Taranto e quei tarantini che meriterebbero l’esilio. L’indignazione viaggia sui social.
Siamo costretti a registrare, segnalare e a parlare di un ennesimo episodio vandalico accaduto nella serata di ieri a Taranto. La foto che ci viene segnalata da un lettore è una delle tante che da stamane impazzano sui vari profili social con tanto di commenti al vetriolo.
Ci troviamo sul lungomare di Taranto, quello che può essere definito la finestra sul Mar Grande della città bimare. Un lungomare che risulta essere il primo e, forse, il più bel biglietto da visita e di benvenuto che si possa offrire ai turisti che fanno tappa in città.
Una panchina in marmo è stata letteralmente distrutta, pare, da alcuni giovani stanchi ed annoiati di passare le serre a fare chissà cosa.
Un atto che è peggio di una coltellata alle spalle inferta dal tuo migliore amico. Eppure è così.
Una città che da anni cerca di cambiare la propria sorte e di invertire la rotta verso il turismo, anche culturale. Quella città che da anni lotta tra sé e sé per uscire fuori quella che è stata definita la “monocultura all’acciaio” dell’Ilva.
Una città maltrattata prima di tutto da chi fa della politica lo strumento per far del bene solo a se stesso ed “agli amici degli amici”. Esempio del menefreghismo delle cosa pubblica e dalla vergogna che non sa nemmeno dove sta di casa.
Quello della panchina fatta a pezzi è solo l’ultimo degli episodi che siamo costretti a registrare nella nostra cronaca quotidiana: cassonetti dati a fuoco, cabine telefoniche fatte saltare letteralmente in aria, imbrattamento di muri con qualsiasi cosa. Solo per citarne alcuni e tralasciando episodi di “mala” che sono all’ordine del giorno.
Una città che ormai è un malato terminale a qui non resta nemmeno l’ultimo desiderio da esprimere, finchè i tarantini non avranno quello scatto d’orgoglio per buttarsi alle spalle il cupo passato. E non solo sui social.