L’Omicidio di un innocente
Quando a 30 anni muori perché hai avuto la sfortuna di nascere in una città dove, nella struttura sanitaria del tuo paese, non c’è un centro attrezzato di cardiologia ed anche se ti dovessero portare in quello più vicino, ci arriveresti morto. L’impossibilità di chi ti sta vicino, di chi vive i tuoi ultimi istanti, lacera l’anima in maniera irreparabile. La disperazione negli occhi degli operatori sanitari, del cardiologo della struttura ospedaliera che comprende quello che sta per accadere senza maledettamente non poter far nulla. Gli occhi che si riempiono di lacrime, le urla disperate di chi aspetta fuori, lontano qualche centinaio di metri per effetto del Covid o almeno così dicono, senza che nessuno possa dirti quello che sta accadendo. “Umanità”, in questo preciso momento è solo una parola da libro cuore.
La preghiera è l’unica cosa alla quale aggrapparsi. “Madonna aiutalo, salvalo. E’ tuo figlio. E’ troppo giovane. Ha soli trent’anni. Dagli gioia di farsi una famiglia. A sua volta di avere un figlio”. All’interno si consumano gli ultimi suoi attimi di vita, nella piena lucidità della sua mente che ripercorre, attimo per attimo, tutta la sua esistenza, i suoi sogni e quella che sarebbe potuta essere. Non può non aver pensato: “Perché proprio a me”. Il suo sguardo lacera l’animo dei medici che gli stanno attorno. Anche per loro non è solo una vita da salvare. Un miracolo a questo punto, ma di questo ospedale riecheggiano in questo momento solo i titoloni dei giornali o le interviste rilasciate dal politico di turno per mero strumento di propaganda elettorale. In questo Ospedale, una volta, c’era l’UTIC. Fu inaugurata due volte. Non è mai entrata in funzione. Conservo ancora le interviste che personalmente feci ad un assessore regionale alla Salute che, guarda caso era proprio di questa città. “E’ un problema di concorso. -mi disse – Lo stiamo espletando in pochi mesi e questo reparto, vi assicuro, entrerà in funzione e salverà tante vite umane” Tornando qualche mese dopo, la musica era cambiata, ma tutto si stava risolvendo. Dopo la tragedia dell’Ospedale di Castellaneta, sarebbero spostati i medici, da quella struttura a quella di Martina Franca. L’UTIC esigeva in H24 di personale medico. Parole, parole, pane per i media, a Martina non è mai partita e le attrezzature oramai saranno andate a finire in qualche discarica di ferro vecchio. Quelle attrezzature avrebbero potuto salvare, oltre a tanti infartuati morti durante il tragitto verso altre strutture, anche questo ragazzo e tanti altri.
Tanti ancora ne moriranno purtroppo e tante saranno le lacrime da versare. Nell’imminenza di un rinnovo di un Consiglio regionale, guarda caso, un paio d’anni prima vengono enunciati progetti faraonici, sale di rianimazione, alla pari delle strade asfaltate nell’imminenza delle votazioni. Guarda caso, subito dopo vengono bloccati. La Sanità pugliese è uno schifo. Non è questione di medici e di eccellenze che pur ci sono e, molte delle quali disperate decidono di emigrare al Nord. In Puglia gli Ospedali vengono inaugurati in pompa magna dal Governatore di turno, come è stato fatto in quel di Lecce, con tanto di spettacolo musicale, pasticcini, buffet e prosecchi (potrei citarne tanti altri in Puglia) e mai entrati in funzione o, immediatamente dopo, chiusi. Le attrezzature che potrebbero salvare tante vite vengono messe nei magazzini alla mercé di topi che ne divorano i fili e le rendono inservibili. Tutto questo non quindici anni fa, come molti pensano, lobotizzando soprattutto gli ultimi cinque che sono stati i peggiori della storia sanitaria pugliese, con consulenti virologi pagati profumatamente per svelare la ricetta dei minori contagi in Puglia rispetto alle altre regioni d’Italia (come se fosse merito suo e non del numero esiguo dei tamponi che sono stati fatti) e addirittura si candidano usando i denari pubblici per fare campagna elettorale. Il ragazzo della nostra storia con un finale tragico, sarebbe probabilmente vissuto se si fosse trovato a Taranto, piuttosto che a Martina Franca. Il giorno del suo funerale, la madre abbracciandomi, mi ha chiesto di combattere con loro questa battaglia, affinché non ci siano altri ragazzi a fare la stessa fine del figlio.
Continuerò a fare il Don Chisciotte contro i mulini a vento. Lo farò per Martino. Lo farò per una mamma. Lo farò anche per Paola
Antonio Rubino