Lecce- Beni Culturali; Scarpe, scarpette, scarpari e il San Francesco negato.
Nei giorni scorsi il presidente di Confindustria Lecce, dott. Giancarlo Negro, volendo celebrare i 90 anni della organizzazione da lui presieduta, aveva chiesto di poter festeggiare l’anniversario con una cena nella ex chiesa leccese di San Francesco della Scarpa. Permesso accordato dalla Provincia di Lecce a patto di determinate condizioni, rifiutato invece dalla Soprintendenza A. BB. AA. P. di Lecce, Brindisi e Taranto diretta dall’architetto Maria Piccarreta che ha definito non consona al monumento l’iniziativa. Scalpore a Lecce, città di lunga memoria a volte, per quello che potrebbe definirsi, rimanendo in ambito storiografico, un “gran rifiuto”. Questi i fatti che potrebbero lasciare apparire corretta la posizione della soprintendenza leccese. Difficile spiegare però perché, a Roma, per i più distratti città appartenente sempre a questo incoerente paese, sia stato possibile organizzare una cena addirittura all’interno e a ridosso dell’arena più famosa del mondo, quella del Colosseo. Personalmente definimmo a tratti sciagurata la cena “colossale” consentita dal MiBACT a Roma e saremmo d’accordo anche nell’accettare la scelta della soprintendenza leccese almeno in grandi linee. Il problema però è che chi ha il vizio della storia è condannato a ricordare eventi e fatti e a metterli assieme anche a rischio di porre in evidenza una più generale incoerenza che a tratti potrebbe apparire schizofrenica. Se il problema vero del decoro di una iniziativa è quello della sua confacenza ad un monumento storico, diventa imperativo, a rischio di cadere in particolarismi in caso contrario, che tutti, proprio tutti capiscano cosa si può e cosa non si può fare in un edificio storico. E ci chiediamo quindi cosa è più (o meno) dignitoso per la storia della chiesa di San Francesco: stare seduti attorno ad un tavolo cibandosi di arte e pietanze oppure trasformare quel medesimo spazio in un terribile suk? Sì, perché nella più recente storia leccese quello stesso spazio, che ora si nega a Confindustria Lecce, con il permesso della medesima Soprintendenza, è stato trasformato, a parere nostro, in un angosciante suk. Cosa rende decoroso l’uno e cosa indecoroso l’altro? La carta stampata di oggi riporta le parole della soprintendente M. Piccarreta che, riferendosi all’iniziativa di Confindustria Lecce, afferma: “L’evento in questione non era compatibile con l’edificio e provo a fare qualche esempio. Il fumo aggressivo di alcuni cibi o di alcune parti decorative come le candele non sono consone al luogo”. Adesso, sappiamo tutti che per fare l’imprenditore ci vuole uno stomaco molto forte ma non riusciamo proprio ad immaginare quale cibo imprenditoriale produca fumi così nocivi per la chiesa ma non per i convitati. Senza contare poi quel riferimento alle candele che detto per il caso di una ex chiesa sembra davvero paradossale. Supponiamo però che l’architetto M. Piccarreta in questo caso abbia incaricato un qualche funzionario della soprintendenza locale che ha steso quella relazione da cui è scaturito il gran rifiuto. Come si diceva la memoria di alcuni potrebbe essere non gradita ad altri e quando anche non si volesse mettere a confronto la cena nel Colosseo con quella nella chiesa leccese – perché la prima è in uno spazio aperto, la seconda in uno spazio chiuso – verrebbe da ricordare un evento occorso solo poco tempo fa a Lecce. Nel Novembre del 2010 la locale soprintendenza organizzò un convegno ed il rinfresco fu ospitato nei locali della ex chiesa dello Spirito Santo che è all’interno della sede della medesima soprintendenza leccese. Questa vicenda risultò ancora più paradossale perché il medesimo spazio (quello della ex chiesa dello Spirito Santo) fu usato per un rinfresco ma negato nello stesso periodo ad uno studioso che all’epoca conduceva una ricerca storica proprio sull’edificio della Soprintendenza. Se il funzionario di allora (ex chiesa della Spirito Santo) fosse il medesimo che oggi ha curato il diniego per la concessione di san Francesco, almeno la frittata (visto che di cene parliamo) sarebbe fatta. Scherzi e battute a parte verrebbe da invitare tutti ad una maggiore ragionevolezza: la soprintendenza a non barricarsi dietro un semplice no (per casi del genere un atteggiamento troppo vecchio, o meglio antistorico, a tratti ideologico) ma ad adeguarsi ai tempi e alla linea dello stesso MiBACT cercando semmai una soluzione alternativa tanto più che, come appunto si diceva, Confindustria è un ottimo partner con cui collaborare nella salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale. A Confindustria Lecce verrebbe invece da dire: non fate la scarpetta, nutritevi di cibi più salutari senza fumi dannosi ed evitate di accendere candele. Ed a tutti: meno cibo e più libri, che quelli non fanno mai male a nessuno ed aiutano sempre a superare le barriere. Buona cena anzi buon rinfresco!
Fabio A. Grasso