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Chiamata la Taranto tedesca per l’inquinamento, oggi è la città più green

redazione by redazione
6 anni ago
in News Italia
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Chiamata la Taranto tedesca per l’inquinamento, oggi è la città più green
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La storia della città dei Krupp, vittima dell’inquinamento e del suo sottosuolo, e del suo problema con l’acqua. Finché qualcuno non l’ha trasformato in opportunità e ne ha fatto un esempio da imitare

Questa è una storia che inizia più o meno duecento anni fa. È il 1811, infatti, quando il signor Friedrich Krupp, patriarca della famiglia, decise di costruire un piccola fonderia di acciaio a Essen, la sua città natale. Allora, Essen non era che un piccolo centro minerario sulle rive della Ruhr, nel cuore dell’omonima regione tedesca. Quella piccola fonderia divenne grande con il figlio Alfred, noto come “Alfredo il Grande” per la magnanimità nei confronti dei suoi dipendenti, ma soprattutto come “Re Cannone”, in quanto fece fortuna vendendo per l’appunto cannoni d’acciaio agli eserciti della Russia, della Prussia e dell’Impero Ottomano.

Risultato? Nel giro di quarant’anni la Krupp passa da 5 addetti a 20mila. È il 1880 e non ancora successo nulla, o quasi. Perché le due guerre mondiali – sopratutto la seconda, con Hitler che fa della Krupp e di Essen il cuore del riarmo del Reich – e la ricostruzione del secondo dopo guerra rendono di fatto la Ruhr il cuore pulsante dell’industria pesante tedesca ed europea. Ed Essen, una città popolosa – la nona della Germania, con 570mila abitanti -, ricca e operosa, ma ahilei, inquinatissima.

Tragico simbolo di quel periodo, un fiume, l’Emscher. Oddio, a dire la verità, poco più di un torrente che attraversa la Ruhr e affluisce nel Reno. Un torrente, tuttavia, che passa in mezzo a un’area di 5 milioni di abitanti che non poteva avere, a causa delle miniere e di un terreno che assomigliava a una forma di emmental, un sistema fognario sotterraneo. Così, per circa 160 anni, gli abitanti della Ruhr hanno scaricato nel “torrente merda” – questo l’elegante soprannome che gli abitanti hanno tributato allo sfortunato corso d’acqua – tutto lo scaricabile.

Quella di Essen non è più la storia della Krupp, del “Re Cannone” e del “torrente merda”. Ma è la storia di una città che ha fatto dei suoi problemi – soprattutto: dei suoi problemi con l’acqua – una gigantesca opportunità.
Al problema Emscher se ne aggiunge un altro, per Essen, non certo secondario: che acqua bere? Già, perché oltre all’assenza di fogne, il sottosuolo della Ruhr impedisce anche l’uso delle falde acquifere sotterranee. Agli abitanti di Essen, quindi, tocca bersi l’acqua del fiume Ruhr, quello che da il nome alla regione, che viene iper-depurata e trattata per essere accettabile. Se siete di Milano: è come se a voi dessero da bere l’acqua del Lambro o del Seveso, tanto per dare l’idea.

Questo lo stato dell’arte, più o meno venticinque anni fa. Ora chiudete gli occhi e chiedetevi come possa essere possibile che Essen sia stata appena nominata Green European Capital per il 2017. Perché questa, in effetti, non è più la storia della Krupp, del “Re Cannone” e del “torrente merda”. Ma è la storia di una città che ha fatto dei suoi problemi – soprattutto: dei suoi problemi con l’acqua – una gigantesca opportunità.

La soluzione, come spesso accade, è la più semplice. A Essen piove parecchio, ma l’acqua piovana finisce o sottoterra o in fiumi-fogna. Inutilizzabile, quindi. È dà questa constatazione che nasce la nuova Essen. Dalla volontà di recuperare quanta più possibile acqua piovana.
Già. l’acqua. A Essen se ne consumano più o meno 34,2 milioni di metri cubi ogni anno. Che vuol dire, se vi va di giocare coi numeri, circa 34,2 miliardi di litri. 130 a testa, ogni giorno, per uso privato. Sono cifre più o meno simili a quelle di tutto il mondo occidentale, ma soddisfare quella domanda a Essen costa molto di più. A meno che non si guardi altrove. In alto, magari.

La soluzione, come spesso accade, è la più semplice. A Essen piove parecchio, ma l’acqua piovana finisce o sottoterra o in fiumi-fogna. Inutilizzabile, quindi. È dà questa constatazione che nasce la nuova Essen. Dalla volontà di recuperare quanta più possibile acqua piovana. L’amministrazione locale inizia quello che definisce il suo “progetto generazionale” e si mette a sventrare la città. E l’approccio, come lo definisce Simone Raskob, vice sindaca di Essen che è intervenuta lo scorso 13 ottobre in un convegno ospitato a Expo 2015 sul “water management” organizzato a Cascina Triulza da Cap Holding e Legambiente, è olistico: «Ogni cosa è collegata. Ogni pezzo è in funzione di una visione generale». E la visione è fare di Essen un’avanguardia verde.

Vengono creati numerosi bacini artificiali alimentati dalla sola acqua piovana che vi cade dentro o che vi cola dai tetti, o che arriva dalle strade circostanti, attraverso un’apposita canalizzazione. Attorno ad essi, nascono nuove realtà residenziali, parchi e quartieri universitari che fanno di quei bacini il loro punto di forza.

Quel che forse si ignora è il processo che porta l’acqua di quelle pozzanghere – perché belle o grandi o volute che siano, quello sono – a diventare potabile. Una serie di passaggi sotterranei che tra sabbie, carboni attivi e raggi Uv, producono acqua potabile. Acqua che viene immessa in circolazione con tariffe legate al consumo, per disincentivare lo spreco tra i cittadini.

Nel frattempo, la storia non si ferma. E mentre le acciaierie e le miniere chiudono, nasce anche il progetto di rendere l’Emscher un valore e non più una fogna a cielo aperto. A partire dagli anni ’90 inizia così un gigantesco piano di rinaturalizzazione del fiume, che fino ad allora era cementato e cintato con il filo spinato, per evitare che qualcuno, cadendoci dentro, morisse più o meno all’istante.

Ora che senza più miniere le fogne si possono fare, i comuni, il lander e il governo iniziano un piano faraonico da circa 4 miliardi di euro: una rete di tubazioni sotterranee – profonde sino a 40 metri sotto terra e lunga 51 chilometri da Dortmund alla foce del Reno di Dinslaken: la più moderna del mondo, assicurano – che passeranno sotto l’Emscher e i suoi affluenti e nella quale finirà tutto ciò che sino a ieri finiva nel fiume. Risultato? L’Emscher non solo torna a essere pulito, ma diventa un’attrazione, una via d’acqua da utilizzare a fini turistici e promozionali, un’infrastruttura blu per piste ciclopedonai, nuovi parchi lineari, nuovi quartieri verdi. Nuovo sviluppo, insomma.

Ecco, per l’appunto. Ora ripensate a Taranto e ai discorsi sul dilemma tra salute e sviluppo. O al Lambro pestilenziale. O al Seveso irregimentato che esonda a ogni precipitazione. O al mare d’acqua piovana che sprechiamo, ogni giorno, settimana, mese, anno, senza comprenderne il valore. Anche quando parliamo di acqua come bene pubblico. Che non vuol dire – non dovrebbe voler dire – «acqua gratis», bensì acqua come a Essen. Che è diverso. Molto.

Fonte Linkiesta.it

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Tags: ambientegreeninquinamentotaranto
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