LA VITA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Quando il virus si impossessa della nostre menti e sembra non lasciarci più. Un ragazzo di Taranto del liceo Battaglini ha scritto un tema sul Covid 19. Ci è piaciuto ed abbiamo voluto proporvelo.
Se qualcosa mi ha insegnato la vicenda del COVID 19 è quanto le frontiere siano una
costruzione delle nostre menti. Per dare tempo alla scienza di far fronte all’emergenza sanitaria,
nell’attesa di curare i malati e trovare una cura (in barba ai no-vax che adesso sembrano non
tormentarci più), e non mandare in stallo i sistemi sanitario occorre prima di tutto allungare la
DISTANZA SOCIALE, limitare gli scambi, contenere i contatti e, per quanto possibile, attenuare
l’intensità fisica delle relazioni.
In merito alla questione delle relazioni interpersonali, da un lato vi sono persone che, con la
convivenza prolungata, (in assenza di attività lavorativa) hanno riscoperto la reciproca conoscenza, i
valori della condivisione, magari trascurati a causa di una “morbosa routine “ quotidiana. In altri
casi, anche inevitabilmente, si è arrivati ad un punto di rottura, provocato dall’esacerbazione della
convivenza forzata e dei rapporti già irrimediabilmente logorati dal tempo e da problematiche
insanabili. Certe situazioni hanno dovuto incontrare modifiche anche rilevanti; l’abitudine all’attività
sportiva quotidiana ha subito un rallentamento e successivamente un adattamento o una sospensione,
con conseguenze psicologiche non irrilevanti, prima fra tutte la sensazione di ingiusta detenzione ed
una malinconica frustrazione. Quindi c’è stata la scuola on line: la sospensione didattica ad oltranza
dell’attività scolastica “sino a scampato pericolo”, che ha messo gli studenti, di ogni ordine e grado,
di fronte ad una didattica frontale on line, che si ispira al modello parauniversitario, introducendo una
sorta di studio in smart working, con tanto di tutor e video assistiti, in cui i più preparati sono proprio
gli studenti, naturalmente più avvezzi all’utilizzo delle nuove tecnologie i quali, spesso, “spiazzano”
i loro docenti (in attesa di un proprio personale adeguamento alla nuova dimensione di “professori
virtuali”).
E poi ci sono loro: i “primi tra gli ultimi”: gli ammalati ed i loro cari, affranti, vittime che
soffrono e muoiono da sole, cui non si può recare conforto e nemmeno l’estremo saluto. Quindi, la
società si è posta necessariamente in una “stasi virtuale”, quasi delegando l’infrastruttura
interpersonale all’utilizzo della comunicazione mass-mediale integrata . Connessioni invisibili, ma
non per questo meno concrete, sono lì ad unirci tutti, a dispetto di chi, fino a ieri, riteneva il “social”
soltanto il veicolo delle “Fake News“ e della pornografia, anche intellettuale. Ci sentiamo empatici
con la sofferenza altrui e più capaci di affrontare i nostri sacrifici! D’altronde, se per ottenere il
progresso, fosse bastata l’arte dello sfruttamento altrui, la selezione naturale non ci avrebbe messi in
sintonia con chi soffre, con chi ride, con chi si sacrifica, e l’evoluzione antropologica non si sarebbe
mai occupata di tutta questa faccenda dell’empatia . Sopravvive maggiormente colui che si adattta
alla situazione, facendo tesoro delle esperienze passate e non per forza il più forte, il più veloce, il
più alto etc…. L’esperienza più recentemente drammatica, che ha inevitabili assonanze con i recenti
avvenimenti, è la tristemente nota cronaca dell’”influenza spagnola”, una catastrofe che, fra il 1918
ed il 1920 sfociò in un’epocale pandemia che portò al contagio di circa 500.000.000 persone ed alla
morte stimata di circa 100.000.000 di esse. Le cause scatenanti furono la concomitanza della prima
guerra mondiale, guerra di trincea , di posizione, in cui milioni di soldati vivevano ammassati in
condizioni igienico-sanitarie paurose e, poi, il loro spostamento di massa , alla fine del conflitto.
Milioni di persone che si muovevano contemporaneamente da una nazione all’altra, veicolo ideale
per la diffusione del virus. Un evento che, comunque, non ha impedito ai nostri concittadini residenti,
per lavoro o per studio, al Nord Italia, di catapultarsi immediatamente, senza alcuna ratio, sui treni,
per giungere nelle zone natìe del Sud , ancora non infestate. E’ arrivato, dunque, il momento di
dimostrare, a chi ci governa, che noi cittadini non siamo tutti uguali e non tutti agiamo
irresponsabilmente, che lo Stato siamo noi e che non vi sono cittadini di serie B. Nessuno si salva da
solo! L’ hashtag “#iorestoacasa” non deve essere solo la nostra password “di salvazione”!
