Taranto – Ex Ilva: la procura ordina lo spegnimento l’altoforno 2
TARANTO – La Procura ha disposto l’avvio della procedura di spegnimento dell’Altoforno 2 dell’impianto ex Ilva , sottoposto a sequestro preventivo dopo l’incidente mortale nel 2015 occorso ad un operaio investito da una colata incandescente. La disposizione della Procura è la conseguenza del rigetto del Gup nei giorni scorsi dell’istanza di dissequestro. Il pm Antonella De Luca ha affidato al custode giudiziario, Barbara Valenzano, la definizione del cronoprogramma per lo spegnimento dell’Afo 2, che è uno dei tre altoforni del siderurgico di Taranto. I tecnici nominati dal Gup hanno accertato che l’azienda non avrebbe applicato tutte le prescrizioni per la messa in sicurezza dell’impianto.
Intanto il vicepremier e ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, al termine dell’incontro al MISE con i vertici aziendali ArcelorMittal e i sindacati ha escluso la possibilità della reintroduzione dell’immunità penale: “Voglio essere ben chiaro, anche in ragione di quanto ho appena espresso. Non esiste alcuna possibilità che torni”. Quanto al contratto siglato con ArcelorMittal, Di Maio ha precisato che non c’è “affatto” una “esimente penale, una modifica della quale legittimerebbe Mittal a sciogliere il contratto, preciso che non è affatto così”. Nel contratto, così come negli atti successivi, “si parla esclusivamente della possibilità di recesso in caso di annullamento o di modifiche sostanziali del Dpcm 29 settembre 2017, ovvero del piano ambientale”.
Si paventa la possibilità che Arcelor possa rescindere dal contratto: come spiega il Sole24ore, nel contratto di gestione dello stabilimento siderurgico tarantino, esisterebbe una clausola che consente il recesso in caso di annullamento o modifica sostanziale del DPCM del 29 settembre 2017, ovvero, sotto il governo Conte, sarebbe stata aggiunta a posteriori una norma (ricordiamo che il contratto del 14 settembre settembre 2018 era secretato), che consentirebbe all’affittuario la possibilità di recesso in caso di annullamento parziale o integrale del decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 29 settembre 2017, se ciò rendesse “impossibile l’esercizio dello stabilimento di Taranto e l’impossibilità di adempiere alle prescrizioni da attuare”,
In grande sintesi, il Sole24ore ha messo in luce la consapevolezza dell’attuale Governo e, anzi, la scelta del Governo attuale, con questa norma, di una ipotesi di recesso di ArcelorMittal.
Il commento di Francesco Rizzo, segretario di USB Taranto, al termine dell’incontro al MISE: ” L’incontro tra azienda e organizzazioni sindacali convocato dal MISE nell’ambito del monitoraggio sull’intesa del 6 settembre 2018 ha reso evidente che il management di Arcelor-Mittal sta disattendendo gli elementi fondanti dell’intesa stessa.
Il numero degli assunti è inferiore di 100 rispetto ai 10.700 pattuiti. I volumi produttivi sottoscritti non verranno rispettati.
Il ricorso alla cassa integrazione per 1400 lavoratori a soli 8 mesi dalla firma dell’accordo, rappresenta un colpo durissimo alla credibilità dell’impegno ad assumere tutti i lavoratori oggi in cassa integrazione entro il 2023.
Nonostante le reiterate richieste del ministro Di Maio al management di AM investco di rivedere la propria posizione sulla cassa integrazione, l’azienda si è detta indisponibile anche solo a discuterne così come non garantisce il rientro dei lavoratori oggi collocati in cassa.
A ciò si aggiunge l’indisponibilità di fatto a discutere dei lavoratori discriminati all’atto delle assunzioni, delle scelte organizzative sul tema degli appalti, sull’intervento immediato negli impianti fatiscenti.
In sostanza siamo di fronte ad un’azienda che sta sistematicamente agendo in totale contrasto con gli impegni assunti in sede ministeriale con l’obbiettivo, non dichiarato, di raggiungere le condizioni iniziali della sua offerta e che ha dovuto modificare durante la trattativa.
Per queste ragioni abbiamo dichiarato che, previo verifica con il nostro gruppo dirigente, avremmo ritirato la firma dall’intesa del 6 settembre 2018.
Al governo chiediamo di prendere atto della scelta di Arcelor-Mittal di non rispettare i contenuti dell’accordo, considerare risolto il contratto e riprendere in mano pubblica l’ex gruppo Ilva.
Non possiamo assistere all’ennesima operazione di sciacallaggio nei confronti del territorio, dei lavoratori e dei cittadini.
Occorre proseguire la mobilitazione e riallacciare i rapporti con il mondo ambientalista allo scopo di costruire insieme una battaglia per il diritto alla salute, per il risanamento ambientale, la difesa integrale dell’occupazione e del reddito. “