CADEAU A “LI MENATI”
a cura di Daniela D’Anna
Una narrazione, un “saggio” sul vivere di uomini sempre in lotta con il mondo, con se stessi, pronti però a non fermarsi.
E’ il punto del libro “Li menati” di Fernando Blasi, in arte Nandu Popu, la punta di diamante dei Sud Sound System che è alla seconda fatica letteraria. Ci si aspetterebbe da questo volume edito da “Radici future”, 2022, Modugno Collana Banlieue (Legalitria, festival nazionale della legalità, pagg.192) una storia sulla rassegna dei luoghi dove è nato l’autore a Campi Salentina o dove vive, a Trepuzzi oppure la fotografia a distanza del Salento e della terra “sua” propria, il suo mare.
In realtà si staglia dallo sfondo un preciso e intimistico panorama, Casalabate ambientata a 3500 anni fa per fare subito un volo pindarico fino ai passati anni 70 fra Quinzio, Tribudio e la Suburba e la vita del monastero della “Patissa” legato a doppio all’Abbazia di Cerrate. Divisi da pochi passi dimorano Irene la Badessa, in gergo appunto “la Patissa” e Teodoro, l’Abate, da cui la provenienza primariamente “Casa Dell’Abate”. Nello sfondo schiere di uomini che vivono l’immediato presente echeggiando, è il caso di dire, l’espressione dialettale “brutta vacia e sana vegna”.
Il testo si apre e si chiude facendo riferimento ad un animale pregiato, le quattro cerve bianche, sacrificate tre millenni fa per placare la tempesta in questi luoghi di mare, creature sacre alla Vergine Maria, loro protettrice. Casalabate vissuta come la Grande madre, una giunonica portentosa che “ama” i suoi figli più affezionati come l’autore autobiografico. E la figliolanza dei menati che ingrossano le file della malavita, solleciti ad “inscenare” emozioni allorquando sgommano con le auto di lusso, scaricando “bionde”. I mitici anni settanta detti “del cambiamento”, come vengono designati nei racconti dopo 3 millenni di solitudine. E’ proprio verso la fine del secolo scorso l’autore conosce Casalabate “ a nord Torre Specchiolla al centro il Casermone, l’alcova dell’amore consumato con disperazione tra i due monaci da cui nasceranno otto figli destinati a governare le greggi della Cupa, nascosti, da clandestini. E accanto il Bar Valentino e a sud il bar del sole”.
L’artista- scrittore rivive gli squarci di ricordo tra il casermone e la Curte dellu Confiatore ad un centinaio di metri dove è sita la sua casa e le “oasi della gioventù”, le rotonde sul mare”. Il giovane canta poi l’amore per la spiaggia, la pesca e la musica, in particolare riferimento suo esistenziale, il jukebox che con accento animistico chiama Paisà. Risultano ancora vividi i pensieri che attraversano l’amante figlio della casa dell’abate che insieme alla sorella e il padre nella Fiat Giardiniera bianca si inoltra in brevi e distanti viaggi per il lavoro di commerciante di corredo del padre. Tutto si gioca nel sottofondo dell’anima scandita da una fantasia di note musicali, le preferite Funkytown e Hot stuff ma il vagheggiare non trascura la “preoccupazione” per la sorte dei menati che inneggiano al carpe diem, alla vita di espedienti, per dirlo in un modo nobile. Essi nati dallo sputo in cielo dell’abate prigioniero delle catene dell’amore passionale,” divoratore” di una carnalità infrequente in un uomo di Chiesa.
E sulla stessa strada percorsa da menati e “gente di vita” a cui quest’ultima il menato riconosce una tal forma di rispetto ma solo a condizione che questa “gente” paghi i debiti dei vizi che di primo acchito paiono di essere di esclusiva pertinenza di coloro che fanno parte dello “status” di “uomini di strada”. E poi procedendo in senso verticale o basso, dipende dalla prospettiva, la shkuma “che indica i peggiori elementi della società, ciò che è inutile o in eccesso, che galleggia o rimane a galla…, un po’ come la merda”. Popolano gli aneddoti di personaggi emblematici nel prosieguo dello sviluppo psicoemotivo dell’uomo novellatore che immortala le pagine di questo avvincente riassunto in cui hanno vita ad eterna memoria tipologie di viandanti come Sarzana, il cantastorie ubriaco e tombeur de femmes. Un mondo che fa venire i brividi, non si capisce bene se alla fine si approva tutto, l’amore per così dire sacrilego, i contrabbandieri, i “menati che subiscono una metamorfosi tanto da diventare boss della SCU.” Ancora l’affetto per un posto di villeggiatura in cui nascono artisti che come Nandu Popu tengono alta la bandiera della stirpe della “Casa dell’Abate” che per i due indomabili amanti riserva un finale a sorpresa.