Il nostro Presidente del Consiglio, quasi quotidianamente, nei “discorsi alla Nazione“ , asserisce
di avere un impegno morale teso alla salvaguardia della salute dei suoi concittadini, diritto primario,
anzi supremo, costituzionalmente garantito dall’art 32. Parole confortanti, significative, ma
contrastanti con le scelte fatte dallo stesso Premier e da tutti i suoi predecessori, nei riguardi di una
comunità locale, come quella di Taranto, in cui vivo, afflitta da decenni dall’inquinamento
sconsiderato provocato dalla presenza sul territorio adiacente alla città, anzi a ridosso della stessa, di
un’area industriale enormemente estesa. Impianti non più a norma ed oramai volutamente obsoleti,
seminano una scia di morte, di terribili malattie, che colpiscono e colpiranno la popolazione (specie
quella più giovane ed indifesa) in nome di un diritto al lavoro (o, “meglio”, alla Produzione) che
prevarica quello alla vita. Le belle parole del Premier sono rivolte anche a me ed ai miei concittadini,
o noi siamo sacrificabili sull’altare del P.I.L. nazionale? Dov’è finito il pittoresco leader delle
“Sardine”, con i suoi inopportuni assembramenti di persone con le “mascherine culturali”? E la
“marcia indietro” del grottesco Premier inglese Boris Johnson, che auspicava il raggiungimento
dell’immunità di gregge , anche a costo di “qualche vittima in più” ? E, infine, l’incredibile corsa del
popolo statunitense, intesa all’accaparramento, accanto al cibo, di un adeguato armamento, utile in
caso di carestia, anche per difendersi dal virus?
Immenso, profetico, Alessandro Manzoni, conoscitore universale di coscienze umane,
lungimirante nella sua analisi del lessico epidemico, descrive quello che all’inizio non si può e non
si deve dire, la cui pericolosità non si deve ammettere: ”in principio, dunque, non peste,
assolutamente no! Proibito anche di proferire il vocabolo… poi febbri pestilenziali, l’idea s’ammette
in sbieco… poi non vera peste, cioè peste si, ma in un certo senso; peste –ma non peste-proprio, ma
una cosa a cui non si sa trovare un altro nome….. finalmente peste: senza dubbio, ma diversa da
quelle passate!”. Insomma: Manzoni mito ! Anche nella Milano del tempo dei Promessi Sposi
(tristemente famosa, per una beffa del destino, anche per l’epidemia odierna del COVID 19), c’è la
caccia al Paziente Uno , il “portator di sventura”, battezzato con il termine di Untore ( adesso esistono
anche varianti moderne quali: cyber-untore, povero untorello social… etc…, trasportatore ufficiale
del morbo, colui che, partecipando ad una maratona, avrebbe unto tutta la Regione Lombardia , nome
che uno sconcertato cronista della CNN pronuncia la maniera della padània bossiana , guardando con
immenso sconcerto la colonna dei mezzi militari che trasportano i morti di Bergamo nelle altre
regioni per essere cremati, poiché sono troppi per i forni a disposizione della regione). Il Milanese
Manzoni, nel descrivere l’anno di “ disgrazie “ 1630, sarebbe incorso nelle stesse problematiche
comunicative odierne; pur possedendo gli smartphone, anche noi abbiamo avuto una raccapricciante
sottovalutazione colpevole ed irresponsabile del contagio! Appare nell’opera manzoniana con “ forte
maraviglia”, la condotta di quella fetta di popolazione che “ ancora non la tocca il contagio e che
avea tanta ragion di temerlo”, che all’incombere del morbo, oramai evidente, non prende alcuna
precauzione. Nel 2020 “ ARIECCOLI”, i posteri dello scrittore , ancora spaventosamente ignoranti,
si accingono ad affollare i locali, gli happy hour, i supermarket, emulando il comportamento tenuto
nella Milano manzoniana. Manzoni profetico! Nel delirio manzoniano , c’è anche il “DE CARO” (al
secolo, l’attuale sindaco di Bari) della situazione, che nel romanzo ha il nome di Felice Casati, il
“supercommissario” che girava di giorno e girava di notte , sempre affaticato e sempre sollecito. Nel
1630 c’è l’esigenza di allestire un lazzaretto, fornito di medici, e personale sanitario; anche noi stiamo
allestendo numerosi ospedali “ last minute”, per stiparvi gli infermi al loro arrivo, ospedali
gentilmente offerti dalle più disparate categorie di personaggi e loschi individui , più o meno noti
alle cronache. Ed intanto, i “ vilucchioni” (note piante selvatiche manzoniane che germogliano in
tutta la Milano appestata per via dell’incuria dovuta alla drammatica situazione), crescono… la
Natura riprende il sopravvento e si riappropria del Pianeta, lasciando ammutolita perfino la nostra
attivista più accanita: Greta Thurnberg, che può vantare il dimezzamento globale del livello di
inquinamento. Il tragico paradosso: il COVID 19 ha effettivamente frenato l’inquinamento, con il
fermo forzoso della maggior parte delle fonti inquinanti ( automobili incluse) quasi che la natura
provveda a se stessa, in assenza di azioni umane.
Infine ci sono “loro”, i nostri eroi quotidiani: non calciatori, tennisti, influencer, politici, attori
e cantanti, ma solo dei piccoli grandi uomini che si sono rimboccati le maniche, a rischio della vita,
lavorando in condizioni proibitive, senza adeguate protezioni e che stanno salvando gli ammalati del
Corona virus. Medici, infermieri, personale sanitario e la gente che garantisce i servizi primari. Mi
vengono in mente le parole illuminate di Sergio Marchionne, quando ci esortava a vergognarci molto
meno di essere italiani, perché il popolo italiano è fatto anche di queste persone , che vanno “ al
fronte” , con sforzo sovrumano e combattono una guerra impari contro un nemico che non è solo il
COVID 19 , ma anche l’ignoranza e l’inadeguatezza di un sistema sanitario compromesso da scelte
scellerate e dall’evasione fiscale, come ci ricorda Papa Francesco, che non ha consentito la
disponibilità delle somme necessarie a garantire degli standards più elevati. A loro va la nostra stima
incondizionata. Sono loro che mi fanno sentire fiero di essere italiano e sperare in un futuro migliore
FRANCESCO STALLO
1^ M LICEO SCIENTIFICO BATTAGLINI TARANTO