Quel pazzo che puzza di vecchio
Ci sono momenti della vita che diventi praticamente famelico. Vuoi fare praticamente tutto. E’ come se tu fossi stato a digiuno per un lungo tempo e volessi recuperare,mangiando di tutto, anche con il rischio di non assaporare il gusto di quello che ingerisci. Il rischio è una bulimia, un disturbo in cuile persone mangiano una quantità eccessiva di cibo in un periodo di tempo molto breve (la cosiddetta abbuffata) e poi cercano di non ingrassare ricorrendo a varie tecniche di depurazione, tra cui il vomito autoindotto. Per farvi meglio comprendere uno stato d’animo che ciascuno di noi, nella propria vita, ha sicuramente provato chissà quante volte, voglio farvi un altro esempio calzante. Quante volte vi è capitato di dover partire e fare la valigia? Tante. In quella valigia cercate di ricordare tutto quello che dovreste metterci dentro. Magari avete anche il tempo contato. Sono attimi di terrore. Non dimenticarsi di nulla. Purtroppo, durante il viaggio vi capiterà sicuramente di aver dimenticato qualcosa. Quel panico lo provo anche quando devo lasciare una stanza d’albergo. Puntualmente lascio qualcosa, a volte anche il telefono. Ultimamente avrò lasciato un Hard Disk portatile, forse in ospedale. A volte riesci a ritrovarle, altre ti senti rispondere: “Non abbiamo trovato nulla”. Il cervello umano, è scientificamente provato, può ricordare al massimo più o meno sette cose per volta. Tutto il resto le deposita proprio nei cassetti della propria memoria. La mente è un vero e proprio computer, fateci caso. Ci sono dei virus che possono azzerare completamente la memoria. Ce ne sono di gravi e di meno gravi. Uno, il peggiore, si chiama Alzheimer. Negli ultimi tempi mi è capitato spesso di ricevere delle sentenze da parte di alcuni medici. Uno di questi mi ha detto qualche tempo fa: “Lei è a rischio Alzheimer”, questo perché mio padre ha avuto questa malattia che un tempo veniva etichettata semplicemente con demenza senile. Non si muore per questa, ma per le conseguenze che essa determina. Un chirurgo che poco tempo fa mi ha operato e ritengo una tra le più brave in assoluto nel suo ramo, tanto da avermi salvato la vita (o almeno allungata), scoprendo che sua mamma ha avuto recentemente un tumore mi ha detto: “Avrei preferito che avesse avuto un tumore, piuttosto che l’Alzheimer”. Può sembrare una frase forte, ma non è così. Lei ha aggiunto: “Per il tumore l’avrei potuta curare, operarla e forse anche guarirla, ma per l’Alzheimer no”. Mio padre era una persona di grande ‘dignità’, pulizia. E’ stato un tappezziere stimato. Un uomo che teneva accuratamente al suo aspetto. Ebbene, doveva essere nutrito, lavato e pulito, non essendo più capace di provvedere ai suoi bisogni. Da anni non mi riconosceva e in alcuni momenti di lucidità mi chiamava anche mamma. Ci potrebbe anche scappare a questo punto una risata idiota. Mio figlio che fa il cantante, sulla malattia del nonno fece una canzone che ritengo la più bella che abbia scritto. Si chiama Lulù. C’è una frase che dice: “Han detto che mi svuoterò. Nemmeno i nipotini accontenterò. Quando mi guardo allo specchio. Ho paura che m’ammazzi quel pazzo che puzza di vecchio…”. Io prego Dio mi porti via prima che ciò accada. Ho timore di quei momenti, sempre più frequenti, nei quali ho consapevolezza che la mia memoria faccia cilecca, come quando mi accorgo di essere litigato con qualcuno, senza ricordarmene la ragione, tanto che l’arrabbiato rimane solamente l’altra parte e non più io. L’Alzheimer è il virus del nostro computer, il cervello, del quale oggi non c’è rimedio, tranne aspettare che la scienza possa trovarne con il tempo una soluzione e, nel frattempo, nascano strutture adeguate in ciascuna città, come quella che ho conosciuto qualche mese fa a Talsano: un centro diurno per malati d’Alzheimer. Ecco, piuttosto che riempire città di parcheggi a iosa a strisce blu, si potrebbe pensare anche a questo. Sarebbe cosa buona. Spesso, però, la politica soffre anche di questa malattia.