Taranto, clamoroso: niente cozze tarantine, pescherie costrette all’importazione

Il caldo anomalo dell’estate scorsa ha messo in ginocchio la mitilicoltura tarantina. Le temperature dell’acqua, rimaste stabilmente sopra i 30 gradi, hanno causato una moria senza precedenti, azzerando quasi completamente la produzione di cozze tarantine. Secondo le stime, sarebbero andate perse circa 9.000 tonnellate di prodotto, con danni economici che superano gli 8 milioni di euro. Ma il problema più grave riguarda il futuro: il seme, ossia la base per le prossime coltivazioni, ha subito una perdita del 90%, compromettendo anche le stagioni a venire.
Di fronte a questa situazione, i commercianti hanno dovuto cercare alternative per garantire la fornitura di molluschi sul mercato locale. Le cozze attualmente vendute nelle pescherie di Taranto provengono principalmente da Spagna, Grecia e Sardegna. In alcuni casi, per rendere il prodotto più simile a quello autoctono, le cozze importate vengono immerse nelle acque locali prima della vendita.
Il settore mitilicolo tarantino non è nuovo a difficoltà: oltre ai danni ambientali, pesano l’aumento dei canoni demaniali e la concorrenza con i produttori esteri. Già da tempo la produzione annua era in calo, passando dai 150.000 quintali degli anni migliori ai circa 50.000 quintali registrati negli ultimi tempi.
L’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia, ha dichiarato che la Regione sta valutando possibili misure di sostegno per i mitilicoltori colpiti, con l’obiettivo di aiutare il settore a riprendersi da questa crisi senza precedenti. Nel frattempo, si discute di strategie a lungo termine per proteggere una delle eccellenze gastronomiche di Taranto, tra cui la creazione di un Presidio Slow Food per la cozza nera tarantina.
Il futuro della mitilicoltura locale resta incerto, ma la speranza è che, con interventi mirati, il settore possa risollevarsi e tornare a offrire un prodotto simbolo della città.