Michele Punzi: “Il Festival della Valle d’Itria è un miracolo laico”
Eredità culturale e innovazione: Michele Punzi alla guida della Fondazione Paolo Grassi
A Martina Franca, nel cuore pulsante della Puglia, il Festival della Valle d’Itria celebra quest’anno il suo cinquantesimo anniversario.
Questo evento non è solo un appuntamento imprescindibile per gli amanti della musica classica e dell’opera, ma rappresenta anche un fenomeno culturale che ha saputo rinnovarsi e adattarsi alle sfide del tempo.
Guidato dal presidente della Fondazione Paolo Grassi, l’avvocato Michele Punzi, che ha raccolto due anni fa l’eredità del compianto Franco Punzi e di altri illustri predecessori come Alessandro Caroli e Paolo Grassi, il festival si conferma come un evento di portata internazionale.
In un’intervista nella redazione di Puglia Press, l’avvocato Michele Punzi condivide con Puglia Press riflessioni sul festival, discutendo le sfide, le innovazioni e la significativa eredità lasciata dal suo predecessore.
Presidente Punzi, il cinquantesimo anniversario del Festival della Valle d’Itria è iniziato già dal momento in cui avete iniziato ad organizzarlo. Ora si apre il sipario. Come descriverebbe l’impatto di questo evento sul territorio e sul panorama culturale internazionale?
Quest’anno segna non solo un traguardo storico per il festival, ma anche un momento di grande riflessione e progettazione futura. Il festival è cresciuto enormemente, da un piccolo evento locale a un fenomeno di rilevanza internazionale.
È diventato un simbolo di come la cultura possa essere un motore di sviluppo economico e sociale. Grazie alle radici profondamente radicate che mio zio Franco e i suoi predecessori hanno piantato, oggi il festival cammina da solo, con una solida reputazione e un’identità ben definita.
Quest’anno il festival sembra avere un significato particolare, con molte attività collaterali e un’enfasi sul coinvolgimento della comunità. Potrebbe aggiungere qualcosa a questo aspetto?
Assolutamente, il festival non è solo spettacoli e concerti, è un evento che vive attraverso e per la comunità. Prima dell’inizio ufficiale abbiamo organizzato numerosi eventi collaterali che hanno riscaldato l’atmosfera e aumentato l’entusiasmo.
Questo include incontri culturali, workshop e piccoli concerti che coinvolgono direttamente i cittadini e i commercianti locali.
Ad esempio, lo scorso anno abbiamo lanciato il format “InOrbita”, con il quale portiamo un’opera, ridotta per essere fruibile anche per i bambini, in quartieri periferici e contrade. È un progetto di carattere sociale, con il quale intendiamo diffondere la cultura musicale.
Quest’anno sentiamo particolarmente l’affetto e il supporto della città di Martina Franca, il che dimostra quanto il festival sia radicato nel tessuto sociale e quanto sia valorizzato da tutti i componenti della comunità.
A un anno dal suo insediamento, quali sono state le principali sfide e come ha lavorato per superarle?
Le sfide sono state molteplici, specialmente nel mantenere alta la qualità dell’offerta culturale mentre si ampliava il target di riferimento.
La pandemia ci ha messi alla prova, obbligandoci a ripensare modelli organizzativi e logistici. Abbiamo introdotto la trasmissione in streaming degli spettacoli, ampliando la nostra portata a un pubblico globale.
Inoltre, abbiamo lavorato per rendere il festival più sostenibile e accessibile, introducendo politiche eco-compatibili e programmi per attrarre un pubblico più giovane.
Come vede il futuro del festival nei prossimi anni?
Il futuro del festival è brillante. Continueremo a onorare la nostra ricca storia mentre esploriamo nuove opportunità artistiche. L’obiettivo è espandere ulteriormente il nostro impatto culturale, attirando artisti e spettatori da tutto il mondo.
