CalcioEvidenza TarantoSportSport Taranto

Massimo Pizzulli, dal piedistallo al ridicolo

Martina Calcio Pizzulli da idolo a bersaglio: la parabola grottesca di un ex che doveva diventare leggenda e invece rasenta il ridicolo.

Il crollo del rapporto tra Pizzulli e la piazza a bersaglio dei tifosi. Oggi riecheggia quesrta frase nella testa di chi lo salutava a una standing ovation e ora lo considera un traditore. Nel calcio come nella vita, esistono modi e modi di chiudere un rapporto. E il caso del Martina Calcio, Pizzulli da idolo a bersaglio lo dimostra in modo esemplare. Si può chiudere una storia con dignità, con discrezione, con rispetto. Oppure si può fare come ha fatto lui: Massimo Pizzulli. Ex allenatore del Martina, ex bandiera, ex simbolo, ex tutto. Oggi resta solo un nome che si sussurra con disprezzo e ironia tra chi a quella maglia ci ha creduto davvero.

Pizzulli un addio consumato tra tradimento e rabbia

Era partito bene. Un’uscita di scena dolceamara, un arrivederci quasi elegante. C’era chi diceva: “Ha bisogno di altri stimoli, di nuove sfide”. Nessuno si scandalizzava. Si lasciava con un mezzo applauso. Ma poi. Poi è iniziato il teatrino. Un teatrino da avanspettacolo. Un circo. E l’attore protagonista era lui, il Mister. Quello che anziché uscire di scena con stile, si è presentato col megafono, ha scavalcato la recinzione ed è tornato a lanciare sassi nella vetrina che fino a ieri lo ha protetto.

Ha firmato con un’altra squadra – va bene, succede – ma lo ha fatto con entusiasmo da nuovo innamorato, sbandierandolo pubblicamente mentre era ancora sotto contratto con il Martina fino al 30 giugno (??). Poco male, direbbe qualcuno. Ma il peggio doveva ancora arrivare: Pizzulli non si è limitato a cambiare panchina.

Ha iniziato a bussare alle porte dei giocatori del Martina, sotto contratto, cercando di portarli con sé a Barletta. In privato. In silenzio. Di nascosto. Un’operazione stile “vorrei ma non posso”, tipica di chi non ha la forza di costruire, ma solo l’istinto di portarsi via quel poco che non gli appartiene più. Ma in parole povere chiamiamola “scorrettezza”

L’ Ex allenatore del Martina Calcio, quando l’ambizione porta alla scorrettezza

E il Barletta? Ma certo. Lì c’è sempre posto per uno che sa vendere illusioni. Magari Pizzulli si è giocato proprio questo jolly per strappare la firma: “Vi porto i miei uomini migliori”. Solo che gli uomini non sono suoi, ma sotto contratto con la società. E soprattutto sono uomini veri, da questa storia, non ne escono.

Morto un papa se ne fa un altro. E forse stavolta ne arriva uno vero. Perché l’anima del Martina non è mai stata in panchina. L’anima del Martina ha un nome e un cognome: Piero Lacarbonara. Presidente insieme a Luciano Soldano, ma anche oramai diventato direttore sportivo, talent scout, manager, front man, ma soprattutto tifoso numero uno da sempre. Uno che ha costruito una squadra con le unghie e con i denti.

Con i conti in ordine e le idee chiare. Uno che ha messo su un progetto invidiato da mezza Serie D, con squadre che spendono come se fossero in Serie B ma che a fine anno guardano il Martina dal basso in alto, con conti economici da fallimento, a differenza del Martina che si mantiene in equilibrio.

Lacarbonara e Soldano: la vera anima dirigenziale del Martina Calcio

Lacarbonara e Soldano non hanno mai sbagliato un colpo. Hanno pescato giocatori sconosciuti, li hanno messi in maglia biancoazzurra, li ha fatti esplodere. E spesso hanno dovuto convincere Pizzulli, che di quegli stessi giocatori non si fidava. Eppure alla fine i fatti hanno dato ragione a uno solo: al presidente.

