Il sindaco di Racale prende le più ferme distanze dal rito funebre imbarazzante del boss Vacca
Il sindaco di Racale, Antonio Salsetti, è intervenuto quest’oggi pubblicamente per illustrare la posizione sua personale, e dell’Amministrazione comunale da lui diretta, in merito alla vicenda del funerale sfarzoso e appariscente celebratosi ieri in paese, quello del boss della SCU Angelo Salvatore Vacca, trasportato su di un carro con intarsi dorati da quattro cavalli neri lungo le vie cittadine e poi accolto da una pioggia di petali di fiori all’ingresso del cimitero, dopo la celebrazione del rito funebre.
Nel dissociarsi totalmente dalla suddetta ostentazione di ricchezza, e dall’autocelebrazione, di cattivo gusto, da parte di una persona con gravissimi reati a proprio carico (esecutore materiale di due omicidi, condannato all’ergastolo) e ricordando anche l’impegno della sua Amministrazione nei confronti del contrasto alle mafie, Salsetti è entrato poi nel merito della questione: “Ho svolto una serie di controlli e verifiche per cercare di capire quali permessi fossero stati accordati rispetto al corteo funebre in questione, e ho trovato come essi fossero quelli canonici del corteo in auto presso la chiesa e poi presso il cimitero del feretro.”
“Sono totalmente sconcertato per il modo col quale il rito è stato poi materialmente realizzato, condivido l’indignazione espressa da più parti e chiederò a proposito un incontro con il Prefetto di Lecce per cercare di capire come sia stato possibile che la situazione sfuggisse di mano”.
Accettando ovviamente la ricostruzione dei fatti proposta dal sindaco e comprendendone l’imbarazzo, riteniamo non ci sia poi molto da approfondire: chi ha agito così, organizzando il funerale in quel modo, su richiesta, come abbiamo scritto ieri del defunto, non si è fatto problemi nel trasgredire rispetto alle autorizzazioni e alle regole del decoro, non reputando che esse dovessero tanto più applicarsi al caso specifico, visto che il defunto stesso, evidentemente, non riconosceva di essere neppure vissuto nell’illegalità.