1 gennaio 2016: La V-E-R-G-O-G-N-A di Taranto
C’è solo da vergognarsi. Una città ridotta ad una gigantesca pattumiera tra la notte del 31 dicembre e l’1 gennaio per via dei festeggiamenti, secondo quanto vuole la tradizione dei tarantini. Perché, per molti, questa è tradizione. Tradizione è fare il cenone di capodanno, tradizione è far scoppiare i botti allo scoccare della mezzanotte per accogliere con i festeggiamenti il nuovo anno, tradizione vuole che si butti dalle finestre e dai balconi di casa (chi sia primo o decimo piano poco importa) frigoriferi, salotti, televisori, mobili e spazzatura. Tutto come se fossero coriandoli e festoni colorati. Tra urla di gioia, auguri, sorrisi e fiumi di spumante e qualche “citammuert” per lo sforzo che ci si mette per spostare oggetti dal peso di 60/90 kg fino al lancio.
Ai tarantini piace augurarsi un anno migliore in questo modo, rendendo le strade piene di ogni rifiuto. Uno scempio che in una città non dovrebbe assolutamente esserci perché dovrebbe fare tesoro dei propri problemi, partendo da quelli ambientali e sanitari, frutto di un insediamento industriale privo di ogni regola elementare.
No. La Taranto della Magna Grecia, la Taranto del gemellaggio con Sparta, la Taranto che ha tentato di candidarsi come città europea, prima, e, poi, italiana della Cultura. La Taranto che dovrebbe vivere di turismo, quella che la sua parche Vecchia dovrebbe essere chiamata antica o “Borgo Antico”, come no!
Una città messa in ginocchio da gran parte della cittadinanza perché anche coloro che non si sono resi materialmente artefici di questo scempio lo hanno permesso con il loro atteggiamento, girando la testa dall’altra parte, tappandosi il naso, coprendosi gli occhi.
Taranto è una città allo sbando, non ha più un timoniere, un comandante . E’ in balia del mare e del vento e deve sempre sperare che sia il bel tempo a renderla graziosa, a graziarla.
Una famiglia va in malora quando il capo famiglia non sa svolgere il suo ruolo. Non possiamo pretendere figli esemplari quando i genitori danno il peggio di se stessi. Un’Amministrazione, quella tarantina, che sta trascinando la città in un tunnel da cui è difficile vedere la luce. Taranto è in fondo a tutte le classifiche nazionali di vivibilità . E qui non si sta parlando il politichese o alla pancia del cittadino medio. Questi sono i fatti reali, tangibili ed incontrovertibili.
Le responsabilità hanno volti e nomi che oggi bisogna andare a pescare all’interno della Giunta del Sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, e degli uomini che ha messo a capo, perciò, dei vari settori sensibili e strategici. Non possiamo non partire da questo se vogliamo una Taranto differente. Un’Amministrazione che non lavora, non programma e non ha idee non potrà mai in nessun modo cambiare la rotta di questa nave chiamata Taranto e che ormai sta sbattendo contro scogli pizzuti da molti, moltissimi, anni.
Chi fa il gioco del silenzio in queste ore è complice di questo stato di cose. Chi ricopre qualsiasi ruolo istituzionale e di rilievo nella città di Taranto non può non prendere le distanze da una politica scellerata e suicida.
Basta dare colpe impersonali perché basta capire il male da dove viene. Il tarantino è un popolo indisciplinato, rozzo, ignorante? Pugno di ferro, allora.
A Taranto non abbiamo bisogno di un Don Abbondio. Qua ci vuole gente che sappia condurre 210mila cittadini e che sappia programmare il futuro per i prossimi 50 anni della città.
Antonello Corigliano