Il campo ha parlato. E i risultati, quelli veri, li ha garantiti sempre lui. Pizzulli ha solo avuto il compito di non rovinare tutto. E a quanto pare, già nell’a seconda’ultima parte della stagione, era troppo occupato a scrivere il curriculum da inviare a Foggia e a Barletta per pensare al campo.

Giuseppe Laterza, l’uomo giusto per voltare pagina

Ora però si apre una nuova pagina. E quella pagina si chiama Giuseppe Laterza. Allenatore vero, ma prima ancora uomo vero. Uno che non ha bisogno di inseguire i riflettori, ma che i riflettori li accende con il lavoro quotidiano. Curriculum? Parlano i numeri. Promozione storica col Taranto in Serie C. Stagioni importanti, gioco riconoscibile, gestione seria, rapporti umani solidi. Ma la cosa più importante: nessuna ombra. Nessuna macchia. Nessun teatrino.

Laterza non arriva con la spocchia dell’illuminato. Arriva con la testa bassa e la dignità alta. Quella che serve in un posto come Martina. Dove si lavora, non si fa scena. Dove la gente capisce e non dimentica. Dove un allenatore non deve solo disegnare moduli, ma interpretare il sentimento della piazza. E tutto fa pensare che stavolta sarà proprio così.

E pensare che poteva entrare nella storia. Massimo Pizzulli, quello che per mesi era stato acclamato, difeso, sostenuto anche nei momenti bui. Bastava poco: salutare, stringere la mano, lasciare un buon ricordo. E invece ha scelto la strada più scivolosa. Quella che ti fa scendere in fretta dalla statua per finire dritto nella polvere. O peggio: nell’indifferenza.

Perché c’è una cosa peggiore del disprezzo: essere dimenticati. E Pizzulli, che fino a ieri era sui muri del tifo, oggi rischia di essere relegato al reparto degli errori di valutazione. Un ex che avrebbe potuto essere leggenda, e che invece ha preferito il ruolo triste del personaggio discutibile. Uno che pensavamo uomo e che si è rivelato altro. Come si dice a Napoli: un omminicchio. Uno che poteva scrivere il proprio nome con l’inchiostro della riconoscenza, e invece lo ha inciso con il gesso della scorrettezza.

Il Martina Calcio non perdona: il tradimento di Pizzulli resta una ferita aperta

La tifoseria del Martina non è ingenua. Non perdona facilmente chi tradisce. L’ha fatto con rispetto, all’inizio. Ma poi, di fronte all’evidenza, ha girato la faccia. Dall’amore all’odio, il passo è breve quando al centro c’è la delusione. Quella vera. Quella che ti lacera il senso di appartenenza. Quella che ti fa riscrivere mentalmente tutti i cori, tutte le pacche sulla spalla, tutti i “mister, siamo con te” sussurrati dietro una rete o urlati da una curva.

A differenza di altri allenatori che hanno scritto pagine importanti a Martina – da Catalano a Laudisa, da Di Gregorio a Boccolini, da Pelagalli a Carrano e a molti altri – Pizzulli non lascia nulla. Nemmeno un ricordo su cui si possa costruire affetto. Il suo passaggio, oggi, è materia da rimozione. Un’occasione persa. Una parabola finita male.

Quella del Martina non è mai stata una piazza da fuochi d’artificio. È una piazza da fatica, da sudore, da sud. Una piazza che ha imparato a stare in piedi con le proprie gambe, anche quando tutto attorno crollava. E mentre altrove si celebrano progetti costruiti a tavolino e falliti in bilancio, qui si costruisce una società seria con quello che si ha. Senza padrini, senza miracoli. Con bilanci in ordine e teste basse. E soprattutto con l’orgoglio di chi non mendica nulla.

