Nel 2026 avremo una Taranto completamente rigenerata
Ecosistema Taranto: questo il nome della ampia coalizione a sostegno della candidatura di Rinaldo Melucci a Sindaco di Taranto. Democratici, socialisti, pentastellati, repubblicani, popolari, verdi e numerose esperienze civiche insieme per condividere un progetto di rinascita partendo da quel “Fatto 100” che riempie i cartelloni pubblicitari della Città dei Due Mari.
La parola chiave di Rinaldo Melucci è rigenerazione che trova cinque modi diversi di essere al servizio della collettività: la rigenerazione per Taranto è urbana, ambientale, socio-economica, culturale e istituzionale.
Una città che, secondo il sindaco uscente, ha riconquistato il suo orgoglio e sta affrontando a testa alta le sfide del presente con la consapevolezza di avere tutte le capacità e competenze per diventare un punto di riferimento in Italia e in Europa.
Melucci, qual è la Taranto che immagina nel futuro?
«Immagino una città inclusiva, accogliente, moderna, in una sola parola europea. È la città che abbiamo iniziato a costruire in questi ultimi cinque anni, scegliendo di aderire al network di Eurocities, per esempio, o sottoscrivendo il “Green City Accord”, un documento vincolante per tante città che mirano alla sostenibilità. All’interno di queste azioni, che sono poi contestuali al nostro pano di transizione “Ecosistema Taranto”, si stanno concretizzando interventi come la “green belt”, la cintura verde di alberi che circonderà la città nei prossimi anni e della quale vediamo già un primo nucleo con le 7mila piantumazioni di Paolo VI e parco delle Mura Greche. Una città nuova che si costruisce anche insistendo su un racconto diverso. Perché buona parte dei problemi che abbiamo patito sono dovuti a una narrazione distorta, almeno parziale, della nostra città: le difficoltà coesistono ovunque con la bellezza, eppure per troppo tempo ci siamo concentrati sulle prime, nascondendo la seconda. Abbiamo deciso di smetterla con questo assurdo autolesionismo e di concentrarci sul mare, sulla Città Vecchia, sulle risorse naturali, sulle testimonianze architettoniche, sullo sviluppo alternativo. Ecco, la Taranto del futuro sarà tutto questo».
Dopo la pandemia la gente vuole ancora vivere la città?
«Vuole viverla sempre di più, per questo dobbiamo fare in modo che sia ancor più a misura di cittadino. Gli investimenti nella mobilità, per esempio, discendono proprio da questa esigenza: un’intuizione che avevamo avuto prima dell’emergenza sanitaria, ma che torna oggi utile, e che avevamo declinato attraverso il progetto delle Brt, le due linee elettriche rapide che attraverseranno Taranto per più di cinquanta km. Quella della nostra città, per altro, è la dimensione che i principali analisti europei indicano come ideale per favorire lo sviluppo di progetti e idee legati alla transizione giusta: la rigenerazione urbana che abbiamo avviato nel quartiere Tamburi, per esempio, o i due progetti PinQua di Città Vecchia e Paolo VI ridisegneranno ampie porzioni della città, rendendola ancora più vivibile e pronta a ospitare grandi eventi come SailGP, che ha fatto salire molto l’appeal di Taranto. Taranto ha parecchie opportunità da giocarsi, anche se l’interruzione del mandato in anticipo ne ha messo a rischio molte».
Parliamo molto di ambiente, ma le persone chiedono lavoro e soldi per ripartire. Come si conciliano le due cose?
«È proprio la pandemia ad averci messo di fronte all’impossibilità di pensare allo sviluppo senza attenzione per l’ecosistema. La sua tutela è entrata anche nella nostra Costituzione, per altro proprio nell’articolo che riguarda l’iniziativa economica, risulta quindi improbabile scindere i due principi. L’ecologismo non può più essere una pratica da “riservisti”, deve entrare nelle scelte di governo a tutti i livelli: la conciliazione è proprio nel cambio di approccio, nel rendere il rispetto dell’ambiente una parte essenziale delle questioni economiche, non una parte residuale affidata a pochi irriducibili. Parlando di siderurgico, d’altronde, dopo la mia ordinanza sull’area a caldo è cambiata radicalmente l’aspettativa della comunità: non si torna indietro, si lavora alla chiusura delle fonti inquinanti, all’accordo di programma e alla valutazione del danno sanitario. La diversificazione è una leva da sfruttare, puntando come abbiamo fatto a rafforzare la nostra università, con la facoltà di Medicina, ma anche alla sperimentazione sull’idrogeno e al turismo croceristico».
Crescita e solidarietà sono stati i punti cardine del suo primo mandato nell’ambito del welfare. Quali saranno i suoi futuri interventi in tal senso qualora dovesse essere rieletto alla guida della città?
