La comunità bengalese sfila per le strade del quartiere Libertà a Bari per chiedere maggiore sicurezza
Un corteo pacifico e piuttosto nutrito è sfilato stamane attraverso le vie del popolare quartiere Libertà per chiedere maggiore sicurezza alla luce di alcuni preoccupanti fatti di cronaca che si sono verificati nell’ultimo periodo al suo interno.
Ad animarlo è stata soprattutto la numerosa rappresentanza di cittadini stranieri che vive in questa zona del capoluogo regionale, e segnatamente la comunità proveniente dal Bangladesh, che lamenta intimidazioni subite ai propri danni, come rapine e violenza personale. Gli episodi si sarebbero verificati frequentemente nelle ore notturne quando i lavoratori bengalesi, massicciamente occupati nel settore della ristorazione, lasciano il proprio posto di lavoro per fare ritorno alle proprie abitazioni.
Una dinamica che ricorda molto da vicino quella verificatasi ai danni della folta popolazione di origine africana presente fra Carovigno e San Vito dei N., denunciata pubblicamente nello scorso mese di maggio dal rappresentante della Comunità africana per la provincia di Brindisi, Drissa Kone.
La manifestazione, partita dalla piazza del Redentore alle ore 9, si è conclusa con un colloquio fra una delegazione dei manifestanti ed il Prefetto e il Questore di Bari. Ad essa ha preso parte anche il parroco della Chieda del Redentore, don Luca De Muro, che ha sottolineato come la sua parrocchia faccia molto per favorire una positiva integrazione dei bambini della comunità bengalese, ma anche come non sia facile ottenere lo stesso risultato nel caso delle persone adulte, le quali sono considerate ospiti non graditi da una fetta consistente della popolazione.
Occorre ribadire come gli atti di violenza siano sempre da condannare, indipendentemente da chi li attua. La folta presenza di immigrati nelle città italiane, una tendenza in progressivo aumento ovunque, pone delle problematiche oggettive, a partire dal fatto che essa andrebbe regolata numericamente ma anche distribuita in maniera equilibrata sul territorio nazionale, evitando in particolare affollamenti di una stessa etnia in un determinato quartiere, quello che invece si verifica costantemente, come si può osservare nelle grandi città.
Inoltre, se chi ospita ha il dovere di accogliere civilmente e senza pregiudizi, chi arriva ne ha uno che viene ancora prima, quello di dimostrare fin dall’inizio di non voler vivere di espedienti, di non voler in alcun modo provocare disagi e preoccupazioni alla comunità che lo accoglie. Una garanzia che andrebbe sottoscritta prima di ricevere qualsiasi permesso di soggiorno.