Taranto – «Quando tuo figlio ha un tumore, il tempo si ferma, i giorni diventano sospesi»
Dal Settimanale PugliaPress
Se c’è un dolore grande, enorme, indefinibile per una madre, è quello di veder soffrire il proprio figlio e la paura di perderlo. Potrebbe sembrare pura retorica questa, ma la realtà ci mostra un aspetto alquanto raccapricciante: questo dolore e questa paura, in molte città, a Taranto soprattutto, sono davvero diffusi. E noi con una testimonianza raccolta, focalizziamo la nostra attenzione proprio sulla città di Taranto, dove secondo i recenti studi condotti dall’Istituto Superiore di Sanità (Studio Sentieri), i dati di mortalità infantile sono in costante aumento, così come l’incidenza di malattie neoplastiche in età pediatrica.
Non è facile spiegare ad un bambino che la causa del suo malessere si chiama cancro, e che il cancro molto spesso può essere l’anticamera della morte; così come non è facile spiegare ad un bambino di Taranto che questa è una realtà alla quale non si può essere indifferenti, che la malattia non risparmia nessuno, e che nulla di quanto accade agli altri può essergli completamente estraneo. Cosa ancora più triste, è spiegare ad un bambino che la città in cui è nato, la città che ama, lo ha condannato e non può aiutarlo.
Questo l’ha provato sulla propria pelle Leoluca, tarantino, oggi diciannovenne, prossimo alla maturità scolastica, e che nel 2012, a soli 14 anni, si è trovato a fare i conti con il cancro. Un ragazzino come tanti della sua età, che un giorno inizia ad avere strani dolori al polpaccio sinistro, dolori che giorno dopo giorno diventano sempre più insopportabili e spingono i suoi genitori ad approfondire. Questa è anche la storia di Maria Delia Picuno, mamma di Leoluca, una mamma coraggio. Maria Delia ci racconta che dopo una prima settimana di controlli presso l’ospedale di Taranto, i medici stessi consigliarono loro di rivolgersi fuori regione, poiché i sospetti portavano a pensare a qualcosa di serio. Così Maria Delia, suo marito e Leoluca si recano a Bologna, dove la diagnosi non tarda ad arrivare: Leoluca ha un sarcoma delle parti molli. Si tratta di un tumore raro, una bestia che non perdona, con incidenza dell’1%, ovvero colpisce una persona su 100.000 abitanti. Leoluca a soli 14 anni, è costretto a sottoporsi a 7 cicli di chemio, e dopo i primi tre, subisce un intervento chirurgico durante il quale gli viene asportato l’intero muscolo. Il rischio era quello dell’amputazione dell’arto, ma fortunatamente, come ci racconta Maria Delia, i primi 3 cicli di chemio, sortirono l’effetto sperato rimpicciolendo il tumore che in origine era di 14 centimetri.
Il sarcoma ha tra i suoi maggiori fattori di rischio, l’esposizione a diossine e PCB, roba che a Taranto sicuramente non manca. E qui, la rabbia di una madre nei confronti di una città in cui suo figlio si è ammalato, e in cui non è stato possibile aiutare lo stesso, poiché non vi sono strutture pediatriche oncologico – ortopediche. La famiglia di Leoluca, con enormi sacrifici economici, e lasciando altri due bambini all’epoca di 8 e 10 anni alla cura dei nonni e degli zii, ha dovuto continuamente viaggiare tra Taranto e Bologna, per salvare la vita di Leoluca. La sua fortunatamente, è una storia a lieto fine. La malattia sembra essere stata debellata, e i controlli che effettua periodicamente escludono il rischio di recidiva.
Maria Delia ci racconta che suo figlio ha vissuto il tutto sempre con il sorriso stampato in faccia. E’ tornato a casa dai suoi fratelli in sedia a rotelle dopo l’intervento e senza capelli a causa della chemio, ma ha affrontato tutto come un momento di passaggio, sicuro che tutto sarebbe passato. Proprio da questo spunto prendono il nome le memorie di mamma Maria Delia, raccolte in un libro intitolato “Diario dei giorni sospesi”.
«Giorni sospesi perché vivevo in una sospensione temporale, in un limbo. Nell’attesa che tutto passasse». Maria Delia ci racconta anche che è stato proprio suo figlio Leoluca ad insegnarle come vivere una situazione del genere: «tutte le mamme trovano il coraggio quando si tratta dei propri figli. Ma Leoluca oltre al coraggio, mi ha insegnato ad accettare dalla vita ogni piccolo dono e gesto della quotidianità. A prendere per buono ogni piccolo avvenimento, perché la vita è davvero effimera».
Prima della malattia di suo figlio, Maria Delia era quasi “anestetizzata”. «Conoscevo si, la situazione dell’Ilva, delle malattie, dell’inquinamento. Ma la vera consapevolezza si è accesa quando si è ammalato mio figlio. Ho iniziato ad odiare la fabbrica».
Maria Delia fa anche parte di un comitato di genitori che a Taranto si battono per la chiusura delle fonti inquinanti a tutela della salute e del diritto alla vita dei bambini. Con il comitato è stato chiesto al Governatore Emiliano di avere a Taranto un reparto onco-ematologico pediatrico. «Le istituzioni con noi tarantini sono sorde. E quando rispondono le risposte sono sempre le stesse. Noi a Taranto subiamo, e dobbiamo anche scontrarci con vizi di forma e burocratici. Emiliano ci ha risposto che non ci sono risorse».
La storia di Leoluca è una storia a lieto fine. Ma a Taranto ci sono tante altre storie che il lieto fine non l’hanno avuto, come Alessandro Rebuzzi, Lorenzo Zaratta, o la più recente, la piccola Sofia di soli 4 anni, giusto per citarne alcuni.
A Taranto la vita si baratta con l’acciaio, e non ci sono sconti per nessuno, che si tratti di adulti o bambini. E tutto questo avviene nella totale indifferenza e sordità di una politica al servizio di quello stesso acciaio.