Un ricordo di Aldo D’Antico, cantore del Salento e della sua cultura antichissima.
Quando muore una persona che è vissuta col piacere del fare gli altri partecipi delle proprie conoscenze e dei propri studi, per il puro piacere di condividerle e senza mai fare sfoggio fine a se stesso degli stessi, ci sentiamo inevitabilmente più poveri, perché riconosciamo in quell’atteggiamento di pure e disinteressata nobiltà la più bella espressione che possa assumere l’animo umano.
Parabita e il Salento tutto piangono la scomparsa di un loro cantore appassionatissimo, il professore Aldo D’Antico, scomparso ieri l’altro all’età di 77 anni. Profondo conoscitore e ricercatore archeologico, aveva contribuito a ricostruire la storia antichissima della “Grotta delle Veneri” (dal nome delle tipiche statuette del Paleolitico raffigurante la donna, ritrovate anche al suo interno): a partire da reperti risalenti a 80 mila anni fa risalenti al Neanderthal, per passare ai ritrovamenti di due scheletri di Cro-Magnon (25 mila anni fa circa), dalla grotta sita in agro di Parabita sono stati estrapolati migliaia di reperti complessivamente.
Nelle vicinanze della Grotta, in età successiva, i nostri lontani antenati costruirono un villaggio di palafitte, di cui sono visibili ancora i buchi circolari nella pietra, utilizzati per fissare i pali. Ed ancora il ritrovamento, sempre ad opera del Professore, di un vaso monoansato, all’interno del quale erano presenti simboli uguali a quelli ritrovati nella “Grotta di Enea”, sita a Porto Badisco, quindi sul versante opposto, quello adriatico, del Salento.
Attribuiva inoltre, ai poeti che frequentavano l’abbazia di San Nicola di Casole, nei pressi di Otranto, la primogenitura dell’italiano volgare come scuola poetica, un secolo e oltre prima che arrivasse quella siciliana, ispirata da Federico II di Svevia.
Il Professore era orgoglioso nel ricordare come, studiosi di rinomate università europee, abbiano riconosciuto come la culla della cultura europea vada ricercata essenzialmente fra Porto Selvaggio, marina di Nardò e la Grotta delle Veneri della sua Parabita, alla quale lascia in eredità, presso Palazzo Ferrari, la sua vastissima biblioteca con oltre 20 mila titoli, fra libri e riviste.