È recessione: Puglia -9% nel 2020 e +2,4 nel 2021
Luca Bianchi, Presidente Svimez: “Bisogna ridurre i divari regionali come via obbligata alla ricostruzione”.
Sergio Fontana, Presidente Confindustria Puglia: “La Puglia necessita di un progetto di politica industriale unitaria. Per Taranto, l’ambiente da minaccia può diventare opportunità”.
L’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez), nel recente rapporto previsionale per regioni, ha calcolato il valore dei beni e servizi (Pil). Nel confronto tra quest’anno e quello che verrà per la Puglia si evidenzia una marcata recessione. Il 2020 si attesterà a -9%, mentre per il 2021 vi sarà un recupero fissato al +2,4%. Sempre per i rispettivi anni, la spesa per famiglie sarà -9,1% e +3,3%; il reddito passerà da -1,8% a 3,9%; gli investimenti sigilleranno -14,3% e +4%; le esportazioni -13,2% e +7,1%.
È evidente che la resilienza rischia di rimanere incagliata in una crisi di sistema senza vie di uscite. Soprattutto perché la forte variabilità regionale della ripartenza farà esplodere una dinamica già innescata dalla crisi del 2008 ma rimasta sotto traccia nella ripartenza del 2015-2018. Difatti nel Rapporto Svimez resiste la chiave di lettura Centro-Nord/Mezzogiorno ma le previsioni per il 2021 mostrano i segnali di una divaricazione interna alle due macro-ripartizioni: le tre regioni forti del Nord ripartono con minori difficoltà; il resto e quelle centrali mostrano maggiori difficoltà; un pezzo di Centro scivola verso il Mezzogiorno; il Mezzogiorno rischia di spaccarsi tra regioni più dinamiche e realtà che procedono col freno a mano tirato.
Vediamo, allora, qual è la differenza su base regionale su cui la Svimez ha già posto l’attenzione sulle ricadute sociali connesse alla ripartenza “dimezzata” del Mezzogiorno (+2,3%), rispetto al Centro-Nord (+5,4%). Le previsioni regionali per il 2021 aprono la “scatola nera” del differenziale di crescita tra Mezzogiorno e Centro-Nord, svelando una significativa diversificazione interna alle due macro-aree nella transizione al post-Covid-19. L’unica regione italiana che recupera in un solo anno i punti di Pil persi nel 2020 è il Trentino. A seguire, le tre regioni settentrionali del “triangolo della pandemia” guidano la ripartenza del Nord: +7,8% in Veneto, +7,1% in Emilia Romagna, +6,9% in Lombardia. Segno, questo, che le strutture produttive regionali più mature e integrate nei contesti internazionali perdono più terreno nelle crisi ma riescono anche a ripartire con più slancio, anche se a ritmi insufficienti a recuperare le perdite del 2020. Maggiori le difficoltà per Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Valle d’Aosta e, soprattutto, Liguria. Le regioni centrali sono accomunate da difficoltà, in particolare l’Umbria e le Marche. Alla questione settentrionale e a quella meridionale, intorno alle quali tradizionalmente si polarizza il dibattito nelle crisi italiane, sembra aggiungersi una “questione del Centro” che mostra segnali di allontanamento dalle aree più dinamiche del paese, scivolando verso Sud. Tra le regioni meridionali, nel 2021, le più reattive saranno Basilicata (+4,5%), Abruzzo (+3,5%), Campania (+2,5%) e Puglia (+2,4%). A fronte del Sud che riparte, sia pure con una velocità che compensa solo in parte le perdite del 2020, nel 2021 ci sarà anche un Meridione dalla ripartenza frenata: Calabria (+1,5%), Sicilia (+1,3%), Sardegna (+1%), Molise (+0,9%). Si tratta di segnali preoccupanti di isolamento dalle dinamiche di ripresa esterne ai contesti locali, conseguenza della prevalente dipendenza dalla domanda interna e dai flussi di spesa pubblica. L’impatto sui redditi delle famiglie nel 2020 è in media meno intenso nel Mezzogiorno (-3,2% contro il -4,4% del Centro-Nord) anche per effetto degli ingenti trasferimenti di sostegno previsti dal Governo. Gli investimenti delle imprese, di contro, mostrano caratteristiche comuni alla spesa delle famiglie e saranno insufficienti a compensare le perdite del 2020. La domanda estera, in profonda contrazione nel 2020 (-15,3% in media nel Mezzogiorno, -13,8% nel Centro-Nord), tornerà a crescere nel 2021 a ritmi più sostenuti nelle economie regionali dalle vocazioni produttive più orientate all’export.
