L’avvocato dannato e biasimato per aver accettato l’incarico difensivo.

L’avvocato dannato e biasimato per aver accettato l’incarico difensivo In Italia l’organizzazione della professione forense è affidata a una legge o codice di recente modifica. Questo codice, denominato deontologico, raccoglie alcune regole fondamentali che, da sempre seguite nel foro, altro non sono che aspetti di probità ed educazione.
I problemi però e i dilemmi della professione non sono concretamente affrontati né trovano sufficienti e chiare argomentazioni etico-normative. Ci si limita ad asserire che la “professione forense deve essere esercitata con probità ed equità“.
Il principio della difesa di imputati anche colpevoli di gravi delitti è sacro e doveroso. E’ giusto perciò chiedersi: questo dovere obbliga l’avvocato finanche a chiedere la piena libertà di individui che egli sa bene essere colpevoli e pericolosi per la comunità? Il buon senso dice di no. Ma, in proposito, cosa possiamo ricavare dal Vangelo? Esso non è certo riducibile a un sistema di etica normativa.
L’avvocato dannato e biasimato per aver accettato l’incarico difensivo
Adoperarsi per sete di lucro, o per malinteso perdonismo per la liberazione sicuri colpevoli, con manovre ambigue e scorrette, costituisce nell’ottica evangelica, un peccato contro verità, giustizia e carità, come espressamente riconosce anche il Catechismo della Chiesa cattolica al n. 2476: “Una affermazione contraria alla verità, quando è fatta pubblicamente, riveste una gravità particolare… Simili modi di comportarsi contribuiscono sia alla condanna di un innocente sia all’assoluzione di un colpevole, oppure ad aggravate la pena in cui è incorso l’accusato. Compromettono gravemente l’esercizio della giustizia e l’equità della sentenza pronunciata dai giudici”.
Ma in fondo l’avvocato aiuta un uomo, innocente o colpevole, gradito o sgradito ai pregiudizi popolari, a percorrere il cammino difficile nel quale la vera minaccia non è la legge, ma quei perniciosi assolutismi che hanno lastricato di martiri la storia dell’umanità.
L’avvocato dannato e biasimato per aver accettato l’incarico difensivo
Proprio in questi tempi in cui la giustizia nei mass media fa, la parte del leone, con alternanza di esaltazioni e vivaci deprezzamenti, ci si chiede se la morale cristiana possa giustificare un avvocato che, in vista di lauti compensi, non esita a mettere in atto tutti i cavilli del diritto quali, a sentire i detrattori, l’applicazione di istituti di diritto sostanziale, per far assolvere un soggetto della cui colpevolezza (oggettiva) è del tutto consapevole.
C’è una frase che padroneggia nei tribunali e che tutti conosciamo, ma che evidentemente non sappiamo comprendere fino in fondo. “La legge è uguale per tutti”.
Dietro questa espressione si cela un concetto fondamentale del diritto e di una società che su di esso si basa: il diritto alla difesa. Tutti hanno diritto alla difesa, anche chi è colpevole, perché incastrato dalle prove o reo confesso di un reato, anche i protagonisti dei processi mediatici che sconvolgono l’opinione pubblica, hanno diritto ad essere difesi e ad un equo processo. Senza questa forma di tutela sarebbe una società allo stato brado, spinta solo dal desiderio di vendetta e di gogna pubblica. Esiste una difesa legale “di sostanza” basata sui fatti che, in alcune circostanze, servono a contestualizzare l’evento (se non a giustificarlo). Alla difesa sostanziale si aggiunge quella formale.
Tutti hanno diritto ad un processo giusto e giusto significa anche senza vizi di forma. L’avvocato sta facendo molto di più che inseguire l’onorario. Sta tutelando il diritto alla difesa.
Principio che viene richiamato anche dall’articolo 27 della Costituzione, che sancisce la cd presunzione d’innocenza. “Ogni imputato non può essere considerato colpevole fino alla condanna definitiva“. L’avvocato, nel processo penale, non difende mai il reato.
Disapprovarlo sul piano etico solo perché ha accettato di difendere chi è accusato di aver commesso un fatto odioso è un atteggiamento miope e pericoloso, perché mette in discussione il diritto di difesa. Del colpevole, ma anche dell’innocente.
Il diritto di difesa vola alto e non ha nulla a che fare con i giudizi etici su ciò che è bene o ciò che è male, prescinde del tutto dalla maggiore o minore odiosità del delitto e dal concetto di colpevolezza o di innocenza.
Esso è un pilastro della civiltà del diritto. Un valore talmente elevato che, per riaffermarlo, un uomo ha sacrificato la sua vita. E, d’altro canto, chi disapprova l’avvocato che accetta di difendere l’accusato di un grave delitto, di fatto, condanna l’imputato prima ancora che il processo sia iniziato.
La difesa degli imputati di reati eticamente odiosi va garantita, sempre. Si tratta di una irrinunciabile affermazione dello Stato di diritto, una garanzia fondamentale di giustizia. Per i colpevoli, ma anche per le vittime e per gli innocenti.