Oggi a Lecce gli “stati generali” del giornalismo in Puglia, con il festival FIGILO
Si è aperto oggi l’edizione 2024 di FIGILO, il Festival dell’Informazione Giornalistica Locale. Lo ha fatto nel segno di una novità preziosa e feconda: la collaborazione con l’Università del Salento e, per quel che più interessa l’ambito della professione giornalistica, con la facoltà di Scienze della Comunicazione.
Sede del primo appuntamento, accreditato presso l’Ordine dei Giornalisti, l’aula 9 del Donato Valli, in Viale Calasso, il noto “viale degli studenti”.
Molto nutrito e qualificato il gruppo dei relatori, coordinato dal giornalista del Quotidiano Adelmo Gaetani, che ha introdotto e via via coordinato il succedersi degli interventi, chiosandoli opportunamente. Ha portato innanzitutto i saluti istituzionali il Rettore Fabio Pollice, che ha sottolineato quanto l’ente diretto creda nella convenzione stipulata fra l’Ordine ed il corso di laurea in Comunicazione, anche alla luce della riforma dell’accesso alla professione giornalistica, tanto per i giornalisti pubblicisti quanto per i professionisti. Pollice ha voluto anche permettersi, tuttavia, una tirata d’orecchie verso i giornalisti, allorquando ha manifestato come essi debbano cercare meno il sensazionalismo nei loro resoconti, a partire dai titoli di giornale.
In collegamento dalla Toscana è intervenuto il Presidente nazionale dell’Ordine, Carlo Bartoli, il quale si è soffermato, come del resto gli altri relatori, sulle grandi sfide che il settore dell’informazione deve affrontare in un contesto tanto frastagliato dal punto di vista comunicativo, e ha sottolineato l’importanza di sostenere la stampa locale, rammaricandosi del fatto che l’Ordine è in questo lasciato solo a combattere la battaglia, abbandonato dalla politica e dalle istituzioni.
Piero Ricci, Presidente regionale dell’Ordine ha sottolineato innanzitutto l’importanza della convenzione stipulata con l’ateneo salentino, e la necessità di formare opportunamente i nuovi giornalisti così come di riqualificare coloro i quali hanno cominciato a svolgerla quando non era previsto tassativamente il conseguimento di un titolo di studio minimo. Parlando del tema più scottante, l’intelligenza artificiale, Ricci ha affermato, brillantemente, che essa è nulla senza l’intelligenza artigianale del giornalista. Per quanto possa essere utile in alcuni ambiti, il suo timore è che possa ingolosire editori-imprenditori spregiudicati, che vogliano fare prodotti d’informazione abbattendo i costi del personale, per elaborare un prodotto giornalistico plastificato. Perciò, lo stesso lavoro dell’editore andrebbe regolamentato.
Facendo parte del Consiglio dell’Ordine fin dal 2007, il Presidente ha ricordato quanto sia cambiato in questi anni l’accesso alla professione: prima le nuove leve erano concentrate infatti nei mezzi d’informazione maggiori, Quotidiano e Gazzetta del Mezzogiorno per il giornalismo dei quotidiani, ora invece molto pratiche giungono da una miriade di testate online, che soffrono, a suo dire, di “nanismo”. Ha concluso il suo intervento rievocando un recentissimo episodio sintomatico dell’evoluzione del mondo dell’informazione, del suo deterioramento, per meglio dire: un sondaggio da lui condotto durante una visita in una scuola di Taranto, gli ha consentito di avere conferma del fatto che i giovanissimi, trascurando totalmente i canali informativi tradizionali, testate accreditate che operino ovviamente anche sulla Rete, s’informano sulle vicende di attualità tramite Instagram e Tiktok, ma solo di vicende quali il caso “Ferragni”, ignorandone invece, ad esempio, altre importantissime, a partire dal…siderurgico tarantino.
Il giornalismo è quindi oggi un lavoro povero di risorse, avaro di soddisfazioni ed esposto alla concorrenza perniciosa di influencer e persone improvvisate ed autoreferenziali.
