Sua Maestà il fungo cardoncello
Il suo gusto particolare ha conquistato i palati sopraffini, chef stellati e maestri di tutto il mondo
Nel cuore del tacco d’Italia, in una subregione pugliese colma di attrazioni e paesaggi suggestivi, un territorio baciato dal sole e da due mari, lo Ionio e l’Adriatico, in cui si alternano valli morbide, colline coltivate a vigneti ed uliveti, punteggiate di testimonianze storiche come monoliti preistorici, trulli, castelli, antiche fortificazioni e suggestivi borghi, cresce “Sua Maestà” il fungo cardoncello.
Ultimi esemplari di flora rimasti sulla terra che non necessitano di essere coltivati, gli unici a crescere selvaggi ed impassibili di fronte a qualsiasi intromissione umana.
Il nome scientifico è Pleurotus Eryngii, uno dei rimedi (insieme al vino novello e, per chi ce l’ha, il camino acceso) con cui affrontare l’uggia di novembre. Proprio in questo mese il cardoncello è il protagonista indiscusso delle Murge, che abbraccia il macro territorio dell’Alta Murgia, tra Altamura, Gravina, Minervino, Spinazzola, Ruvo e Cassano. Infatti il fungo ha la sua culla proprio nell’altopiano delle Murge pugliese.
La quintessenza è racchiusa in un piatto: cardoncelli, agnello e lampascioni.
Il fungo cardoncello è circondato da un’aura di leggende al confine tra mito e realtà. Secondo la tradizione i funghi sono stati creati dalla fitta coltre di nebbia che ricopre il territorio murgiano al confine tra la Puglia e la Basilicata e sarebbero i “figli dei tuoni”. Il loro gusto impareggiabile era conosciuto dai tempi del poeta Orazio, che assaggiandoli, li definì “cibo per gli dei”.
È uno di quegli elementi che è riuscito a rendere, con la sua unicità, questa regione conosciuta ed apprezzata per le eccellenze gastronomiche. Il suo gusto particolare ha conquistato i palati sopraffini, chef stellati e maestri di tutto il mondo che hanno realizzato diverse ricette. È ottimo fritto, trifolato, gratinato, al forno, con risotti, minestre etc.
Il cardoncello è il “messaggero” dei prodotti pugliesi, ha ridato vita a un pezzo della tradizione popolare delle Murge.
Domina, incontrastato, da ottobre ad aprile. Cresce a ridosso della ferula, un tipo di finocchio selvatico, dal quale il cardoncello ne assorbe il profumo caratteristico, contribuendo a dare un tocco speciale ai piatti.
Un fungo ormai in estinzione che è stato salvato grazie alla caparbietà di chi è riuscito a conservarne i segreti per la sua coltivazione, lanciando nella modernità un prodotto patrimonio del passato.
Generalmente si distinguono i funghi buoni da quelli velenosi. Si dice che, per distinguerli, quelli buoni profumano di farina se consumati cotti, che tutti i funghi bianchi sono commestibili, che quelli che crescono a ridosso delle ferule, sono i migliori. È tutto falso: i funghi si devono conoscere, e bene.
Generalmente di colore bruno, con lamelle beige, il cardoncello è sodo e carnoso, sprigiona un piacevole aroma di pasta di pane e finocchio. Contiene il 85-90% di acqua, il 4-5% di zuccheri, il 3,8-4% di proteine e lo 0,4 – 0,7% di grassi, oltre che aminoacidi essenziali e la biotina. Sono 28 le calorie per 100 grammi. Nel Medioevo veniva considerato un potente afrodisiaco tanto da essere messo all’indice dal Santo Uffizio perché si pensava che distogliesse i fedeli dall’idea di penitenza.
In passato esisteva persino il mestiere del “fungaiolo”: i braccianti si addentravano per i sentieri murgiani, con una personale tecnica di ricerca, andando a trovarli tra gli avvallamenti più reconditi.
Oggi i fungaioli murgiani, al pari dei pastori, sono del tutto scomparsi come stavano scomparendo negli anni ‘80 i funghi stessi, a causa dello spietramento selvaggio del territorio. Processo fortunatamente arrestato per tempo. Frequenti le sagre per valorizzare questo prodotto, iniziative ora bloccate a causa del Covid-19.
Il fungo è un prodotto discreto e democratico che non copre i sapori dei prodotti a cui si accompagna bensì li valorizza esaltandone i sapori. È diventato simbolo del paniere dei prodotti di eccellenza delle Murge., una carta identitaria di questo territorio brullo, dove oltre alla natura che resiste, si affianca un patrimonio culturale, antropologico e paleontologico unico al mondo. Un prodotto onesto, discreto e democratico.
Un caloroso “benvenuti!” in Puglia, terra di sapori, miti, leggende.
Francesca Branà