Desideriamo anche continuare a essere un punto di incontro tra diverse culture musicali e artistiche, fungendo da ponte tra il passato glorioso e un futuro innovativo e dinamico.
Lei ha parlato dell’importanza di coinvolgere nuove generazioni e di rinnovare l’offerta culturale. Potrebbe dettagliare come il festival sta attuando queste strategie?
Sì, il rinnovamento e il coinvolgimento giovanile sono pilastri centrali della nostra visione. Negli ultimi anni abbiamo notato un cambiamento significativo nel profilo del nostro pubblico.
Sempre più giovani si avvicinano all’opera e alla musica classica, spinti da una curiosità e da un interesse crescente verso forme d’arte che un tempo sembravano riservate esclusivamente a un pubblico più maturo.
Abbiamo risposto a questo cambiamento introducendo nel nostro programma opere e performance che possano attrarre e essere accessibili ai giovani.
Ad esempio, abbiamo lanciato iniziative come “Opera Pocket”, che porta la musica fuori dai tradizionali luoghi di esibizione e la diffonde nei quartieri e nelle periferie, rendendo l’opera un’esperienza più diretta e immediata per un pubblico più vasto.
E per quanto riguarda il coinvolgimento internazionale? Come si posiziona il festival nel contesto culturale globale, specialmente con eventi come il G7 che hanno messo in luce la Puglia?
Il contesto internazionale è fondamentale. Il G7 e altri eventi di grande rilievo hanno sicuramente aumentato la visibilità della Puglia, e di conseguenza del nostro festival.
Quest’anno abbiamo visto un incremento notevole di visitatori stranieri, provenienti soprattutto da Francia, Germania e Paesi Bassi, ma anche da oltre oceano.
Il nostro festival non solo offre un’esperienza culturale di alto livello, ma si inserisce in un contesto più ampio di promozione del territorio.
La sinergia tra cultura e turismo di qualità è un aspetto che stiamo curando con particolare attenzione, per garantire che il festival sia non solo un evento da visitare ma un’esperienza da vivere a 360 gradi.
In che modo pensa che le arti possano contribuire al dialogo culturale e sociale in questo momento storico?
Le arti hanno sempre avuto il potere di unire le persone, superando barriere linguistiche e culturali. In un periodo in cui il mondo sembra sempre più diviso, credo che eventi come il nostro festival possano giocare un ruolo cruciale nel promuovere l’unità e la comprensione reciproca.
Attraverso la musica e l’opera, possiamo esplorare temi universali che risuonano con pubblici di tutte le età e provenienze.
Ecco perché continuiamo a espandere la nostra offerta, includendo opere che trattano questioni sociali contemporanee, dialogando con la realtà attuale e spingendo il pubblico a riflettere e a connettersi a livelli più profondi.
Qual è la sua visione personale per il futuro del Festival della Valle d’Itria?
La mia visione per il futuro del festival è audace e dinamica. Voglio che il Festival della Valle d’Itria non sia solo noto per la sua eccellenza nella lirica e nella musica classica, ma che diventi un Hub culturale per tutta Europa e, in particolare, per l’area del Mediterraneo, un luogo dove artisti, studiosi e amanti della cultura da tutto il mondo possano incontrarsi, scambiare idee e ispirarsi a vicenda.
Inoltre, stiamo pianificando di estendere il nostro impatto sociale, con progetti che coinvolgano direttamente le comunità locali in attività culturali e formative.
La mia speranza è che il festival continui a essere un faro di cultura e bellezza, che illumina non solo la Valle d’Itria ma l’intero panorama culturale globale.
Michele Punzi non solo articola una visione chiara per il futuro del Festival della Valle d’Itria, ma conferma anche il suo impegno a mantenere viva l’eredità di innovazione e qualità che ha caratterizzato il festival sin dalla sua fondazione.
Attraverso la sua guida, il festival promette di continuare a essere un punto di riferimento culturale, portando la tradizione dell’opera e della musica classica in una nuova era.