L’esame autoptico sul corpo di Roberta Bertacchi rafforza l’ipotesi del gesto volontario

Il corpo non evidenziava segni di violenza, ad eccezione di una pregressa cicatrice sul braccio. Lo stesso modo col quale il nodo era stretto attorno alla gola di Roberta Bertacchi, al momento non fornisce indizi ulteriori sulla possibilità che quello del suicidio possa essere un tragico atto di messinscena. E’ questo l’esito dell’autopsia svolta ieri presso il Vito Fazzi di Lecce Alberto Tortorella, alla presenza anche del perito di parte nominato dalla famiglia, Vincenzo Garzya.
Tuttavia, in attesa anche dell’esito degli esami tossicologici, volti ad escludere che la giovane possa aver agito sotto l’effetto di qualche sostanza psicotropa, il fascicolo aperto dalla procura di Lecce per “istigazione al suicidio” rimane aperto. Va ricordato infatti che Roberta era seguita da uno psichiatra, a causa di atti di autolesionismo che si era procurata nel recente passato. I genitori, la madre così come il padre naturale, ma anche il padrino, che Roberta aveva seguito per molti anni da vicino, non si capacitano però del fatto che Roberta possa aver compiuta da sola, consapevolmente, il gesto fatale, sottolineando il momento tutto sommato positivo che stava attraversando attualmente.
Dall’altra parte il neo-fidanzato, il tifoso della squadra del Casarano, una cui sciarpa Roberta ha utilizzato per compiere il gesto estremo: a lungo interrogato, egli ha riferito, nell’enorme dolore per l’accaduto, di essere con la coscienza a posto, di non averle mai fatto nulla di male. Certo che, dal punto di vista della valutazione dell’azione suicida, prendendo per buona l’ipotesi del gesto del tutto volontario, quella sciarpa potrebbe significare qualcosa così come nulla: qualcosa, nel caso in cui Roberta avesse voluto attribuire anche all’andamento di quel rapporto, parte del peso enorme che sentiva sulle sue spalle. Nulla, se quella sciarpa è stata solo l’oggetto più adatto o a a portata di mano per scegliere di farla finita.