Giunto a sentenza il processo per la morte all’interno del salumificio “Scarlino” di Taurisano
Condannati a 7 e a 4 anni di reclusione i fratelli Attilio e Antonio Scarlino, in qualità rispettivamente di amministratore unico e di delegato alla sicurezza interna dell’omonima azienda di famiglia, con sede a Taurisano, impegnata nella produzione di salumi.
Il reato loro ascritto dal giudice Elena Coppola è quello di “omicidio colposo con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro“. In virtù dello stesso, è previsto un risarcimento per le parti civili, costituitesi in giudizio: moglie, i due figli e i sei fratelli, da stabilirsi in separata sede. Inoltre è stata sancita l’interdizione dai pubblici uffici perpetua per Attilio Scarlino e di 5 anni per il fratello Antonio.
I fatti risalgono all’estate del 2013, quando un loro operaio, il 51enne Mario Orlando, perse la vita finendo fra le lamiere di un macchinario utilizzato per la lavorazione dei prodotti. Una morte “bianca”, come purtroppo tantissime altre da allora verificatesi nelle industrie della Regione di tutta Italia, una tematica immarcescibile e sempre di triste attualità, alla cui base possono esserci in alcuni casi tragiche fatalità, in altre l’inosservanza delle normative di sicurezza. Nel corso delle indagini, fu stabilito che l’incidente in cui Orlando perse la vita fu dovuto alla rimozione volontaria dei sistemi di sicurezza del macchinario Inotec Im 3000, di fabbricazione tedesca e di nuova generazione, tolti perché non vi fossero interruzioni nella produzione.
La sentenza ha invece stabilito l’assoluzione per sopravvenuta prescrizione per gli altri imputati.
Restando nella provincia di Lecce, è di questa settimana un’altra morte sul lavoro, quella del 35enne di Tuglia Mattia Ottaviano, deceduto sulla pista di Nardò “Technical Center”, dove si mettono a punto i prototipi di auto e moto di grande cilindrata. Ottaviano, a bordo della sua Ducati, ha impattato contro una Porsche che seguiva lo stesso senso di marcia della moto. L’impatto fatale è stato attribuibile verosimilmente al fatto che Ottaviano non si aspettasse di trovare sulla sua strada un mezzo che procedesse lentamente. I tecnici della Porsche stavano testando in quel momento, infatti, i sistemi di frenata, ed il tamponamento è sopravvenuto inevitabile per una moto che invece viaggiava a fortissima andatura. Uno dei colleghi del pilota deceduto ha rilasciato una testimonianza al proposito inquietante: “L’avevamo sempre sostenuto che auto e moto sulla stessa pista non potessero svolgere contemporaneamente i test”. Anche su questo si accentreranno certamente le indagini delle forze dell’ordine e del pm Alessandro Prontera.