L’estate pugliese 2024 si va consumando fra crisi idrica, emergenza incendi e polemiche surreali
Lungi ancora dall’essersi conclusa, possiamo affermare con ragionevole certezza che l’estate pugliese 2024 passerà alla storia per due emergenze, fra loro fra l’altro connesse: quella idrica e quella degli incendi.
Se gli incendi, grandi e piccoli, divampano con così grande facilità, lo si deve anche, infatti, all’aridità dei terreni, stremati, come del resto anche la flora e la fauna naturale che su di essi insistono, da un’annata assai povera di piogge, prima che le temperature estive molto elevate, ed il vento di tramontana spesso sostenuto, facessero il resto.
Sul primo fronte, sperando che la perturbazione in arrivo all’inizio della prossima settimana possa arrecare un sia pur lieve beneficio all’ecosistema, si fanno già i conti dei danni che la grave penuria dell’acqua ha arrecato e arrecherà all’economia regionale, a quella agricola così come a quella del settore dell’allevamento, che porta ad esempio le mucche a produrre molto meno latte.
La situazione più critica pare al momento quella della provincia di Foggia, peraltro abituata a registrare, ogni estate, temperature da record, con la diga di Occhito chiusa dal 12 agosto all’uso irriguo per non compromettere le riserve destinate all’acqua potabile. Così facendo, tuttavia, sono a rischio la raccolta dei pomodori, ancora in pieno corso, così come la messa a coltura delle verdure che sarebbero giunte a maturazione nel periodo autunnale o invernale.
Ma lo stress idrico coinvolge l’intera Regione, al pari delle altre meridionali, e chiama immediatamente in causa la ricerca di soluzioni strutturali in vista dei prossimi anni e di nuove, gravi, annate di deficit idrico che potrebbero verificarsi. Nelle ultime settimane la Regione ha pubblicato un censimento aggiornato dei pozzi artesiani presenti in ogni provincia e comune, con la specifica che la statistica risente del fatto che , per ogni pozzo censito, ce ne potrebbero essere addirittura 10 non dichiarati: il numero complessivo ammonta comunque a 14 mila.
Una delle problematiche ataviche da risolvere consiste, come si sa, nelle perdite di cui soffrono le condotte dell’Acquedotto Pugliese, ma altri interventi si pongono come soluzioni alternative praticabili per andare incontro alla scarsità di un bene tanto primario, a partire dal riutilizzo delle acque di fogna depurate per utilizzo agricolo, per il verde pubblico o per la pulizia delle strade. Mentre si attende la costruzione nel tarantino del dissalatore più grande d’Italia, prevista entro il 2026, che utilizzerebbe le acque salmastre del fiume Tara, altri interventi intelligenti di raccolta delle acque piovane in piccoli bacini diffusi si rendono quanto mai urgenti. Un vecchio adagio popolare salentino non recita forse “cugghi l’acqua quannu chiovi”? Perché non lo si fa?
Sul fronte incendi è invece dell’altro ieri l’emanazione di un decreto, da parte del presidente della Regione Michele Emiliano, che stabilisce lo stato di crisi ed emergenza su tutto il territorio. Secondo i dati diffusi dal Centro Operativo di Sorveglianza Ambientale, fra il primo gennaio ed il 31 luglio 2024 sono andati bruciati complessivamente in Puglia 2207 ettari di terreno, un dato che pone questa regione al terzo posto, a pari merito con la Sardegna, in questa graduatoria nazionale tanto orribile, alle spalle di Sicilia, dove la situazione è assolutamente drammatica, e Calabria. Tutte regioni meridionali, e non potrebbe essere diversamente.
Noi, come osservatori e fruitori pressoché quotidiani della nostre strade, di campagna o provinciali che siano, non possiamo che osservare, inorriditi, lo scenario apocalittico che in queste ultime estati si para immancabile al nostro sguardo: incendi magari non particolarmente estesi ma assolutamente diffusi, che divampando magari in semplici sterpaglie, finiscono poi con l’incenerire letteralmente anche tanti alberi, a partire dagli ulivi già secchi, compromettendo la fertilità dei terreni interessati per chissà quanto tempo.
Da questo punto di vista, da quello strettamente ambientale cioè, l’estate pugliese sta sistematicamente trasformandosi in un incubo. Dal momento che altro non si fa in estate, a queste latitudini, che parlare di economia del turismo (con annesse polemiche come quella che ha riguardato le frasi pronunciate da Flavio Briatore riguardo ai prezzi del settore turistico-alberghiero pugliese a fronte di servizi a suo dire non impeccabili) degli introiti, dei mancati o acquisiti guadagni rispetto alle stagioni passate, in un’ottica spesso freddamente economicistica, facciamo sommessamente notare che con i roghi, le discariche illegali ovunque presenti, o gli stessi impianti di energie rinnovabile che cercano in tutti i modi di svilupparsi, mettendo a rischio ulteriormente il paesaggio naturale, il dibattito pare quasi surreale.
A meno di non concepire il turismo come puro allestimento di un divertimentificio legato alle sole località costiere, staccato da tutto quanto accade nell’entroterra.