Presidente Emiliano: “Se questo (paziente) è un uomo”
Questo signore in foto, nonché protagonista di questa amara storia, oggi compie 87 anni. Utilizzeremo per lui un nome di fantasia, per tutelare la sua privacy, almeno quella, visto che la sua dignità è stata fin troppo calpestata. “Dignità”. E’ su questa parola che dovremmo riflettere tutti. Che cosa è la dignità? A parole – belle parole – è un concetto morale strettamente collegato all’uomo in quanto persona. E una persona in quanto tale, va rispettata. E’ un assioma la dignità. Ma che fine fa questa, quando una persona si ammala? Dove vanno a finire i principi morali? Dove va a finire l’essenza stessa di una persona, la persona appunto. Sembrerà “strano” per una volta, ma questa domanda non vogliamo porla ai medici. No. Vogliamo porla ai signori politici. In questo caso, vogliamo porla al nostro assessore regionale alla sanità, già presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Vogliamo porla a lui, non strumentalizzando la questione a fini politici. Il signor Emiliano è prima un uomo, dopo un politico. E considerato che, prima della carriera politica, ha percorso una carriera alla ricerca della verità, impegnato in Magistratura, ci chiediamo e gli chiediamo, se quel senso di giustizia che lo ha caratterizzato esista ancora, ora che il Magistrato è divenuto politico.
Il signore in foto, Sandro (nome di fantasia), della provincia di Taranto, oggi ha compiuto 87 anni, ma non lo sa. O meglio, non lo ricorda. E oggi più che mai, non può ricordarlo, poiché dopo una notte di estrema agitazione in ospedale, a causa della quale è stato spostato in una stanza da solo (perché le sue lamentele e la sua irrequietezza disturbano gli altri pazienti, e non solo) in un letto con le sbarre e con le fasce di contenzione, è stato sedato. La sedazione lo ha portato in sonno profondo, motivo per il quale oggi all’arrivo dei famigliari in reparto, non ha potuto pranzare o bere; quest’ultima cosa molto importante, in quanto trattasi di un paziente soggetto a frequenti stati di disidratazione. Sandro ha 87 anni ed è vedovo da 13. Ha un solo figlio, sposato e con figli. Dalla morte di sua moglie, Sandro è sempre stato con suo figlio e la sua famiglia, che non lo ha mai abbandonato. Poi improvvisamente le prime strane avvisaglie di una delle malattie forse peggiori del secolo: l’Alzheimer o demenza senile. Sandro inizia a “trasformarsi”. Non riesce ad aprire più la porta di casa, non riesce a vestirsi. Mangia come se non avesse mai mangiato seduto ad una tavola, diventa incontinente. La famiglia, apprese queste condizioni, e consultato uno specialista, inizia a trattenerlo in casa. Una casa che si trasforma, una intera famiglia che si trasforma. Telecamere di videosorveglianza installate nelle stanze per tenerlo d’occhio. Porte chiuse a chiave per evitare fughe e cadute. Un figlio che improvvisamente diventa “padre di suo padre”. L’umiliazione sul volto di un padre e un nonno nel dover nascondere di aver fatto pipì sul pavimento, in una casa in cui l’unico uomo è suo figlio. Una lunga odissea quella di Sandro e la sua famiglia, che trova un primo barlume di speranza nella possibilità di ricovero presso una RSA, una struttura residenziale, convenzionata con la Regione Puglia, che permette (mediante pagamento di una parte a carico della famiglia pari a 907 euro circa mensili) al paziente di vivere in un ambiente idoneo alla sua patologia, con tutta l’assistenza del caso. La famiglia procede in tal senso, producendo tutta la documentazione necessaria e ottenendo l’autorizzazione al ricovero da parte dell’U.V.M. (Unità di valutazione multidimensionale). La situazione precipita la notte tra il 26 e il 27 dicembre. Sandro, ha un malore, per il quale interviene il 118 che lo trasporta presso l’ospedale “Moscati” dove viene ricoverato in geriatria. Lì, i medici, appresa la condizione del paziente, chiedono alla famiglia l’autorizzazione per utilizzare le fasce di contenimento, ed evitare così che il paziente si