Taranto – Dopo la puntata a “Le Iene” la Toffa su facebook: «Amo Taranto, lo dico con il cuore» | VIDEO
La “iena” Nadia Toffa ancora una volta ha colpito dritto nel segno. Il servizio andato in onda nella serata di ieri su Italia1 a “Le Iene” ha parlato di Taranto e dei suoi problemi ambientali e sanitari causati dell’inquinamento della vicina acciaieria ILVA. Un servizio lucido e crudo quello della Toffa. L’inviata non è la prima volta che fa tappa in riva allo Jonio con le telecamere del noto programma di denuncia. Tumori, malattie e quella sanità negata hanno messo con le spalle al muro anni di non politica. Troppi i cittadini dei vicini al polo siderurgico dei quartieri Tamburi e Paolo VI che si ammalano e muoiono. E troppi sono quelli che ancora oggi sono costretti ai viaggi della speranza per le cure necessarie. I più colpiti restano i bambini ai quali viene negato il gioco: un’ordinanza sindacale vieta ti toccare la terra nelle zone a verde al quartiere Tamburi perché contaminata da polveri nocive.
Ieri la Toffa si è presentata in trasmissione con una t-shirt sulla quale c’era scritto: “Ie jesche pacce pe te!” un chiaro messaggio d’amore per la città di Taranto dove, lo ricordiamo, Nadia passa tutte le estati in vacanza nella zona di Campomarino.
Concetto che ha poi rimarcato rispondendo ad un post scritto su facebook da un tarantino: «Amo Taranto…e tutte le estati vengo in vacanza da voi. So benissimo quanto è bella ma in questo momento è più importante fare una denuncia. Perché possano cambiare le cose una volta per tutte. Dopo 10 decreti salva ilva ce ne vuole almeno 1 salva Taranto. E lo dico col cuore».
Ma la situazione resta drammatica
La situazione nella città bimare, però, resta ancora drammatica e l’aver negato 50 milioni di euro alla sanità nell’ultima finanziaria affossa le speranze di cure.
Per il Governo la salute dei bambini di Taranto può aspettare. Può aspettare come le bonifiche della terra sulla quale giocano e dell’acqua che bevono.
A Taranto tutti possono attendere all’ombra della ciminiera “e312”, quella che sputa diossina. La stessa diossina che ha mandato al macero tonnellate di oro nero, le cozze del Mar Piccolo. Quella diossina che ha contaminato il bestiame come le pecore e le capre portate al macello. Lo stesso latte che per tanti anni i tarantini hanno dato ai loro figli.
Per anni ai tarantini sono stati tenuti nascosti gli effetti mortali nell’avere un siderurgico che affacciava in casa loro. E gli effetti sulla salute non hanno ritardato. Al quartiere Tamburi, diventato quartiere dormitorio dopo la nascita della fabbrica, i cittadini hanno appeso una targa: “Nei giorni di vento nord-nord/ovest veniamo sepolti da polveri di minerale e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale ‘ILVA’. Per tutto questo gli stessi “MALEDICONO” coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare”
Adesso, però, è tutto chiaro. Anzi, è tutto rosa come il minerale di ferro che tinge i sepolcri del cimitero San Brunone: ai tarantini viene negato il diritto non alla vita, perché quello è compromesso e lo sarà per chissà quanti anni, ma il diritto a curarsi. Il Governo ha deciso: Taranto può ancora aspettare.