Mimmo Mazza, Direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, non ha potuto evitare di partire da una valutazione del momento critico che sta passando la testata che dirige, che però, a suo dire, non è comprensibile se non si analizza il contesto generale del mondo della comunicazione: le tante proteste giunte dalle istituzioni pubbliche, rivolte nei confronti di un piano di ristrutturazione imposto dalle difficoltà economiche della Gazzetta, risultano ipocrite, poiché le stesse non si impegnano più, come facevano prima, a fare donazioni ai giornali locali, i soli che raccontano il territorio. Certamente, però, un giornale che perda costantemente lettori perde anche libertà e, per quanti sforzi si facciano, non sarà possibile resistere senza il supporto del territorio. D’altronde i numeri delle vendite sono impietosi, registrando un puntuale -10% annuale, senza che l’online possa supplire tale perdita, esposto com’è alla concorrenza dei social media.
Rosario Tornesello, direttore del Quotidiano di Brindisi e Lecce, ha ricordato come ogni anno ci si ritrovi ad aggiornare il cahiers de doleance sullo stato della professione, evidenziando i seguenti tre problemi:
- il giornalismo ha perso e perde di dignità perché vittima di un processo abnorme di produzione delle notizie, inflazionate da quanto circola ovviamente su internet. Le stesse rassegne stampa continue sviliscono il lavoro di produzione di notizie, togliendo loro il carattere di “merce inedita”.
- Le azioni giudiziarie impediscono la libera espressione del pensiero, con il beneplacito della classe politica. Se in un articolo commetto un errore, in buona fede, perché non posso usare un altro articoli per rettificare quanto asserito nel primo, perché rischiare una condanna per calunnia o diffamazione?
- Ormai una testata deve investire, per essere attrattiva al massimo, oltre che sul cartaceo, sul sito internet, sui social network e ora anche sulla webTv, con costi sempre maggiori e guadagni sempre più incerti. Ma è un circolo vizioso di cui anche la politica dovrebbe farsi carico perché, il calo dei lettori, è ormai simmetrico a quello degli elettori.
Ruben Ruzzante, giornalista e docente dell’Università Cattolica e della Lumsa di Roma, esperto di comunicazione sulla Rete, ha messo in fila i seguenti punti, il primo dei quali è totalmente condivisibile, a detta di chi scrive:
- le limitazioni alla libertà di espressione dipendono sì dalle “leggi-bavaglio” ma vi sono anche tante testate che se le auto impongono, sostenendo o criticando quanto fa una parte politica solo per partito preso, col risultato di essere prevedibili nelle proprie pubblicazioni, nei contenuti veicolati.
- anche gli inserzionisti pubblicitari condizionano la libertà di espressione
- Occorre puntare sulla formazione professionale e sulla deontologia del giornalista, perché non basta sapere scrivere per essere dei buoni giornalisti. Da questo punto di vista, sono molto sbagliati atteggiamenti quali quello di utilizzare i propri profili social per esternare volgarmente il proprio pensiero, facendo così passare l’idea che si è giornalisti solo fintanto che si pubblicano articoli a proprio nome per una testata registrata.
- L’intelligenza artificiale presenta evidenti rischi, ma la bravura del buon professionista dove sta se non nell’utilizzarla solo per un lavoro di verifica sulla veridicità delle informazioni, evitando che essa scriva gli articoli al posto nostro?
Ha chiuso i lavori della mattinata la presidente del corso di laurea in Scienze della Comunicazione di Unisalento, M.Vittoria Dell’Anna, che ha riepilogato le nuove modalità di accesso alla professione. Pur non vincolate al possesso di una laurea di Comunicazione, come è giusto che sia, sarà richiesto il titolo di laurea triennale per iscriversi all’Ordine dei Pubblicisti e la laurea magistrale, più un master di specializzazione, per entrare in quello dei Professionisti. Il rischio è che l’esosità di quest’ulteriore qualifica strozzi l’accesso alla professione, laddove sarebbe preferibile regolare l’accesso tramite il possesso del titolo di laurea magistrale, con gli opportuni crediti formativi e le ore di tirocinio universitario.