo un patrimonio che tiene assieme produzione agricola e storia della nostra terra.
Qualcosa di totalmente aberrante.