faccia del male sfilandosi aghi, o peggio, cadere dal letto. La famiglia, seppur titubante, compreso che il provvedimento è nel bene del paziente, acconsente verbalmente. La famiglia si reca in ospedale due volte al giorno per somministrare i pasti al paziente, “slegandolo” in loro presenza. L’ospedale ha più volte annunciato di voler dimettere Sandro, dimissione alla quale i famigliari si sono opposti in quanto trattasi di un paziente che non può essere accudito in casa. Come si può gestire in casa un paziente che in ospedale necessita di contenzione? La speranza è nello scorrere della lista d’attesa in RSA, più volte contattata sia dalla struttura ospedaliera che dalla famiglia. Sandro non riconosce più nessuno. Non è più lui. E’ un corpo scarno, che giace in un letto, con le braccia legate alle sbarre del detto. Le sue urla, i suoi continui richiami a qualsiasi ora del giorno e della notte, sono frutto di una maledetta malattia, che trasforma l’uomo e fa perdere lui la dignità, quella strana parola di cui parlavamo all’inizio. E che una malattia porti via la dignità ad una persona, non esime gli altri dal rispettarla comunque. Parliamo di un uomo che per una vita ha lavorato e ha pagato onestamente le tasse. Un uomo che tutto ciò che ha fatto nella vita, lo ha costruito con le proprie forze. Un uomo per cui la quinta elementare era tutto, e che ha spinto affinché figlio e nipoti dalla vita avessero di più, sulle orme del suo trascorso. Un uomo che c’è stato sempre. Quell’uomo oggi non c’è più ma esiste ancora, ed è nelle condizioni che vi illustriamo in queste foto. L’ospedale non è una struttura idonea a lui, ma dalla quale non può essere dimesso prima di un ricovero in RSA. Quello che vogliamo portare all’attenzione, quello che vogliamo denunciare, e quello che vogliamo chiedere ai nostri politici: è giusto, dignitoso, umano vivere così? Sandro non capirà pur nulla, ma è normale per la sua famiglia vederlo seminudo in un letto, bloccato, con il panno che si è appena strappato via, perché non si rende conto di quello che fa? In un ospedale poi, in cui, nonostante l’impegno di medici ed infermieri, non ci si può concentrare su di un solo paziente, perché tutti hanno una priorità, e le emergenze sono tantissime, ogni giorno. Quale sussidio, cosa fa la Regione Puglia per un malato e la sua famiglia? Per non parlare poi dell’invalidità civile, per la quale due volte non è stato ammesso il sussidio economico. E adesso, dopo aver presentato la documentazione per la terza volta, il 13 novembre, ancora non si è riunita la commissione. E in fin dei conti, se ci pensiamo, questa famiglia non sta chiedendo nulla, se non un minimo di dignità per Sandro, che per essere ospitato in RSA dovrà pur pagare la sua parte, un 30% pari a 907, mentre il restante 70% (per convenzione) dovrebbe pagarlo la Regione. Dunque un malato costerebbe intorno le 3mila o 4 mila euro. Ma non scendiamo nei tecnicismi, perché non è questo che ci interessa. Noi raccontiamo di Sandro, e vorremmo che l’appello della sua famiglia arrivasse alla politica regionale. E ad onor del vero, bisogna dire che l’unico consigliere regionale, in commissione sanità, a fare visita a Sandro e ad ascoltare l’amarezza della sua famiglia, è stato Marco Galante.
Sandro necessita di quel posto in RSA, perché in casa non si può legare una persona. Perché una persona non si può legare e basta. Perché siamo persone e non bestie per un motivo. Perché non si può essere umiliati sentendosi dire che un paziente va legato, o isolato in una stanza perché disturba. Perché non si può restare seminudi davanti a chiunque. Non si può avere un orario per i bisogni fisiologici. Perché come in vita, anche per morire serve dignità. Perché i veri malati sono coloro che stanno intorno a queste persone. Perché nella vita tutti – e sottolineiamo tutti – passeremo dall’imboccare ad essere imboccati. E infine, come diceva Papa Giovanni XXIII, cari politici, “Nulla di quello che accade all’uomo deve risultarci estraneo”.
Elena Ricci