Per il direttore di Svimez, Luca Bianchi: “I processi di resistenza territoriale allo shock e di ripartenza nel post-Covid pongono al Governo nazionale il tema della riduzione dei divari regionali come via obbligata alla ricostruzione. Come? Creando le condizioni per restituire alle regioni del Centro in difficoltà i tassi di crescita conosciuti in passato; liberando le regioni più fragili del Sud dal loro isolamento che le metta al riparo dalle turbolenze; ricompattando il sistema produttivo nazionale intorno ad un disegno di politica industriale volta a valorizzare la prospettiva euro-mediterranea. È tempo – puntualizza Bianchi – di compattare l’interesse nazionale sul tema che le risolverebbe tutte se solo l’obiettivo della crescita venisse perseguito congiuntamente a quello della riduzione dei divari territoriali”.
Giusto le linee guida strategiche dettate nei giorni scorsi da Confindustria Puglia per orientare il nuovo Governo regionale verso scelte da compiere e da promuovere. Il presidente Sergio Fontana afferma: “Alla luce dell’attuale situazione economica, sono necessari impegni sinergici. Vale a dire, l’importanza che tutte le forze politiche, le organizzazioni sindacali e di rappresentanza delle imprese, condividano i nostri obiettivi. La complessità e l’ampiezza dei problemi posti dalla pandemia ci spingono a una revisione dell’agenda politica dei prossimi anni, che dovrà necessariamente supportare le aziende e i territori nell’affrontare i cambiamenti legati alla ristrutturazione delle catene globali del valore, messe fortemente in discussione, per un’efficace strategia della ripresa. In tale contesto – continua Fontana – la rapidità di risposta è importante così come l’ammontare di risorse economico-finanziarie. Potrebbe essere utile, per esempio, valutare la possibilità di utilizzare il Titolo II, uno strumento che ha già dato buona prova di sé, che leghi i finanziamenti a fondo perduto alla diretta patrimonializzazione delle Pmi”. Per Fontana anche il lavoro conserva “una sua forte centralità, una valenza non solo strettamente economica ma fondamentale per l’integrazione sociale e la valorizzazione dei singoli. Ben venga la decontribuzione degli oneri sociali prevista dal “Decreto agosto” ma è il momento di attivare politiche che aiutino le aziende a creare nuova occupazione, assumendo a tempo indeterminato professionalità elevate”. Il pensiero su Taranto: “L’ambiente può da minaccia diventare opportunità. Le complesse problematiche societarie, impiantistiche, occupazionali, economiche ed ambientali legate al futuro assetto dello stabilimento siderurgico dell’ex-Ilva dovranno impegnare, senza oscillazioni ed incertezze, il Governo nazionale e regionale, l’Unione Europea, le Istituzioni locali, le imprese dell’indotto e il partenariato sociale. Tutto, nella direzione di un consolidamento della capacità competitiva del sito, di una sua riqualificazione tecnologica e di un drastico contenimento delle sue emissioni. La nuova Amministrazione regionale sarà chiamata ad assumere una ferma presa di posizione sul ruolo strategico che tali politiche rivestono per le imprese”. La chiusa del presidente Fontana: “La Puglia ha bisogno di un progetto di politica industriale unitaria per la ripartenza. Chiunque, dal 22 settembre, siederà sulla poltrona di presidente della Regione Puglia, potrà contare sulla collaborazione costruttiva e sul contributo di Confindustria Puglia, attraverso un confronto tempestivo e permanente e un’analisi puntuale delle proposte di politica industriale”.
Raffaele Conte