Lo Sprar di Martina Franca e quattro storie di immigrati
Non solo solidarietà ma bisogna creare per i nostri immigrati una vera opportunità per rinascere
Quattro storie ricominciano da Martina Franca e più precisamente dallo Sprar (Servizio Centrale del Sistema di Protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Parliamo di Atsham, Zahid, Moubashir, Douda, quattro rifugiati politici.
Il centro di accoglienza di Martina è una struttura che nasce a marzo di quest’anno, grazie al progetto “La mia nuova città” e all’associazione Salam. Questa struttura raccoglie storie, uomini, emozioni. Atsham e Zahid provengono dal Kashmir –regione tra India e Pakistan- dove si sta svolgendo una guerra manovrata da interessi commerciali per diamanti e oro. Dal 1947 i kashmiri sono costretti a vivere separati. A dividerli c’è un muro, una nuova Berlino. Intere famiglie sono costrette a vivere distanti l’una dall’altra. Una popolazione obbligata a restare separata. Solo in alcuni punti e pochissime volte il confine viene aperto come in occasione di un matrimonio: gli invitati degli sposi si incontrano laddove il territorio è diviso da un fiume. I festeggiamenti tra le due parti si soffocano in sguardi. Il cibo o i regali invece vengono passati da una parte all’altra della sponda del fiume, grazie a una corda.
Tutto intorno nient’altro che militari, indiani e pachistani.
Situazioni non poco felici raccontano anche Moubashir nato nel Mali –a nord Africa tra Pakistan e Niger- e Douda dall’ Afghanistan.
Lo Sprar gli ha offerto una seconda opportunità. Li ha aiutati ma non solamente per un primo soccorso. Obiettivo primo della struttura, infatti, non è quello di avere un atteggiamento assistenzialistico e caritatevole ma, far uscire dalla dimensione di dipendenza e subordinazione l’immigrato. L’organizzazione di Martina Franca ha affittato appartamenti dislocati nel centro storico e destinati ai richiedenti asilo. Di questo progetto hanno beneficiato economicamente anche i martinesi stessi. Tutti coloro che sono stati ospitati dallo Sprar hanno seguito corsi di alfabetizzazione e tre di loro hanno usufruito di borse lavoro del Ministero dell’Interno.
Oggi Atsham e Zahid, Moubashir lavorano per cinque ore al giorno in una lavanderia alle porte di Taranto, nel quartiere Paolo VI.
Douda, invece, è stato inserito in un progetto di valorizzazione della città vecchia di Taranto “Quell’angolo di mondo”. Il progetto approvato col bando regionale “Piccoli sussidi” vuole realizzare un percorso turistico in lingua araba, russa e turca per il centro storico di Taranto. In aggiunta creare un’applicazione per smartphone e tablet in grado di localizzare e conoscere il patrimonio culturale del borgo antico. Oltre alla collaborazione con Douda, questo lavoro vedrà impegnati altri rifugiati che metteranno a disposizione le loro competenze linguistiche. Una maniera intelligente per accogliere integrando i nostri immigrati e valorizzare il territorio.
Claudia Alò