Cucchi. La perizia disposta dal Gip costa 21mila euro. Ma non va bene perché scagiona i Carabinieri
A cura di Elena Ricci
«Se vogliamo continuare a dare delle informazioni, quelle sì frammentarie, e che non trovano nessun riscontro nel fascicolo processuale, allora continuiamo pure. Tanto questo processo siamo abituati a farlo sulla stampa e a farlo sui giornali. Ci viene a dire il procuratore generale che vi è una compatibilità tra la consulenza tecnica del PM, la consulenza tecnica della parte civile e della perizia. Ma dove lo ha letto? Ma come ha fatto a leggere una cosa del genere? Vi ho dimostrato alla scorsa udienza, attraverso le parole dell’avvocato di parte civile Fabio Anselmo, quanto ha criticato la perizia. Andatevi a vedere il controesame che ha fatto l’avvocato Anselmo ai consulenti del PM, non gli ha lasciato passare un dato di quello che hanno riferito. Era sbagliata tutta. C’era la discussione fatta davanti al giudice dell’udienza preliminare dove l’avvocato Anselmo chiede davanti al Gip – e qui voglio essere smentito da qualcuno che ha il coraggio di smentire o può smentire questo dato che io vi riferisco – il rinnovo della perizia, perché secondo lui la consulenza del Pubblico Ministero era tutta sbagliata dalla prima all’ultima parola. Dove le ha trovate allora il Procuratore Generale queste compatibilità? Questo serve per coprire quello che io ho scoperto alla scorsa udienza? E cioè che il collega Procuratore Generale dell’appello che abbiamo celebrato e che poi è stato annullato, aveva chiesto come unico accertamento valido la consulenza del PM, mentre oggi, questo processo, questo procuratore generale ci dice che l’unico accertamento valido è la perizia? Può servire una frase buttata lì, e svuotata di qualunque significato scientifico, ma soprattutto smentita da quella che è l’istruttoria dibattimentale, cambiare questa contraddizione in sé? E’ la stessa procura che non sa a quale accertamento affacciarsi».
Queste che abbiamo integralmente riportato, sono le parole dell’avvocato Gaetano Scalise, difensore di uno dei medici accusati e in seguito assolti, per la morte di Stefano Cucchi. Sono parole pronunciate durante il processo. Le riportiamo perché, a distanza di anni e relativamente a due inchieste (la prima che vede assolti medici e polizia penitenziaria e la seconda che vede indagati i Carabinieri) quella che emerge è una vera e propria guerra di perizie. Come ci diceva il senatore Carlo Giovanardi in una recente intervista, 9-10 luminari sono stati interpellati per fornire un’esatta causa di morte del povero Stefano Cucchi. Tutte le perizie, quelle relative al processo in cui erano accusati medici e penitenziaria e quella effettuata dal professor Francesco Introna e il suo team, negli ambiti dell’inchiesta bis che vede indagati i militari dell’Arma, escludono categoricamente ogni eventuale connessione causale o concausale, diretta o indiretta, tra eventuali percosse e l’evento morte. Dunque, otto anni di perizie, la prima a cura del professor Paolo Arbarello, denunciato addirittura dalla famiglia Cucchi per “falsa perizia”, e contro la quale lo stesso ha successivamente proceduto per diffamazione. Arbarello come Introna, esclude le lesioni come causa di morte, infatti in un’intervista rilasciata a Repubblica il 6 novembre 2014, diceva: «Lo abbiamo scritto e ripetuto più volte: ci sono lesioni che sono sospette. Ma noi non siamo in condizioni di dire se qualcuno gli ha sbattuto la testa contro il muro facendolo cadere o se invece ha fatto tutto da solo. In ogni caso, ripeto, non sono queste le cause del suo decesso».
Per quanto riguarda la perizia Introna (affiancato dal Prof. Francesco Dammarco, Dott. Cosma Andreula, Prof. Vincenzo d’Angelo) sulla quale si è basato l’incidente probatorio del 18 ottobre 2016 (dunque avrebbe cristallizzato quanto messo agli atti) non ci sarebbero gli elementi per procedere per omicidio, per due motivi: il primo, perché esclude le lesioni come causa di morte; il secondo, non fornisce un’esatta causa dell’evento morte. Dunque, quello che ci siamo sempre chiesti, torniamo a chiederci: come si può procedere per omicidio se non vi è un’esatta causa di morte? Se non si sa come sia morto come si fa a dire che sia stato ucciso? Nonostante ciò, però, il reato contestato ai militari non è più lesioni lievi aggravate dallo stato di detenzione, ma omicidio preterintenzionale.
Non si tiene conto di una perizia che costerà all’erario oltre 21.000 euro, ma si prendono per buone consulenze di parte. Una cosa abbastanza inusuale considerando che l’incidente probatorio, è un avvenimento unico ed irripetibile che permette di acquisire mezzi di prova prima della fase dibattimentale, e che quindi, “cristallizza” quanto viene messo agli atti. In un normale procedimento, il collegio dei giudici dovrebbe far riferimento a quanto discusso nella fase dell’incidente probatorio senza avvalersi di pareri esterni a detta fase. Chiedere una consulenza esterna dunque, è una cosa molto rara se questo avviene al di fuori di un incidente probatorio. E’ una cosa molto rara proprio perché di parte e non super partes come dovrebbe essere a garanzia di tutti.
La perizia del Professor Introna costa oltre 21.000 euro che ora anticiperà l’erario. I cittadini stanno pagando una perizia che “fa sentenza”, fior di euro e, che in caso di condanna, sarà addebitata agli imputati.
«Faccio comunque notare che non è il giurista Introna a definire il nesso causale ma saranno i magistrati della procura ed i giudici». Scriveva Ilaria Cucchi sei mesi fa, il 4 ottobre 2016, sulla sua pagina Facebook.
Sulla scorta di ciò ci chiediamo: a cosa serve allora una perizia (costata 21.000 euro) se non sarà “il giurista Introna a definire il nesso causale”?
E ancora, altra domanda (chiedere è lecito): se la perizia avesse accertato le responsabilità contestate ai Carabinieri? Sarebbe stata presa in considerazione?
Elena Ricci