Taranto – Fiaccolata contro l’inquinamento ma la città non c’è più
di Antonello Corigliano per il settimanale PugiaPress (leggi qui)
Immaginate di vivere perennemente con una spada di Damocle sulla testa e che questa potrebbe da un momento all’altro cadere su voi stessi o sui vostri cari. In una situazione del genere la cosa più sensata da fare sarebbe quella di togliersi immediatamente dal pericolo e salvare le persone che con voi rischierebbero la vita.
Questo è quello che farebbe un uomo con il minimo senso di responsabilità e coscienza. Ma non un Tarantino che da oltre 50 anni vive in uno dei territori italiani dove per cause ricollegate all’inquinamento della grande industria si muore di più.
Taranto è la città dove la mortalità per cause tumorali risulta essere la più elevata in Italia. Questo, ormai, è un dato certo che nessuno oggi può più smentire. E non bisogna essere degli scienziati o dei medici per conoscere questa spada di Damocle che pende su una città di 200mila abitanti. Basterebbe utilizzare un comune motore di ricerca per capire di cosa stiamo parlando.
A Taranto c’è il più grande processo per disastro (avete letto bene disastro) ambientale mai conosciuto in Italia denominato “Ambiente Svenduto” che vede alla sbarra politici, imprenditori e aziende rei di aver inquinato l’aria, la terra, l’acqua di un intero territorio per interessi economici e di potere.
Ci sono tutti in questo processo tranne chi, pur comparendo all’interno di intercettazioni degli investigatori, è stato complice di aver omesso la verità: i giornalisti. Il cane da guardia del potere che invece di raccontare quanto stava accadendo negli ultimi 15 anni ha preferito mettere in tasca soldi e bustarelle condannando a morte certa una popolazione. Gli stessi che hanno preferito non leggere i dati ambientali di quegli anni per dare spazio a veline e pubblicità pagate profumatamente. Pecunia non olet. Gli stessi che oggi, però, sempre in quelle tv e sui giornali dove si ospitavano gli untori di “malattie e morte” si stracciano le vesti per il danno sanitario non più riparabile, attaccando gli amici di un tempo ora nemici numero uno.
La morte a Taranto negli ultimi 20 anni non ha risparmiato nessuno, specie i bambini.
Ve la ricordate Nadia Toffa, la Iena che proprio a Taranto ha speso le sue ultime energie di vita per salvare da una morte certissima le giovani vite condannate a soffrire per un gioco economico e di potere? Cosa e chi è rimasto ancora in piedi per quella battaglia?
Nella giornata di mercoledì 26 febbraio a Taranto è stata organizzata una fiaccolata tra le vie del centro cittadino per ricordare le vittime dell’inquinamento industriale. Non è la prima in tal senso. Ma è una delle tante che hanno fatto emergere, ancora una volta, il dato più allarmante di tutta questa triste vicenda: la non presenza della cittadinanza che per l’ennesima volta ha preferito essere altrove. Una manifestazione ignorata non solo da ambientalisti tarantini “illustri” ma anche dalla politica locale, da quella regionale e nazionale. Presenti le solite facce non più, a dire il vero, con lo smalto di una volta.
Siamo bel lontani dalle marce per l’ambiente del 2008 e 2009 che portarono in piazza un totale di 20mila persone. Quello sì che era il momento giusto per dare una spallata a una economia assassina e alla sua classe politica e dirigente.
Invece no. Chi ha costruito le battaglie pro ambiante si è lasciato prendere dalla smania di essere il leader della lotta, la prima donna. I personalismi nel mondo dell’associazionismo ambientale hanno preso il posto dei veri motivi per i quali era giusto lottare.
Così quello che si era riuscito a mettere insieme faticosamente sotto il nome di Altamarea (il grande cartello che raccoglieva tutti i comitati a favore dell’ambiente) è stato disgregato proprio nel momento migliore: 26 luglio 2012 quando la magistratura aveva messo nero su bianco le malefatte di politica e imprenditoria.
Ogni singolo leader dei vari comitati cittadini ha rivendicato primo geniture in tutti i campi portando la disgregazione della lotta contro il mostro d’acciaio. Divide et impera.
Risultato? Quello che abbiamo visto qualche giorno fa durante la fiaccolata ultima per il borgo umbertino. L’assenza della città di Taranto. Quella città che per un po’ ha accarezzato il sogno di sbarazzarsi delle ciminiere di diossina ma che ha avuto subito un triste risveglio. Quella città che adesso non crede più a un destino diverso da quello fatto di morte e dolore.
Traditi da quel Movimento con la Stella dell’inquinamento, abbandonati da coloro che si professavano salvatori della patria solo per la smania di apparire e ottenere una forma consenso popolare.