Caso Cucchi, offese sul social al Vicebrigadiere Tedesco. Rigettate archiviazioni, si prosegue per l’identificazione.
A cura di Elena Ricci
Il 5 dicembre 2016 furono notificati i primi 33 avvisi di conclusione indagini preliminari nei confronti di altrettante persone. Si tratta delle prime informazioni di garanzia relative ad alcune delle oltre 1300 querele che il Vicebrigadiere brindisino Francesco Tedesco, ha presentato nei confronti di utenti e giornali online, che impropriamente avrebbero utilizzato una sua fotografia diffusa nel gennaio dello stesso anno da Ilaria Cucchi sulla sua pagina “personaggio pubblico”. In relazione alla condotta della Cucchi è stata sporta querela per il reato di diffamazione.
Il Vicebrigadiere Tedesco è uno dei cinque militari indagati nell’inchiesta Cucchi bis e, dopo la divulgazione della sua foto in costume da bagno, vittima di numerosissime minacce e ingiurie di ogni tipo, molto spesso rivolte anche ai suoi famigliari.
Non solo singoli utenti, ma anche testate e blog hanno ripreso quella fotografia.
Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Brindisi, dottoressa Paola Liaci, ha rigettato la richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero dottor Marco Dinapoli in merito alla querela sporta dal vicebrigadiere dei carabinieri Francesco Tedesco nei confronti degli autori, non identificati, degli articoli diffamatori apparsi su due periodici on line. In data 4 gennaio 2016 su questi due periodici on line veniva pubblicato un articolo gravemente diffamatorio, senza firma, con la foto di Tedesco precedentemente diffusa da Ilaria Cucchi. «La divulgazione della fotografia integra gli estremi dell’art. 167 comma 1 del d.lgs. n. 196/2003, cioè il reato di trattamento illecito dei dati sensibili personali che si configura nelle ipotesi in cui il trattamento dei dati sia realizzato in violazione di una delle disposizioni di cui agli artt. 18, 19, 23, 123, 126 e 130 del codice della privacy. Il contenuto degli articoli integra il reato di diffamazione di cui all’art. 595 comma 2 e 3 del codice penale». Si legge nel provvedimento. La Procura della Repubblica di Brindisi, in data 7 giugno 2016, ravvisando la diffamazione negli articoli pubblicati aveva disposto l’attivazione di “ogni iniziativa, tramite anche la polizia postale”, affinché venisse “rimossa la fotografia del querelante e gli articoli postati sulla bacheca pubblica” dei siti internet. Tuttavia, si legge sempre nella nota, la polizia postale relazionando che “l’Ufficio era sprovvisto di strumentazione tecnica” asseriva di essere “impossibilitata a procedere in tal senso”. Da qui la Procura, il 7 febbraio 2017, pur riconoscendo il fatto delittuoso, chiedeva al GIP di disporre l’archiviazione del procedimento.
Il Vicebrigadiere Tedesco si è opposto dunque all’archiviazione e con gli avvocati Eugenio Pini del Foro di Roma e Giacomo Massimo Ciullo del Foro di Brindisi, in data 11 maggio, si è tenuta la camera di consiglio nella quale il GIP dottoressa Liaci, ha rilevato “che nell’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione vengono indicate puntualmente le ulteriori indagini che consentirebbero quasi certamente di individuare l’autore dell’articolo diffamatorio”. Alla luce di ciò, ha quindi rigettato la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, disponendo la prosecuzione delle indagini.
«Grazie al provvedimento della dottoressa Liaci si risalirà con certezza all’identità dei responsabili della contestata diffamazione» dichiara l’avvocato Eugenio Pini, mentre l’avvocato Ciullo ha affermato: «È giunto il momento di arrestare una volta per tutte il linciaggio mediatico di carabinieri, poliziotti e finanzieri, giudicati a priori come sempre colpevoli».
Elena Ricci