Michele Riondino, Ignazio La Russa e la bufera fascismo/antifascismo
In coincidenza con la ricorrenza del 25 aprile, come peraltro accade annualmente ma quest’anno di più, la dialettica politica italiana è andata assai inferocendosi attorno alla tematica dicotomica fascismo/antifascismo.
Il fatto che quest’anno la questione sia tanto dibattuta (sui programmi di discussione legati alla politica, sulle varie reti televisive, si può dire non si parli d’altro) è da attribuire essenzialmente al fatto che al governo dell’Italia ci siano, a partire dalla Presidente del Consiglio, molti esponenti della destra post-missina, ai quali gli esponenti del centro-sinistra, ed i giornalisti della relativa area politica, chiedono continuamente di fare professione di antifascismo per non dimostrarsi nostalgici del Duce.
E’ stata in particolare la vicenda legata al breve monologo sul 25 aprile che lo scrittore Antonio Scurati avrebbe dovuto recitare e che poi non recitato nel programma Rai “Che sarà” condotto da Serena Bortone ad aizzare i toni, fra chi lo ha visto come la dimostrazione del fatto che il governo di destra censuri la memoria antifascista, e chi lo ha derubricato a semplice questione economica, legata al mancato accordo sul compenso richiesto da Scurati.
Negli ultimi giorni, tuttavia, la questione ha avuto degli sviluppi a seguito della pubblicazione sul profilo social dell’attore e regista tarantino Michele Riondino, nonché direttore artistico dell’imminente concerto del Primo maggio di Taranto, di una foto di molti anni fa che ritrae, ma capovolto, il presidente del Senato Ignazio La Russa accanto ad un manifesto di Mussolini. Il caso fa peraltro il paio con quello che ha riguardato in febbraio Luca Dell’Atti, direttore del Museo Civico di Ostuni, che aveva postato una foto che ritraeva a testa in giù Giorgia Meloni. Il vespaio di polemiche suscitato dalla vicenda aveva portato Dell’Atti, anche su pressione del sindaco di Ostuni Angelo Pomes, a dare le dimissioni.
Proporre l’immagine di figure politiche della destra italiana a testa in giù è, ovviamente, un riferimento alla sorte toccata nell’aprile del 1945 a Benito Mussolini a Milano a piazzale Loreto ed è normale che l’allusione faccia scattare il fuoco di fila del centro-destra, che indignato chiede alla sinistra di prendere le più ferme distanze da tali iniziative. In questo caso, a solidarizzare direttamente con La Russa, come lo stesso ha voluto ieri orgogliosamente rivendicare, c’è stato il capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Riondino ha voluto tuttavia tornare per primo sulla questione, con un altro post, nel quale l’immagine ritraente la seconda carica dello Stato accanto al manifesto di Mussolini era pubblicata stavolta correttamente: in sostanza, ha chiesto provocatoriamente nel post, crea più scandalo la pubblicazione di una foto capovolta piuttosto che il fatto che i nostalgici del fascismo occupino le più alte cariche dello Stato, mostrandosi peraltro pure incapaci di dichiararsi apertamente tali.
In conclusione, se è opportuno ricordare sempre che la Costituzione italiana, e la Repubblica, si fondano sullo spirito della Resistenza e sulle ceneri del Ventennio, se è sacrosanto rivendicare la propria appartenenza al fronte antifascista e prendere parte a tutte le iniziative politiche che si richiamano a tale spirito, pare sostanzialmente sterile ed improduttiva, quasi un segno di debolezza, l’insistenza con la quale le forze della Sinistra chiedono continuamente agli esponenti della Destra di dimostrarsi, altrettanto genuinamente, antifascisti.
Vale naturalmente il discorso inverso: quando Berlusconi utilizzava continuamente le efferatezze ed i crimini di Stalin e Pol Pot per delegittimare i post-comunisti della Sinistra italiana, compiva la un’azione intellettualmente, e politicamente, profondamente disonesta.