“La Capitanata svenduta alle multinazionali delle rinnovabili”: protesta davanti alla Provincia di Foggia

Lo scempio ambientale perpetrato in Provincia di Foggia dalle società impegnate nel settore delle energie rinnovabili ha portato associazioni ambientaliste e comitati di cittadini a mobilitarsi per creare un fronte di protesta, sfociato in un presidio tenutosi in settimana davanti all’ente provinciale, accusato dai manifestanti di non stare affatto tutelando il paesaggio naturale.
Questo comune fronte di protesta, denominato “Mo avast”, cita una ad una le ultime cessioni di territori di pregio della Daunia rispetto alle pretese delle aziende delle rinnovabili: “La Provincia di Foggia – sostengono i rappresentanti – sta approvando mega impianti che spazzeranno via pure i contesti della Torre di Tertiveri, di Castelpagano, del castello di Lucera e perfino di Castelfiorentino, simbolo della medievalità, dove morì Federico II. Fino a ieri tutelati da fasce di 10 km , oggi aggrediti dalle istanze spregiudicate delle società”.
Una speculazione che ha finora portato al sacrificio di una porzione considerevole della bellezza naturale del paesaggio del Tavoliere, per tantissimo tempo il più grande granaio d’Italia (e anche su questo, si potrebbe osservare come l’agricoltura casalinga sia stata per nulla tutelata dalle politiche comunitarie) per lasciare spazio a “quasi 1700 grattacieli eolici, qualche migliaio di ettari di fotovoltaico e pesanti opere accessorie, sia in esercizio oltre che autorizzati e in attesa di realizzazione”.
Nato in Puglia già durante i governi guidati da Nichi Vendola, il settore delle energie rinnovabili ha conosciuto una momentanea stagnazione a seguito dei paletti, assai tardivi, che Regione e Province hanno messo nel momento in cui si sono accorti come fosse stato perpetrato un vero e proprio stupro del territorio, facilitato anche dalla prospettiva dei guadagni veloci che i proprietari dei terreni agricoli avevano visto concretizzarsi a fronte di un ambito produttivo che iniziava a patire i morsi della concorrenza sleale dei Paesi dell’area mediterranea.
Quindi si è ad esempio vietato che i campi di pannelli fotovoltaici potessero sorgere lungo le strade provinciali, o che si agisse con l’ottica del frazionamento dei campi per aggirare i divieti di produzione di energia e quindi di consumo del suolo.
Tuttavia, a seguito dell’ondata “ambientalista” degli ultimi anni, spinta da un’aggressiva campagna mediatica basata sui rischi legati al “cambiamento climatico” (pensiamo solamente al movimento dei “Fridays for future o agli imbrattatori dei monumenti artistici come segno di protesta verso l’insensibilità dei governanti nei confronti della questione climatica) per non parlare delle conseguenze della crisi russo-ucraina, le politiche legate alle energie rinnovabili sono prepotentemente tornate al centro del dibattito pubblico.
Progetti colossali, legati all’eolico in mare, o all’agrivoltaico, che vorrebbe mitigare il consumo del suolo, vedono la Puglia come una delle regioni che dovrebbero maggiormente coprire il fabbisogno energetico nazionale derivante dalle rinnovabili. La Giunta Emiliano ha proposto un piano che vorrebbe al tempo stesso fornire della Puglia l’immagine di una Eldorado delle rinnovabili ma anche tutelare i luoghi paesaggisticamente di pregio. Tale piano si è al momento arenato, come buona parte dell’azione di Governo, ma i nuovi progetti, soprattutto i parchi eolici, hanno ripreso vigore dal Gargano al Salento.
Nessuna forza politica sembra avere intenzione di regolare severamente l’utilizzo di questa fonte di energia alle aree industriali o urbane, mentre gli stupri arrecati al territorio in passato sono sotto gli occhi di tutti e nuovi se ne prospettano. Alla faccia della tutela dell’ambiente.