«In questi anni abbiamo dovuto fare i conti con gli effetti della pandemia, che si sono abbattuti su fasce deboli e attività produttive. Abbiamo messo in campo misure mirate, dai buoni spesa ai bonus bebè, passando anche per gli incentivi alle imprese, che hanno integrato le misure tradizionali. Abbiamo potuto farlo perché abbiamo chiuso il dissesto, perché abbiamo messo i conti in regola, perché abbiamo assunto nuovo personale. La crescita resta un faro, ma intendiamo declinarla attraverso iniziative che favoriscano l’autoimprenditorialità, la diffusione della cultura, l’università, le iniziative per i giovani, seguendo le indicazioni dell’Agenda 2030. Sul welfare abbiamo un’enorme opportunità data dal nuovo ospedale San Cataldo, inoltre: con il piano urbanistico generale, intendiamo rendere quell’area un incubatore di iniziative solidali, come i progetti per il “dopo di noi” destinati ai più fragili, tutte ispirate al miglioramento della qualità della vita dei cittadini».
Lei immagina una Taranto diversa e la SailGP ne è stata una dimostrazione? Come porta declinarsi la rinascita nei prossimi 5 anni?
«La rinascita è già partita, SailGP ne è proprio un effetto. Purtroppo, per colpa dell’atto scellerato di quei consiglieri che hanno firmato per lo scioglimento anticipato, la città è stata privata di questo meraviglioso evento per quest’anno. Ma faremo in modo che ritorni, perché un processo di rinascita non può essere interrotto, un processo che vedrà Taranto nel 2026 sede dei Giochi del Mediterraneo, dal 2023 sede della Biennale del Mediterraneo, approdo consolidato per diverse compagnie croceristiche già da quest’anno. Senza contare le decine di cantieri che sono già partiti o partiranno a breve. Abbiamo 1,4 miliardi di euro da spendere, in progetti incardinati tra Jtf e Cis: mutuando i nostri slogan, “fatto 100” “il meglio viene adesso”, proprio perché ora raccoglieremo i frutti della programmazione che vedrà nel 2026 una Taranto completamente rigenerata».
I cambiamenti sono difficili da far accettare: quali saranno gli interventi per realizzare un’evoluzione della mentalità? Quanto questo aspetto è importante in un’ottica di crescita di Taranto nel settore turistico?
«Il cambiamento lo percepisco già, nell’opinione pubblica. La reazione all’interruzione anticipata dell’esperienza amministrativa ci dice già tanto: è stata interpretata come un torto alla città, perché i tarantini avevano visto con i loro occhi quanto Taranto fosse diversa dal passato. È un buon segnale che ritroviamo nell’iniziativa di imprese e cittadini, che ora devono farsi trovare pronti ad accoglierei i flussi turistici, che investono in servizi innovativi. L’evento Btm è un elemento importante, aver scelto Taranto significa che qui si registrano progressi nel settore, che c’è anche un risveglio immobiliare che abbiamo innescato con l’iniziativa delle “case a 1 euro”. La crescita di Taranto è la crescita delle sue singole componenti, per questo ci aspettiamo che alla nostra iniziativa corrisponda quella della comunità».
Cosa pensa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilenza?
«Credo che sia un’opportunità importante da cogliere, soprattutto per il Sud Italia, ma che a Taranto ha dovuto purtroppo fare i conti con la brusca interruzione del mandato. Abbiamo presentato decine di proposte progettuali, calibrandole sulle aspettative del piano, qualcosa purtroppo l’abbiamo persa per l’assenza della parte politica. Contiamo sulla conferma dell’impegno per l’edilizia scolastica, tuttavia, e su una dote consistente per la riconversione dell’area industriale. Che poi è ciò che scriviamo nel nostro piano “Ecosistema Taranto”, che ha dato il nome alla coalizione. Come detto, avevamo potenziato la macchina comunale facendoci trovare pronti alla chiamata».
Sin dalla chiusura dell’esperienza amministrativa è sembrato molto convinto di ricandidarsi, cosa la spinge a rimettersi in gioco?
«La consapevolezza di aver iniziato un percorso importante e di doverlo portare a termine. Mi hanno convinto anche la forza che ho ricevuto, e ricevo tutt’ora, dalle persone, l’amore profondo per la città che proviene da una lunga tradizione familiare, la necessità di scardinare l’immagine negativa di Taranto».
Qual è la cosa di cui è più soddisfatto e la cosa che rimpiange di più di non aver fatto?
«Sono soddisfatto di aver restituito a Taranto il ruolo che le compete, quello di “capitale di mare”, ma anche di aver contribuito al cambio di mentalità dei giovani per effetto di questo lavoro. Non posso individuare un solo progetto che definisca questa soddisfazione, perché come siamo abituati a fare, i risultati raggiunti dalla città sono il frutto di una serie di azioni pianificate e programmate, ognuna meritevole di attenzione. Così come le cose da rimpiangere sono tante, e sono tutte legate all’interruzione improvvisa del mandato: avremmo potuto portare a compimento diverse iniziative, tutte quelle che vivono e progrediscono grazie alla rappresentatività politica. Nonostante i danni provocati, però, sono fiducioso del fatto che ritornando a Palazzo di Città saremo in grado di recuperare, magari grazie anche a un rinnovamento della classe dirigente a un marcato protagonismo dei più giovani».