Piero Lacarbonara e Luciano Soldano, guida solida del Martina Calcio in tempi di scorrettezze

Piero Lacarbonara è il simbolo di questa resistenza. Insieme a Luciano Soldano spesso all’estero per lavoro, è stato uno che non ha mai cercato copertine, ma che ha imparato a far firmare contratti a parametro zero e a farli diventare talento. Uno che ha costruito un’identità precisa, riconoscibile, che ha trasformato Martina in un modello di sostenibilità e dignità.

Anche grazie alla collaborazione solida e costante con un altro nome da non dimenticare: Soldano, co-presidente silenzioso ma presente nonostante la distanza per motivi di lavoro, che non ha mai fatto mancare il suo sostegno alla causa biancoazzurra.

Il Martina non ha mai avuto bisogno di milioni per contare qualcosa. Eppure ci è andato vicino al ritorno tra i professionisti. Più di una volta. Lo ha fatto con dignità, anche senza l’aiuto di quegli imprenditori che nel passato hanno firmato il fallimento del vecchio Martina. Quella società che arrivò in Serie C e poi si sbriciolò miseramente.

Martina Franca Pizzulli da idolo a bersaglio

Oggi no. Oggi il nome Martina è sinonimo di credibilità. Di coerenza. Di equilibrio. Ed è proprio per questo che certi atteggiamenti, certi retroscena del Martina Calcio Pizzulli story, certi tradimenti non possono passare sotto silenzio. La delusione verso Pizzulli non è solo tecnica. È morale. Perché chi tradisce una volta, tradisce sempre.

E chi oggi si accompagna a lui – società, dirigenti, calciatori – sappia che si è legato a un marchio indelebile. Quello del “ti porto con me” detto alle spalle, al telefono, nel silenzio di una dignità che non c’era più.

E se c’è una lezione che arriva anche da fuori, è quella che viene da Taranto. Una piazza storica, passionale, traboccante d’amore per il calcio. Una tifoseria vera, quella tarantina, che però ha dovuto assistere – ancora una volta – alla dissoluzione di un progetto. Taranto è uscita di scena. Fallimento tecnico, ma soprattutto gestionale. Una società che aveva tutto per restare ed invece ha sbagliato tutto, a partire dalla stanza dei bottoni.

La tifoseria biancoazzurra e il peso della delusione

E chi conosce il calcio, quello vero, quello delle curve, degli spalti e dei chilometri macinati in trasferta, sa bene che i tifosi di Taranto – quelli veri – hanno sempre guardato con rispetto e ammirazione il lavoro fatto a Martina. In silenzio. Con coerenza. Senza proclami. Mentre altrove ci si schiantava contro le ambizioni mal gestite, qui si costruiva una società stabile, credibile, reale.

È questo che fa male quando qualcuno calpesta quel modello. Quando qualcuno, invece di onorarlo, lo usa come merce di scambio. Pizzulli non ha solo lasciato Martina. Ha sputato su una storia. Ha rivelato il volto di chi non regge il peso dell’essere. Di chi preferisce l’apparenza al rispetto. Peccato. Aveva la possibilità di diventare un pezzo importante di questa storia. Invece ne sarà solo una nota a margine. Nemmeno troppo interessante.

Il Martina Calcio Pizzulli, calcio passa. Le stagioni vanno. Le panchine cambiano. Ma le società vere restano. E il Martina resta. Perché ha uomini veri. Perché ha una dirigenza che lavora, una tifoseria che ama, e da oggi – forse – anche un allenatore che prima di essere mister è uomo.

Chi ha tradito, resterà solo. Chi ha costruito, verrà ricordato.

E chi oggi guarda Martina da fuori, può solo riconoscere una cosa: qui si fa calcio vero. Senza compromessi, senza sotterfugi, senza maschere.

E questo basta.

Redazione Pugliapress

PugliaPress Quotidiano cartaceo e online dal 7 dicembre del 2000 redazione@pugliapress.it direttore@pugliapress.it

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Pulsante per tornare all'inizio